
Nel 2021 il libro più venduto negli Stati Uniti, con 1 milione e 300 mila copie, è stato Dog Man: Mothering Heights (Dog Man e il cocco di mamma), mentre da gennaio a oggi la classifica del New York Times dedicata a fumetti e manga è dominata dal terzo volume della serie Cat Kid e il Club del Fumetto. L’autore di questi – e di altri 70 titoli, tradotti in 46 lingue per centinaia di migliaia di copie vendute – è Dav Pilkey, definito dal Washington Post una “rock star dell’editoria per l’infanzia”.
Paragone particolarmente azzeccato, che rende conto non solo delle cifre astronomiche smosse dall’autore ma anche dell’affetto con cui è accolto dal pubblico negli incontri dal vivo e soprattutto dell’atteggiamento ribelle che i suoi personaggi mostrano verso le istanze autoritarie e bacchettone di certa letteratura per l’infanzia. Studiando il suo lavoro, ci si può rendere conto che si tratta di libri che vale la pena leggere a qualsiasi età.
Il Pilkey-universe

Tra le opere di Pilkey più celebri (quasi tutte pubblicate in Italia da Il Battello a Vapore) ci sono sicuramente i libri dedicati a Capitan Mutanda (che nel 2017 è diventato un film per DreamWorks), Dog Man (da cui è stato tratto un musical nel 2019) e Cat Kid e il Club del fumetto.
La particolarità è che si tratta di serie collegate tra di loro in virtù di due personaggi: George e Harold, due bambini creativi e alquanto vivaci che amano disegnare fumetti e architettare scherzi per i loro compagni di scuola. Smascherati dall’inflessibile preside, per non sottostare alle sue ritorsioni trovano il modo di ipnotizzarlo e tenerlo sotto controllo. Ma qualcosa va storto e sotto ipnosi il severissimo preside si denuda trasformandosi in Capitan Mutanda, il buffo supereroe dei fumetti inventati da loro. Per evitare che si metta nei guai, i due bambini si trovano costretti a fargli da assistenti nella sua strampalata ma convinta lotta contro il crimine.
Quando Capitan Mutanda è a riposo, George e Harold continuano la loro produzione di fumetti sotto il loro marchio editoriale “Fumetti sull’albero Spa”. Anche Dog Man è una loro creazione: ha il corpo di un agente di polizia e la testa di un cane poliziotto, possiede quindi la forza di un essere umano e il fiuto di un segugio e anche lui lotta contro nemici della legge. Tra questi, c’è il gatto criminale Gino, che in un’avventura crea un suo clone in miniatura, Ginetto, cui fa da genitore. È proprio questo gattino il presidente del Club del Fumetto dove alcuni girini si riuniscono per mettere su carta le storie che hanno in mente.
A queste serie a fumetti, adatte a un pubblico dai 7 anni in su, si aggiungono innumerevoli albi illustrati pensati per lettori e lettrici un po’ più piccoli, come i libri di Big Dog and Little Dog, dei Coniglietti tontoloni e quelli di Dragone.

L’elemento che a prima vista accomuna le opere di Pilkey è lo stile, cartoonesco, immediato e “primitivo”, una rielaborazione ricercata e consapevole del disegno infantile, che in alcuni casi – nei fumetti disegnati da Harold di Capitan Mutanda e Dog Man e nelle pagine di Cat Kid e il Club del Fumetto – diventa una vera e propria imitazione del modo di disegnare dei bambini, con tanto di errori anatomici, insicurezze nel tratto e imprecisioni.
Grande ammiratore di Charles M. Schulz e della sintesi grafica dei Peanuts, Dav Pilkey condivide con autori come Ivan Brunetti e Lynda Barry la scelta di privilegiare l’espressività alla ricerca stilistica e la convinzione che il fumetto sia un mezzo adatto a far emergere quell’energia creativa distintiva dell’infanzia e che nell’età adulta si tende a soffocare. Ma nel suo lavoro l’infanzia è il punto di partenza e anche di arrivo, e la scelta di una cifra stilistica infantile è coerente con la volontà di restituire un’immagine di quell’età il più possibile completa e complessa, fedele al punto di vista dei bambini piuttosto che alla rilettura edulcorata che ne darebbero i grandi.
Dalle esperienze vissute alle storie inventate

