
Nel 2024, Topolino diventerà di dominio pubblico e The Walt Disney Company perderà l’esclusività sul personaggio. In realtà, la possibilità di utilizzare Topolino in produzioni non approvate dalla Disney sarà limitata, perché riguarderà la versione del personaggio del 1928 – quella in bianco e nero e con la fisionomia da ratto – e non le successive evoluzioni grafiche. E, anche in quel contesto, ci sarà ancora il rischio di andare incontro a cause legali.
Nato nel 1928, il copyright di Topolino fece inizialmente riferimento alla legge allora in vigore, il Copyright Act del 1909, che concedeva a Disney 56 anni di protezione, senza alcun diritto di proroga. Negli anni Settanta, a pochi anni dallo scadere dei diritti, i dirigenti Disney fecero cordata con altri grandi marchi, volarono a Washington e si fecero lobbisti al Congresso per promulgare una nuova legislazione in termini di copyright.
Risultato: nel 1976 il Congresso modificò la legge nazionale sul copyright, conformandosi agli standard europei. I nuovi copyright registrati dal 1978 sarebbero durati tutta la vita del suo creatore, più 50 anni di estensione, nel caso di un’opera di proprietà di singoli; 75 anni dalla data di pubblicazione o 100 da quella di creazione nel caso di opere detenute da aziende. La durata dei copyright già registrati dopo il 1922 fu invece estesa da 56 a 75 anni (quelli prima del 1922 divennero di dominio pubblico). La data di scadenza di Topolino passò quindi dal 1984 al 2003.
A metà anni Novanta, quando i copyright di Topolino, Pluto, Paperino e Pippo erano in procinto di scadere – in un arco temporale compreso tra il 2003 e il 2009 – la Disney formò un PAC (Political Action Committee), un comitato di raccolta fondi, e investì milioni di dollari per promuovere una nuova legge, che passò alla Camera e al Senato senza udienze pubbliche, dibattiti o annunci, nonostante l’opposizione di alcuni. Va detto che è impossibile stabilire con precisione quanto l’influenza Disney abbia impattato sulle politica del Campidoglio statunitense. Tuttavia, se la legge è nota come Mickey Mouse Protection Act (o anche Sonny Bono Act, in onore all’omonimo cantante che aveva voluto con forza questo rinnovo), un qualche motivo c’è.
La nuova legge, il Copyright Term Extension Act del 1998, aggiungeva altri vent’anni di diritti alle due tipologie di copyright (quelli creati tra il 1922 e il 1978 e quelli dopo il 1978), portando il totale, nel caso di Topolino, a 95 anni. Non era il risultato sperato, ma almeno era qualcosa. L’obiettivo, infatti, era ottenere un copyright ‘eterno’ che però risultasse ‘limitato’ come impone la Costituzione (la parlamentare Mary Bono Mack, vedova di Sonny Bono, aveva pure proposto l’improbabile limite «per sempre meno un giorno»).
La Disney possiede ancora 19 marchi registrati legati a Topolino – e i marchi registrati possono essere rinnovati ad libitum – e questo protegge il personaggio da molte evenienze, tra cui eventuali nuovi cartoni animati o prodotti per l’infanzia a lui intitolati (anche se vi potrebbe comparire al suo interno), mentre opere d’arte o usi di natura sessuale del personaggio sarebbero in teoria consentiti.
«Si può usare Topolino, nella versione originaria, per creare le proprie storie del personaggio» spiega al Guardian Daniel Mayeda, avvocato specializzato in materia che collabora con la Scuola di Legge dell’Università della California a Los Angeles. «Ma se lo fai in modo che il pubblico possa scambiare la tua creazione per una produzione Disney – il che è molto probabile – allora in teoria Disney potrebbe ritenerla una violazione del copyright.»
Secondo un precedente del 1979, un marchio registrato può infatti proteggere un personaggio di dominio pubblico se questo è dotato di un cosiddetto “significato secondario”, che sottintende la stretta correlazione tra creatura e creatore. Se si riesce a dimostrare che il consumatore, vedendo un certo prodotto, lo colleghi subito a un marchio e quindi lo creda diramazione dello stesso, allora vale quanto detto. Nel nostro caso, come per la parola ‘supereroe‘, la saldatura è totale, e Disney non avrebbe alcuna difficoltà a dimostrare che, vedendo Topolino (e chissà quanti altri personaggi), la gente vada con la mente al suo marchio.
Una sentenza della Corte Suprema datata 2003 ha decretato che non si possono usare marchi registrati come sostituti per copyright scaduti, ma, a parte le divergenze dei due casi, l’influenza della Disney potrebbe rimettere in discussione quel precedente. Inoltre, se anche qualcuno avesse intenzione di adoperare Topolino dovrebbe utilizzarlo così come appare in Steamboat Willie, senza modificarlo in alcun modo (non gli potrebbero mettere nemmeno i guanti – quelli debuttano nel corto The Opry House, datato 1929), perché qualsiasi modifica potrebbe essere ricondotta alla versione del personaggio ancora protetta dal copyright (qui ne avevamo parlato più in dettaglio).
Di recente, il senatore repubblicano Josh Hawley ha minacciato la Disney, che si è opposta a una legge della Florida che vietava discorsi sul genere nelle scuole, con una proposta di legge che abbassasse la scadenza dei copyright a 56 anni (anche retroattivamente), invece che ai 95 attuali. Secondo Mayeda, la proposta non sarà accolta ma è altrettanto improbabile che, come invece accaduto in passato, Disney e altri grandi conglomerati riusciranno ad allungare la vita dei copyright. «Disney si è spesa attivamente per estendere i termini del copyright» dice Mayeda. «E ci sono riusciti, ma dubito che riusciranno a ottenere altre estensioni. Credo che questo sarà il capolinea.»
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