Sangue e disagio nell’anime di Chainsaw Man

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Il primo episodio della serie anime Chainsaw Man – ispirata al popolare manga omonimo di Tatsuki Fujimoto – è disponibile dall’11 ottobre anche nel nostro paese in streaming su Crunchyroll, e nei suoi venti minuti abbondanti serve essenzialmente da introduzione al protagonista della storia, il giovane e solitario Denji, e a Pochita, il suo cane-motosega (che ha l’aspetto in realtà di un salsicciotto rosso con una sega circolare sulla fronte).

Ci troviamo in un mondo in parte simile al nostro, dove però vivono anche diavoli che incarnano le paure degli esseri umani. Il cane-motosega è uno di loro, e con lui un giorno Denji ha stipulato un contratto grazie al quale ha ricevuto la capacità di mutare diventando un uomo-motosega, quindi un ibrido tra essere umano e diavolo. Inizialmente, Denji e Pochita danno la caccia ai diavoli per conto della yazuka, la mafia giapponese. Questi in grandi linee i fatti presentati nel primo episodio, più un finale che non stiamo a raccontare, ma che di certo non è nuovo a chi ha letto almeno il primo capitolo del manga (che in Italia è pubblicato da Panini Comics, ma i primi tre episodi si possono leggere gratuitamente anche sulla app MangaPlus).

L’episodio inizia con uno scenario desolato che potrebbe essere lo stesso di un episodio di The Walking Dead, e anche i colori cupi e saturi ricordano l’apocalisse zombi della serie di Robert Kirkman. Oltretutto Denji in questo episodio si ritrova ad affrontare proprio degli zombi, in una scena d’azione molto breve ma di sicuro effetto. Prima però passa gran parte del tempo ad autocommiserarsi e si mostra allo spettatore contando i soldi che ha racimolato vendendo organi e parti del proprio corpo per saldare un debito.

Denji, in giro sempre con lo sguardo basso, sembra aver più voglia di piangersi addosso che di combattere demoni. Piagnucola ricordando a se stesso che vorrebbe tanto combinare qualcosa con una ragazza prima di morire, è in balia degli eventi (non lo vediamo davvero dare la caccia ai demoni, perché qui sono quasi i demoni a dare la caccia a lui), ma poi all’ultimo momento tira la catena di accensione della motosega e tutto si risolve con qualche ruggito e molti schizzi di sangue.

Quando non si trasforma, Denji è poco più di manichino inerme, che strizza l’occhio a quell’immaginario adolescenziale dell’antieroe algido, sempre sul punto di svenire travolto dalle paranoie. Il risultato è una sorta di incontro tra Light Yagami di Death Note e Shinji Ikari di Evangelion, senza però lo spessore e la profondità caratteriale dei due.

Forte della produzione dello Studio Mappa – lo stesso di alcuni degli anime più popolari e meglio riusciti degli ultimi anni, come Inuyashiki, Banana Fish e DorohedoroChainsaw Man vanta in ogni caso animazioni fluide e scenari discretamente dettagliati, per venti minuti che scorrono bene, grazie anche al solido character design di Kazutaka Sugiyama e alla regia efficace di Ryū Nakayama. 

Chainsaw Man si presenta dunque come un ottimo prodotto d’animazione, che conferma il tono del manga e ne rafforza gli aspetti estetici più cupi, compensando qualche approssimazione grafica del segno di Fujimoto.

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