
Non c’è dubbio che, al di là di quel che se ne può pensare o scrivere, Il signore degli anelli: Gli anelli del potere sia una delle serie più attese degli ultimi anni, complice la vicenda produttiva ma anche l’universo narrativo a cui appartiene. La produzione della serie, infatti, è iniziata nel 2017 quando la Warner Bros., che aveva prodotto i film di Peter Jackson, e gli eredi di Tolkien avevano risolto una disputa legale circa i diritti di sfruttamento.
Ecco che quindi si offrì la possibilità di realizzare una serie, con l’offerta base per i diritti di 200 milioni di dollari. A spuntarla fu Jeff Bezos, CEO di Amazon, che li ha acquisì per 250 milioni. Bezos, a quanto pare, è un grande fan dell’universo fantasy di Tolkien e per questo ha voluto essere coinvolto direttamente nella produzione, pianificando ben cinque serie i cui budget sono già stati decisi. La cifra messa sul piatto per produrla è già un guinness di per sé: con oltre un miliardo di dollari stanziati è la serie Prime Video più costosa di sempre.
La storia di Gli anelli del potere è liberamente tratta dalle appendici scritte da J. R. R. Tolkien, quindi non si ispira a un romanzo specifico bensì a parte della storia raccontata tra le righe. La serie si svolge migliaia di anni prima degli eventi narrati ne Lo Hobbit e ne Il signore degli anelli. I protagonisti di Gli anelli del potere sono tanti: la giovane elfa Galadriel, che avevamo già visto ne Il signore degli anelli interpretata da Cate Blanchett, intende dare la caccia a Sauron per vendicare il fratello morto, andando contro le decisioni del suo re.
Attorno a questa vicenda se ne sviluppano altre che coinvolgono razze diverse sparse per la Terra di mezzo. C’è il principe dei nani Durin, amico dell’elfo Elrond, i quali si riavvicinano dopo anni di lontananza per affrontare una nuova sfida insieme; la guaritrice umana Bronwyn, innamorata segretamente di un elfo; Halbrand, un uomo che legherà il suo destino a quello di Galadriel; e le hobbit Nori e Poppy, che scoprono un misterioso uomo gigante caduto dal cielo come una meteora. Tutte queste figure saranno al centro di una storia che avrà a che fare con il ritorno del male e, in particolare, di Sauron, che pare essere scomparso da secoli.
Già dalla sola trama si può intuire quale sia il potenziale problema di una serie mastodontica come Gli anelli del potere. Troppi personaggi. Troppe location. Troppe linee narrative diverse. Il rischio, in parte verificatosi, è di spezzare il ritmo del racconto e ridurre l’omogeneità narrativa, presentando situazioni (apparentemente) distanti fra loro e generando nello spettatore una sensazione di confusione o, talvolta, di calo di interesse.
Però c’è da sottolineare che, nel momento in cui scrivo, le puntate rese disponibili sono solo due. Questo approccio narrativo non è distante da quello utilizzato da Jackson per la sua trilogia de Il signore degli anelli. La sensazione, in generale, è che gli sceneggiatori abbiano comunque saputo amalgamare situazioni così diverse, restituendo un coinvolgimento di alto livello. Bisogna inoltre considerare che, per l’ampiezza e la dimensione epica di questa serie, è normale che nei primi episodi si crei una base da cui partire, con cui far conoscere i personaggi, le situazioni, il mondo narrativo in cui sono collocati. Nel caso di Tolkien è assai intricato restituire questa complessità con coerenza, data la stratificazione impressionante che riguarda la geografia, la Storia, le razze, le lingue dell’universo legato a Il signore degli anelli.
Mi sento di dire che, almeno per ora, Gli anelli del potere riesce in questo difficile intento che, forse, è il più tortuoso da superare. Quando le linee narrative tenderanno a convergere e lo spettatore sarà già dentro le dinamiche del mondo tolkeniano, il coinvolgimento sarà ancora più alto di quanto non lo sia già.
L’immaginario visivo proposto da Bezos e dalla sua piattaforma di streaming è chiaramente ispirato e in continuità con quello che Jackson creò con Il signore degli anelli e Lo Hobbit. E grazie al budget a disposizione, il risultato è semplicemente impressionante. Raramente si è visto, nell’ambito seriale, una tale potenza visiva, nemmeno con opere blasonate come Il trono di spade.
Gli anelli del potere è, innanzitutto, un’esperienza cinematografica assoluta, ridotta per il piccolo schermo. Questa aspirazione cinematografica è confermata dalla cura dell’immagine, dall’uso certosino e funzionale della CGI, dalla regìa e dal montaggio che puntano volutamente a restituire una sensazione di pura epica e dal lavoro straordinario fatto sull’architettura sonora (la colonna sonora è un caso a parte).
È il formato a suggerire quanto Gli anelli del potere aneli a essere un ibrido tra serie e cinema. Il formato 2,39:1, molto più panoramico rispetto al canonico 16:9 (standard per le produzioni televisive) usato, per esempio, ne Il trono di spade o, per fare un paragone più recente, addirittura più panoramico dell’insolito 2,00:1 usato in House of the Dragon, la serie HBO legata all’universo di Il trono di spade uscita proprio in contemporanea con Gli anelli del potere. Non è un caso che, agli addetti stampa, sia stata data la possibilità di vedere l’anteprima dei due episodi, uno dietro l’altro, in una sala cinematografica. Perché è da lì, da quell’esperienza, che Gli anelli del potere intende partire per creare una visione spettacolare e mai banale.
È difficile – se non impossibile – giudicare una serie da soli due episodi, ma si può dire che, stando a questo incipit, le premesse sono tutte buone affinché Gli anelli del potere possa segnare in maniera indelebile la storia della serialità televisiva, al di là delle sterili polemiche nate sui social di chi si dichiara purista tolkeniano e ha criticato la presenza di attori (e personaggi) afroamericani.
La serie, i cui primi episodi sono stati diretti da Juan Antonio Bayona, regista di film come The Orphanage, The Impossibile e lungometraggi a loro modo fantasy come Sette minuti dopo mezzanotte (tratto dal romanzo A Monster Calls di Patrick Ness) e Jurassic World – Il regno distrutto, alterna un intrattenimento spettacolare con sequenze di riflessione, atte a generare il cosiddetto world building. Un mix rischioso eppure riuscito, in cui il male oscuro che minaccia tutti i personaggi e la stessa Terra di Mezzo emerge lentamente, palesandosi come minaccia invisibile eppure tangibile.
Altro discorso è quello legato ai numeri. Riuscirà Gli anelli del potere a mantenere intatto l’interesse nei suoi confronti nel corso di ben cinque stagioni (più eventuali spin-off?). I numeri, stando a quanto dichiarato da Prime Video, al momento lo confermano: 25 milioni di spettatori nel mondo dopo sole 24 ore da che i due episodi sono stati messi a disposizione.
D’altra parte, che Gli anelli del potere fosse destinata a essere una serie divisiva, lo si era capito sin da subito. Nel momento in cui scrivo, c’è una netta distinzione di apprezzamento fra la critica e il pubblico. Sull’aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, la serie ha ricevuto l’84% di punteggio per quanto riguarda i pareri dei critici, e il 34% di punteggio per quanto riguarda il voto del pubblico. È molto probabile che quel 34% sia giustificato da un lavoro di review bombing, il triste fenomeno con cui un gruppo ampio di persone lascia recensioni negative per semplice desiderio di boicottaggio. Ma, al di là delle reazioni, pare che Amazon non voglia lasciarsi influenzare e intenda proseguire la sua strada. E siamo solo all’inizio.
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