“Sazae-san”, la striscia a fumetti più popolare del Giappone ancora inedita in Italia

di Ali Raffaele Matar

Sazae-san manga

Sazae-san, la striscia più iconica del Sol Levante, continua a essere paradossalmente sconosciuta fuori dai confini asiatici, soprattutto in Italia, dov’è del tutto inedita. Una mancanza culturale ingiustificabile, considerato il valore storico e artistico di una delle prime opere a fumetti di successo realizzate da una donna a partire dagli anni Quaranta, in un settore monopolizzato da autori ed editori uomini. 

Ci si azzardi a immaginare quanto saremmo culturalmente più poveri se le strisce di Charles Schulz fossero rimaste inedite. Sarebbe impensabile una dimensione in cui la filosofia di Charlie Brown risulti a tutti sconosciuta. Tuttavia, è questa la sorte toccata all’omologo giapponese dei Peanuts. Estremamente popolare in patria, Sazae-san, la signora Sazae (il suffisso “san” del titolo ricorda ai lettori che la protagonista è una donna sposata, un’adulta rispetto ai suoi fratelli ancora bambini), casalinga dall’eccentrica capigliatura, ha conquistato intere generazioni con le buffe vicissitudini della sua famiglia allargata. 

Uno yonkoma (una striscia di quattro vignette) al giorno, per tre decadi. Anni di cambiamenti sociali radicali, dall’occupazione americana iniziata con la fine della guerra al boom economico e tecnologico degli anni Sessanta e Settanta, portati su carta con candore e ironia da Hasegawa Machiko, dal 1946 al 1974, prima per un giornale locale poi per il quotidiano progressista Asahi Shimbun. Inoltre, la striscia ha ispirato un’anime che va in onda dal 1969 e che nel 2013, con oltre 2.500 episodi, è entrato nel Guinness dei primati come serie animata più longeva al mondo.

sazae-san manga

Strisce per famiglie tuttora moderne, che non si fanno anacronistiche neanche quando sullo sfondo spuntano vecchi strumenti entrati in disuso o situazioni oggi impensabili, come camminare per isolati in cerca di una cabina telefonica o correre dai vicini a chiedere l’ora, quando l’unico orologio in casa va in panne. O ancora: matrimoni combinati (omiai) per sfuggire all’onta del celibato o fare la fila per una razione di riso, per poi non sapere come trasportarla sulle proprie spalle per chilometri. 

Queste componenti cronologiche di un quadro umano smodatamente più ampio sono servite all’autrice come pretesto per analizzare comportamenti e dinamiche sociali, valide in ogni epoca e luogo. Lo studio delle interazioni familiari alla base delle vignette di Sazae-san ha il fine ultimo di rassicurare il lettore, di qualunque ceto, sesso, età e nazionalità, dimostrando l’universalità della condizione umana. Quasi a voler rimarcare che quello che viviamo in ogni momento con parenti, vicini e colleghi accade altrove a chiunque altro.

Disparate sono le tematiche sviscerate dall’autrice, nel corso delle decine di migliaia di strisce realizzate: il divario generazionale, l’ingenuità tipica dei bambini, le costrizioni socio-normative, l’ossessiva necessità nipponica del dover ostentare cordialità con conoscenti ed estranei, fino ad arrivare a destrutturare il ruolo stesso dell’uomo e della donna nel Giappone della rinascita post-bellica. Ricorrono spesso strisce in cui Namihei, padre di Sazae, deve sforzarsi di apparire particolarmente severo con sé stesso e con gli altri membri della famiglia, pur di rispettare il ruolo assegnatogli dalla gerarchia patriarcale, anche a costo di risultare perennemente ridicolo.

Altre strisce, invece, fanno luce sul mutamento della figura femminile tra le mura domestiche. Particolarmente esemplificativa è una striscia in cui Sazae insegue un topo con lo scopa mentre suo marito, temendo l’animale, si rannicchia a terra lasciando fare alla moglie. La situazione degenera quando passa una vicina che finisce per credere che Sazae abbia la consuetudine di usare le mani con suo marito, correndo ad informare le donne del vicinato dello “scandalo”. 

La famiglia, d’altronde, è da sempre un tema cardine della poetica nipponica. Basti considerare la mole letteraria, fumettistica e cinematografica che ha declinato l’argomento in mille modi, spingendo gli studiosi di cinema a coniare un’apposita corrente, lo Shomin-geki, per etichettare le pellicole dedicate alla quotidianità e ai drammi di famiglie comuni.

Sarebbe forse un’esagerazione ritenere femminista l’opera di Hasegawa Machiko? Eppure, per aver contribuito a generare una nuova idea di famiglia agli occhi di una popolazione martoriata dalla sconfitta della guerra, rimuovendo il paradigma ipocrita di un modello esemplare da imitare, a Sazae-san va concesso un posto nell’Olimpo delle strisce più importanti al mondo.

Articolo originariamente pubblicato su Diari di Cineclub 97 e qui riproposto in una versione editata.

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