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La Morte in “Sandman” secondo Neil Gaiman

death morte sandman gaiman

Tra i personaggi più iconici di Sandman di Neil Gaiman c’è indiscutibilmente Death, ovvero Morte, apparsa per la prima volta nel 1989 nell’episodio Il battito delle sue ali del ciclo Preludi e notturni e in seguito protagonista di alcuni spin-off (in tutto due miniserie e tre episodi autoconclusivi). Death è la sorella maggiore di Sogno e una dei Sette Eterni, entità che governano e regolano l’esistenza dei viventi.

Sia nell’aspetto che nella personalità, Death ribalta però tutte le idee più radicate, patetiche e macabre, che da secoli (almeno nell’immaginario occidentale) sono associate alla morte. Tanto per cominciare, non ha le sembianze di uno scheletro, non indossa un mantello nero (che del resto è parte del guardaroba di Sogno), non brandisce una falce affilata e nemmeno sfoggia il beffardo cinismo del losco figuro che gioca a scacchi ne Il settimo sigillo di Bergman. 

Death non è inquietante, né crudele, né fredda. Ha l’aspetto di una ragazza sorridente e molto giovane, dal fisico asciutto e dall’incarnato pallido, che veste in stile goth-punk: canotta e pantaloni skinny neri, capelli neri lunghi cotonati, trucco all’egiziana fatto da una linea marcata di eyeliner con tanto di “occhio di Horus” (un ricciolo all’angolo della palpebra inferiore), un ciondolo vistoso al collo. È proprio questo ciondolo il suo sigillo di Eterna: è l’ankh, la croce ansata egizia che simboleggia la vita.

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Contro ogni preconcetto, la Morte di Gaiman è solare e curiosa verso il mondo. La sua natura emerge con grazia nella prima miniserie spin-off dedicata al personaggio, Death: L’alto costo della vita del 1993, scritta dallo stesso Gaiman per i disegni di Chris Bachalo e Mark Buckingham: Sexton, un adolescente di New York che medita di uccidersi, viene soccorso da una coetanea, Didi, che dice di essere la morte (e che i lettori di Sandman riconoscono effettivamente come Death). Sexton non le crede, ma è comunque attratto dai modi allegri della ragazza, che sembrano garantirle il favore di chiunque incontri. La segue anche quando una homeless, Hettie la matta (anche lei una vecchia conoscenza del pubblico di Gaiman), le chiede di ritrovare il suo cuore, mentre un uomo vecchio e cieco che si fa chiamare l’Eremita la intrappola per rubare l’ankh.

Didi racconta che una volta ogni cento anni la Morte veste i panni di un essere vivente per comprendere meglio le gioie e i dolori di quella vita che è chiamata a interrompere. Questo punto viene chiarito meglio in Racconto d’inverno (il racconto disegnato da Jeff Jones presente nell’albo Vertigo Winter’s Edge 2 del 1999): molto tempo fa, Death faceva il suo lavoro malvolentieri per via dell’odio e del dolore che la sua apparizione provocava. Provò quindi a osservare la questione dal punto di vista dei mortali, rendendosi conto del fatto che ogni vivente nel suo ultimo viaggio prova solitudine e paura. Da quel momento Death ha scelto di vivere, una volta ogni secolo, come una mortale, e di mostrarsi a tutti come una figura amica e rassicurante, a fianco della quale sentirsi in pace anche in un passaggio così cruciale.

Grazie a questa ricercata vicinanza con i viventi, Death è tra gli Eterni quella che si prende più cura dei mortali e si sforza di trattarli con affetto e rispetto. A confronto con i suoi fratelli e sorelle, è un personaggio di grande umanità – non a caso parla attraverso balloon identici a quelli dei personaggi “comuni”, laddove gli Eterni esibiscono invece balloon dalle font e dalle forme personalizzate e distintive.

Gaiman ha raccontato che l’idea di fare della morte un personaggio amabile è nata in relazione a una leggenda ebraica secondo cui l’Angelo della Morte ha una bellezza tale da far innamorare chiunque lo veda, al punto che l’anima (e insieme a essa la vita) viene risucchiata via attraverso gli occhi. Gaiman pensò così di dare a Death l’aspetto della cantante Nico (come appare, per esempio, nella copertina dell’album Chelsea Girl del 1968), oppure della diva del cinema muto Louise Brooks.

Fu il disegnatore Mike Dringenberg a suggerire un’immagine diversa, più moderna e insieme quotidiana, mostrando allo scrittore il ritratto di una sua amica, la modella e ballerina Cinnamon Hadley, che amava sfoggiare un look punk-goth. L’idea piacque a Gaiman, che si convinse definitivamente per via di un incontro fortuito avvenuto nello stesso giorno: mentre era con Dave McKean in un pub di Chelsea, fu servito da una cameriera che fu per lui una vera e propria visione: «Era americana, aveva i capelli neri lunghi, era vestita tutta di nero – jeans neri, t-shirt nera, ecc… – e indossava un enorme ankh d’argento come ciondolo della sua collana. E somigliava moltissimo al disegno di Death di Mike Dringenberg».

