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Come succede per le altre produzioni Marvel, anche Licantropus – ovvero Werewolf by Night, il primo special dei Marvel Studios per Disney+ – presenta molti rimandi, citazioni, strizzatine d’occhio a fatti fumettistici (e non). Abbiamo così selezionato le curiosità più significative dello speciale.
Licantropus, innanzitutto
Il protagonista di questo speciale è Werewolf by Night, noto in Italia fin dai tempi dell’Editoriale Corno come Licantropus – nome a quanto pare azzeccato se è stato mantenuto anche per questo adattamento live-action – il cui alter ego è Jack Russell, qui interpretato da Gael García Bernal.
Nei fumetti di Marvel Comics, Licantropus ha avuto due incarnazioni. La prima è stata proprio Jack Russell, che esordì nel 1972 – in un periodo in cui la casa editrice stava puntando su nuovi personaggi di stampo horror – in una storia realizzata da Gerry Conway e Mike Ploog, a partire da un’idea di Stan Lee e Roy Thomas.
Russell – che fu protagonista di una testata intitolata Werewolf by Night durata 43 numeri fino al 1977, raccolta in Italia da Panini Comics in un unico volume di formato Omnibus – era il discendente di una stirpe di licantropi in grado di trasformarsi a proprio piacimento, quindi anche senza la Luna piena, e mantenendo le proprie capacità intellettive. Nei primi anni del Duemila si tentò a più riprese di realizzare un film dedicato al personaggio, ma non se ne fece mai nulla, almeno fino a questo momento.
Nel 2020, Marvel ha presentato invece un secondo Licantropus di nome Jake Gomez, un membro della tribù di nativi americani Hopi la cui famiglia ha ricevuto una maledizione. Questo nuovo personaggio – protagonista di una miniserie – è stato creato dal rapper Taboo insieme allo sceneggiatore Benjamin Jackendoff e al disegnatore Scot Eaton.
La famiglia Bloodstone
Anche la famiglia Bloodstone ha un corrispettivo nei fumetti. Il primo ad apparire fu Ulysses Bloodstone, cacciatore di mostri che esordì nel 1975 su Marvel Presents 1, in una storia di Len Wein, Marv Wolfman e John Warner. Le sue origini sono piuttosto antiche: Ulysses era infatti un cavernicolo cacciatore di mammut che, nella preistoria, si ritrovò a fronteggiare un alieno. Questo alieno aveva portato con sé sulla Terra un enorme gioiello, e quando Ulysses lo distrusse con la sua lancia, un frammento di esso gli si incastonò nel petto, donandogli immortalità e super poteri.
Sua figlia Elsa (qui interpretata da Laura Donnelly) è invece una creazione più recente, avendo debuttato nel 2001 nella miniserie a lei dedicata Bloodstone di Dan Abnett, Andy Lanning e Michael Lopez. Nei fumetti, Elsa – anche lei una cacciatrice di mostri – ha forza, agilità e resistenza sovrumane, oltre a un fattore di guarigione accelerato, e il suo corrispettivo in Licantropus sembra ricalcare il tutto in maniera molto fedele.
Esiste anche un fratello minore di nome Cullen – creato nel 2012 da Dennis Hopeless e Kev Walker per Avengers Arena 1 – in possesso degli stessi poteri di Ulysses ed Elsa. Verussa, la matrigna di Elsa che vediamo in Licantropus (interpretata da Harriet Sandom Harris), è invece un’invenzione degli autori dello special.
Nei fumetti, la pietra Bloodstone – che dà i poteri e conferisce immortalità all’omonima famiglia – è chiamata anche Bloodgem, mentre in italiano Pietra di Sangue. Fu anche al centro di una storia – che ricordo molto piacevole – di Capitan America di fine anni Ottanta, Caccia alla pietra di sangue (in originale The Bloodstone Hunt), scritta da Mark Gruenwalk e disegnata da Kieron Dwyer. La storia era ambientata dopo la morte di Ulysses, che qui appariva sotto forma di scheletro, con la gemma incastonata nel suo petto.
L’Uomo Cosa
L’altro grande mostro protagonista di Licantropus è ovviamente Man-Thing (Carey Jones), noto in Italia anche come Uomo Cosa, anche se nel corso dell’intero special – credits a parte – non viene mai chiamato così, ma solo Ted. Nei fumetti di Marvel Comics, il vero nome di Man-Thing è infatti Ted Sallis, un biochimico che si trasformò in un mostro composto di materia vegetale in seguito a un esperimento andato a male nel tentativo di ricreare il siero del Super Soldato di Capitan America.