Anche se gli adulti tendono a dimenticarlo, l’infanzia non è sempre un’età spensierata. «Penso che la maggior parte delle mie storie si ispirino ai ricordi della mia infanzia, dalla sensazione di impotenza e frustrazione che provavo (e sono sicuro molti bambini provano), dal momento che ero costantemente circondato da adulti meschini, o stupidi, o ingiusti (o tutt’e tre le cose)», ha dichiarato Dav Pilkey in un’intervista.
Come racconta spesso sia nelle interviste che nelle postfazioni ai libri, da piccolo l’autore soffriva infatti di ADHD (disturbo dell’attenzione) e dislessia. Le difficoltà incontrate nella lettura lo isolavano dai compagni, e di rimando per catturare la loro attenzione faceva il pagliaccio della classe, con il risultato di essere sistematicamente cacciato in corridoio dall’insegnante. Dav Pilkey racconta di aver creato Capitan Mutanda in questo contesto, negli anni di scuola elementare, nel tentativo di usare le proprie risorse per ritagliarsi un ruolo che non fosse quello del bambino problematico, trovandosi di fronte un’insegnante che strappava i suoi disegni dicendo che non poteva certo passare tutta la vita a fare stupidi libretti (sic!).
In coerenza con questi ricordi non sempre felici, Pilkey mette in scena spesso e volentieri il conflitto tra bambini – vivaci, irrequieti e creativi – e adulti convinti di essere sempre nel giusto, che impongono divieti e impartiscono ordini. È innegabile che George e Harold ricordino i protagonisti pestiferi dei primi fumetti, come The Katzenjammer Kids di Rudolph Dirks e Buster Brown di Richard Felton Outcault, per la loro capacità di capovolgere i rapporti di potere con i grandi.

Eppure l’obiettivo di Dav Pilkey non è soltanto mostrare i limiti e le contraddizioni del mondo adulto. L’autore si impegna a dare voce a tutte quelle istanze che a quanto pare i bambini non hanno mai il diritto di manifestare e tratta con rispetto i tentativi con cui i più piccoli si approcciano agli aspetti meno facili della vita, quelli da cui gli adulti vorrebbero proteggerli ma senza riuscirci.
Al centro di ogni suo libro c’è il concetto di “kid empowerment”, l’emancipazione dei bambini, la rivendicazione della loro libertà di avvicinare ciò che li incuriosisce e li spaventa a modo loro e senza forzature e censure, di creare e costruire senza le manie di perfezionismo e la paura di sbagliare che sono invece un retaggio del mondo adulto. Ma il kid empowerment non passa soltanto attraverso la ribellione. C’è un modo più pacifico per emanciparsi, decisamente più gradito a genitori e insegnanti.
Leggere (e fare fumetti) aiuta a crescere
Per fortuna gli adulti non sono tutti meschini, ottusi e ingiusti, anche nell’esperienza di Dav Pilkey bambino. L’autore racconta che i suoi genitori lo hanno sempre spinto a leggere nonostante la dislessia, e ricorda in particolare due insegnanti, una maestra della scuola dell’infanzia e un professore d’inglese al college, che lo hanno incoraggiato a coltivare la sua attitudine a disegnare storie. Riconoscendone il ruolo cruciale nel suo vissuto personale, Pilkey si impegna in vari modi a sostenere l’importanza della lettura e della creatività nella quotidianità di bambini e bambine.
In una storia di Dog Man intitolata Il cane che leggeva troppo si racconta che se dal mondo scomparissero i libri, tutti diventerebbero irrimediabilmente stupidi e la vita di tutti i giorni sarebbe di certo più buffa ma molto più noiosa. Per sottolineare come leggere sia una cosa divertente, oltre che utile, Pilkey inserisce nei suoi fumetti i flip-o-rama, ossia pagine da far scorrere velocemente come in una rudimentale forma di animazione. Inoltre da diversi anni l’autore è uno dei volti della campagna Reading Gives You Superpowers! dell’editore Scholastics, finalizzata a sensibilizzare grandi e piccoli su quanto sia cruciale la lettura per lo sviluppo di pensiero critico, immaginazione, empatia e autostima nei bambini.