Come ha riferito la stessa Cinnamon Hadley, il look che sfoggiava all’epoca, e che ricorda anche quello della rockstar britannica Siouxsie Sioux, non era esattamente originale ma piuttosto una combinazione di una serie di elementi di moda alla fine degli anni Ottanta. Si trattava di un look giovanile, alternativo e dalla forte connotazione di contestazione, capace di creare un potente corto circuito con l’essenza di Death, che in qualità di Eterna è tutt’altro che adolescente, e soprattutto ha una personalità conciliante e aperta al mondo piuttosto che pronta a dichiarargli guerra. Le tavole realizzate da Chris Bachalo e inchiostrate da Mark Bukingham (che firmarono le due miniserie) non fanno che valorizzare ed enfatizzare questo contrasto tra aspetto dark e modi gentili, ostentazione del nero e sorrisi luminosi. 

Avere un approccio dolce e accogliente è il modo in cui Death si mostra ligia ai suoi doveri. Insieme con Destino, è l’Eterna che prende più sul serio il lavoro: «Non sono né benedetta né misericordiosa, sono solo me stessa. Ho un compito da svolgere e lo svolgo», dichiara nell’episodio Façade (da Sandman: Terre del Sogno). «Quando l’ultimo essere morirà, il mio incarico sarà giunto al termine. Metterò le sedie sui tavoli, spegnerò le luci e chiuderò l’universo prima di andarmene.»

Per via di questa forte etica del dovere, spesso Death rimprovera Sogno per i suoi capricci e per lo scarso rispetto che mostra verso i sognatori. Ma è anche vero che, per l’affetto che porta al fratello e per l’empatia sviluppata verso gli umani, a volte anche Death fa qualche eccezione. Per esempio, nella storia Uomini di buona fortuna (da Sandman: Casa di Bambola), su richiesta di Sogno, Death esaudisce il desiderio di Hob Gadling, un ubriacone che in una taverna londinese nel 1389 dichiara la sua ferma intenzione di non morire mai. Da quel momento in poi, Sogno e Hob si daranno appuntamento ogni cento anni, nello stesso posto, per fare quattro chiacchiere da amici.

Un altro strappo alla regola è al centro della seconda miniserie, Death: Il grande momento della tua vita del 1996. La storia ruota intorno a Hazel e Foxgrove, già apparse in Sandman: Il gioco della vita. Grazie all’intervento di Sexton (l’adolescente protagonista de L’alto costo della vita), Foxgrove è diventata una cantautrice ricca e famosa, ma è costretta a tenere segreto il suo legame con Hazel e il bambino che hanno deciso di crescere insieme, alimentando un ménage familiare decisamente infelice. È proprio a causa di una disgrazia occorsa al bambino che Hazel convince Death a stringere un patto, scatenando una serie di eventi che costringeranno le protagoniste e chi le circonda a rivedere le priorità.

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L’idea che Death condivida la quotidianità dei viventi l’ha resa un personaggio perfetto per storie di attualità e perfino per campagne di sensibilizzazione. Nella storia La ruota (da 9/11: The World’s Finest Comic Book Writers & Artists Tell Stories to Remember #2, 2001) dialoga con un personaggio che ha perso una persona cara nell’attentato alle Torri Gemelle, mentre in Death parla della vita (1994) spiega, con l’aiuto di un imbarazzato John Constantine, come si usa un preservativo e perché sia importante proteggersi dall’AIDS.

Nella recente trasposizione tv The Sandman realizzata da Netflix, la produzione ha scelto di aggiornare l’immagine di Death rinunciando al look punk-goth e facendola interpretare dall’attrice di colore Kirby Howell-Baptiste. La scelta, che ha scatenato reazioni di scontento sui social, accuse di blackwashing e polemiche razziste, è stata difesa dallo stesso Gaiman e appare in realtà filologicamente coerente con il personaggio dei fumetti: se la natura di Death è mantenere sempre e comunque una connessione con lo “spirito dei tempi”, non può restare impermeabile ai fermenti legati al movimento Black Lives Matters e alla conseguente esigenza di narrazioni più inclusive. Per la stessa ragione, non ha senso che segua una moda ormai percepita come datata.

Mettendo al bando qualsiasi argomentazione razzista, è innegabile che ogni generazione si rispecchia in simboli e icone differenti. Per questo motivo il pubblico storico di Sandman, che era giovane negli anni Novanta, difficilmente potrà concepire un’immagine più evocativa, sovversiva e perfetta della Death di Dringenberg. Ma è anche vero che il personaggio creato da Gaiman è così potente da andare oltre qualsiasi rappresentazione disegnata o recitata: dopotutto, anche soltanto l’idea che ci sia una Death sorridente e amichevole alla fine di tutto rende la vita un po’ più speciale e più degna di essere vissuta.

I fumetti di Death sono stati raccolti da Panini Comics nel volume “Sandman Presenta 1“.

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