Chiunque abbia letto le ultime pagine de Il Signore degli Anelli avrà condiviso con i protagonisti quello stato d’animo definito da Tolkien “tristezza benedetta”, ossia quella struggente nostalgia priva di amarezza legata alla conclusione di una grande avventura che ha cambiato profondamente chi l’ha vissuta. Questa emozione così complessa e delicata è al centro di uno shonen decisamente diverso dal solito, vincitore nel 2021 del Premio culturale Osamu Tezuka e del Manga Taishō: si tratta di Frieren. Oltre la fine del viaggio, scritto da Kanehito Yamada e disegnato da Tsukasa Abe.

L’eroe Himmel, il nano guerriero Eisen, il chierico Heiter e l’elfa maga Frieren tornano in città accolti da applausi e festeggiamenti: sono infatti i quattro avventurieri che, in un’impresa durata circa dieci anni, hanno sconfitto il Re Demone e riportato la pace. Ma dieci anni non sono niente per un’elfa, e quella che per gli altri è l’avventura della vita per Frieren rischia di essere una parentesi di scarsa importanza. Eppure quando, anni dopo, la maga ritrova i suoi vecchi compagni – e prende parte al funerale di due di loro – si rende conto di non afferrare del tutto il senso di quel viaggio, che sembra andare oltre l’esperienza ormai conclusa.
Decisa a capire quello che le sfugge e a riconciliarsi con il ricordo di Himmel, Frieren si rimette sullo stesso cammino percorso accanto a lui, questa volta in compagnia dei giovanissimi discepoli di Heiter ed Eisen, la talentuosa maga Fern e il guerriero Stark. In questa nuova avventura, dove fanno inevitabile capolino demoni da uccidere e ostacoli da superare, Frieren rivivrà i suoi ricordi assaporando, questa volta più consapevolmente, le gioie e i dolori propri della condizione umana.
Frieren è uno shonen atipico. Al posto del consueto eroe combattente che diventa sempre più forte affrontando nemici di forza crescente, qui c’è un’eroina che non uscirà mai sconfitta da nessuno scontro perché è già il personaggio più potente di tutti. Eppure, per via del suo aspetto carino e rassicurante, unito alla capacità di nascondere l’entità del suo potere, è spesso considerata innocua dagli avversari e questo la rende davvero letale.

Al pari di un eroe shonen, anche Frieren matura nel corso della serie, ma non nel modo che ci aspetteremmo. Per un’elfa come lei, centenaria eppure sempre giovane, con una percezione del tempo molto diversa da quella degli umani che la porta ad accumulare esperienze senza necessariamente definire priorità e obiettivi, crescere significa imparare a cogliere l’importanza del momento, diventare più forte equivale ad acquistare sensibilità ed empatia. E tutto questo è possibile non durante, ma ai margini delle battaglie roboanti.
Ecco allora che Frieren è anche un fantasy atipico: pur riprendendo alcuni stilemi propri del genere e perfino alcuni elementi dei videogiochi di ambientazione fantasy, l’avventura, l’azione e i nemici da sconfiggere occupano quasi sempre lo spazio risicato di una vignetta. In un contesto in cui l’impossibile non esiste perché l’unico limite della magia è l’immaginazione di chi la usa, la narrazione si concentra su situazioni quotidiane e apparentemente secondarie, come accade in un manga slice-of-life.
I personaggi sono spesso mostrati mentre devono procacciarsi le provviste o un letto comodo, oppure dialogano con gli abitanti di un villaggio di passaggio, o bivaccano in un bosco attorno al fuoco. Perché è nella quotidianità che si cementano i rapporti tra compagni di viaggio, e sono questi legami e sentimenti che ne scaturiscono a rendere speciale un’avventura e, attraverso i ricordi, perfino una vita intera.
Il titolo giapponese della serie Soso no Frieren, tradotto in italiano con Frieren. Oltre la fine del viaggio, si potrebbe rendere anche come Frieren al funerale. In un certo senso il manga è l’elaborazione di un lutto, racconta un vuoto, la perdita non solo di persone care bensì di un momento della vita che non tornerà più. Eppure, questa consapevolezza porta con sé un’energia positiva e costruttiva: il ricordo di quello che è stato continua a dare senso e significato a un presente da vivere con un’intensità e una consapevolezza ancora più forti. Ecco perché molti hanno associato la serie al cosiddetto iyashikei, ossia a quella tipologia di manga con un effetto “curativo”, utile a superare momenti particolarmente densi e trovare un nuovo senso al presente.

Nella realizzazione della serie, come ha rivelato l’editor Katsuma Ogura, Yamada scrive la storia e i dialoghi e prepara lo storyboard completo, mentre Abe realizza i disegni definitivi e a volte ritocca qualcosa nei dialoghi. Questo lavoro di squadra avviene a distanza, senza che i due si siano mai incontrati di persona. Yamada ha la capacità di raccontare la tristezza, la malinconia e il senso di perdita evitando pesantezza e patetismo, e anzi creando situazioni leggere e ironiche.
Abe mette a punto uno stile grafico talmente garbato ed essenziale da sembrare quasi banale: le sue ambientazioni ripetono un immaginario fantasy cui siamo già abituati, la sequenza grafica procede senza grandi trovate, i personaggi, e anche alcuni demoni, sembrano concepiti secondo un gusto kawaii e non lasciano trapelare in nessuno modo la loro eccezionalità. Sono tutte scelte coerenti con un progetto in cui la quotidianità prevale sullo straordinario.
Ogni tanto fa bene rinunciare agli effetti speciali e chiedersi quali siano le cose che contano davvero. Tralasciando gli aspetti più roboanti del fantasy, Frieren ci tiene a distanza dalle atmosfere epiche riuscendo comunque a portarci al vero cuore di ogni avventura, senza annoiare ma anzi continuando a sorprendere.
Frieren. Dopo la fine del viaggio 1-6 (in corso)
di Kanehito Yamada e Tsukasa Abe
traduzione di Matteo Cremaschi
J-Pop, da ottobre 2021
brossurato con sovraccoperta 122 pp., b/n con pagine a colori
6,50 € (acquista online)
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