Inaugurata nel 2021, Cat Kid e il Club del Fumetto è invece la serie incentrata sulla promozione del fumetto come forma espressiva capace di dare libero corso alla creatività. Poiché il fumetto non presuppone una cifra stilistica standard, consente di spaziare tanto nei contenuti quanto nello stile delle immagini, e per questo motivo incoraggia i bambini a sentirsi all’altezza di quanto vogliono esprimere.
In un episodio si affronta anche in modo piuttosto esplicito il tema del controllo che i grandi tendono a esercitare sull’immaginazione dei piccoli: l’adulto che sovrintende al club, un pesciolino munito di chele di nome Flippy, si rivolge disperato a due dottori lamentandosi del fatto che i fumetti creati dai suoi girini sono irrispettosi, volgari e violenti. Dopo un’attenta – e divertita – lettura delle storie incriminate, i dottori sottolineano come i bambini inseriscano nelle loro storie gli stessi elementi che i grandi artisti hanno usato nei loro capolavori, e che pertanto va riconosciuta ai piccoli la stessa libertà di raccontare di cui godono gli adulti.
La promozione della lettura e la necessità di non imporre limitazioni alla creatività dei bambini sono istanze che a ben vedere fanno di Dav Pilkey, nonostante l’irriverenza dei suoi personaggi, un alleato della scuola, o per lo meno di tutti quei docenti che lavorano per una didattica meno autoritaria e più rispettosa delle diversità e delle specificità di bambini e bambine.
Al contrario, le sue opere tendono a non essere apprezzate in quelle istituzioni scolastiche dove il bigottismo e il conservatorismo prevalgono sul buonsenso: nel 2013 Le avventure di Capitan Mutanda, secondo il report dell’ALA (American Library Association), è stato il libro più censurato del 2013, ossia il libro che ha subito più contestazioni e censure all’interno delle biblioteche scolastiche americane. Ma, come abbiamo più volte osservato, si tratta di una lista dove negli anni sono finite molte opere di un certo valore, capaci di far paura solo a persone di scarse vedute.

Più di recente, invece, un graphic novel di Dav Pilkey è stato al centro di una polemica un po’ più seria. Si tratta di The Adventures of Ook and Gluk: Kung-Fu Cavemen from the Future, un’altra storia firmata da George e Harold e incentrata sulle vicende, sospese tra preistoria e futuro, di due cavernicoli che combattono il cattivo di turno a suon di kung fu. Pubblicato nel 2010, e indicato da Pilkey stesso come il suo preferito, undici anni dopo la sua prima pubblicazione, ossia nel 2021, è stato ritirato dal mercato perché contenente stereotipi di razzismo passivo relativi alle persone di origine asiatica. L’autore è riuscito a chiudere la faccenda scusandosi pubblicamente e devolvendo il ricavato dei libri già venduti a organizzazioni attive contro la discriminazione razziale.
L’episodio, gestito evidentemente nel migliore dei modi, non sembra aver incrinato il successo dell’autore e l’affetto del suo pubblico, che anzi sembra crescere ancora. Dav Pilkey riesce a conciliare ironia, istanze didattiche e una sostanziale onestà nel raccontare l’infanzia. Riconoscendo ai piccoli il diritto di essere sé stessi e invitando gli adulti a ritrovare un po’ di spontaneità, ha la rara capacità di colpire l’attenzione di lettori e lettrici di ogni età. Forse perché riesce a mettere in scena una verità che tutti sperimentano o hanno sperimentato in prima persona: che crescere non è un affare da poco.
Entra nel canale Telegram di Fumettologica, clicca qui. O seguici su Instagram, Facebook e Twitter.