Il personaggio fu creato nel 1971 da Stan Lee, Roy Thomas, Gerry Conway e Gray Morrow su Savage Tales 1, ma a caratterizzarlo al meglio furono poi lo sceneggiatore Steve Gerber e il disegnatore Mike Ploog, sulle serie Giant-Size Man-Thing (5 numeri) e e Man-Thing (22 numeri), entrambe uscite negli Stati Uniti fra il 1974 e il 1975. Tutte queste storie sono state raccolte in Italia da Panini Comics in un unico volume in formato Omnibus.
A differenza che in Licantropus, nei fumetti Man-Thing è privo di ogni consapevolezza ed è spinto solo da una forza interiore che lo porta a bruciare tutti quelli che provano paura nei suoi confronti (non a caso, il tormentone delle sue storie è «Chiunque conosca la paura brucia al tocco dell’Uomo Cosa»). Man-Thing è inoltre il guardiano del nesso di tutte le realtà, che si trova nella palude della Florida che gli fa da “base” e che è una sorta di portale interdimensionale. Considerando che la nuova grande saga del Marvel Cinematic Universe è proprio incentrata sul multiverso e le dimensioni alternative, chissà che Man-Thing non possa dunque giocare un ruolo importante all’interno delle prossime produzioni dei Marvel Studios.
E ora, per la rubrica “forse non tutti sanno che”: Man-Thing in realtà è già stato protagonista di un film del 2005 diretto da Brett Leonard e interpretato da Conan Stevens, prodotto da Lions Gate e non direttamente da Marvel. Un film che uscì direttamente per il mercato dell’home video e che all’epoca in cui uscì fu definito mediocre e il peggior film mai tratta da un fumetto, giusto per citare i giudizi più lusinghieri. Pare però che gli effetti speciali non fossero male (qui c’è il trailer, se volete darci un’occhiata).
Cacciatori e mostri
In Licantropus compaiono anche altri cinque cacciatori di mostri: Jovan (Kirk Thatcher), Azarel (Eugenie Bondurant), Liorn (Leonardo Nam), Billy Swan (Al Hamacher) e Barasso (Daniel J. Watts). Non mi risulta che nessuno di questi abbia un corrispettivo nei fumetti di Marvel Comics, ma poco male, visto che sono durati poco.
Lo stesso dovrebbe valere per i mostri le cui teste impagliate adornano le pareti della casa di Ulysses Bloodstone, che sembrano tutti piuttosto generici (c’è uno yeti, un essere con due teste, un vampiro e così via).
Dove si colloca
Lo special Licantropus non sembra avere una collocazione specifica all’interno del Marvel Cinematic Universe. Se per quasi tutta la sua durata pare essere posizionato in un passato imprecisato tipo gli inizi del Novecento, il finale – e in particolare proprio la scena conclusiva – fa capire che in realtà ha un’ambientazione contemporanea.
Su Disney+, nella sezione “Marvel Cinematic Universe in ordine cronologico” è collocato proprio per ultimo, subito dopo il film Thor: Love and Thunder, quindi presumo che la sua trama abbia luogo proprio nel presente (anzi, nel futuro appena prossimo, visto che il salto temporale di Avengers: Endgame ha scombinato le cose e la nostra linea temporale non si è ancora riallineata con quella dell’MCU).
E la scena dopo i titoli di coda?
Eh, non c’è. A memoria, dovrebbe essere la prima volta per una produzione dei Marvel Studios, se si esclude Avengers: Endgame, che chiudeva comunque un ciclo e ci poteva stare benissimo come scelta (e poi alla fine di tutto c’era un piccolo omaggio sonoro a Iron Man, se vogliamo fare i pignoli).
Il regista Michael Giacchino l’ha spiegata così: «Ci sentivamo, tipo, abbiamo raccontato la nostra storia. Ed è buona. Non volevo distrarre dalla storia che abbiamo raccontato. Questi personaggi per me sono importanti. È stato, tipo, “chiudiamo con i nostri personaggi”». Nessun incrocio con Blade né tantomeno con Moon Knight, quindi, anche se quest’ultimo nei fumetti aveva esordito proprio sulla serie a fumetti di Licantropus e di conseguenza si pensava che potesse apparire anche qui.
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