di Gianni Brunoro*

In prospettiva, il modo di dire “C’è sempre una prima volta” vale anche per il critico di fumetti. Nel mio caso, in una delle più vecchie edizioni del Salone dei Comics di Lucca ho scoperto “per la prima volta”, che oltre ai libri degli autori di fumetti ne esistevano anche su di loro: in quel caso, era un favoloso Pratt, pubblicato in Argentina nel 1952 da Enrique Lipszyc, il quale evidenziava come il percorso artistico – nel volume molto illustrato – era in qualche modo anche un riflesso della vita dell’artista.
Il ricordo mi è riemerso, in tutta la sua limpidezza, di fronte a un libro della stessa categoria, un prestigioso Diari di bordo dell’appena scomparso Jean-Jacques Sempé (240 pp, € 35,00) pubblicato dalle fiorentine Edizioni Clichy con prefazione dello scrittore e sceneggiatore Patrick Modiano. Sempé è un artista grafico un po’ misconosciuto in Italia (specie per la serie Le petit Nicolas), mentre in Francia e negli Stati Uniti è noto da anni come stella di prima grandezza, con un seguito fedele e una colossale produzione libraria.
Sempé nasce a Pessac, nella Gironda a meno di una decina di km da Bordeaux, il 17 agosto 1932 e ci ha lasciati a Draguignan, in una sua casa di vacanze, lo scorso 11 agosto: malato da qualche anno, se n’è andato tranquillamente, attorniato dalla moglie e da amici intimi (anche sua figlia Inga lavora in campo grafico). Siamo dunque rimasti orfani di uno dei più grandi disegnatori europei, che però andandosene ci ha lasciato con Diari di bordo una specie di testamento spirituale.
Aveva cominciato 18enne una carriera come disegnatore umoristico, collaborando a periodici un po’ di provincia (come Sud Ouest, Le Rire, Noir et Blanc) e mentre faceva il servizio militare nella zona di Parigi era arrivato anche a Ici Paris. Conosciuto a fine anni Cinquanta il geniale René Goscinny, costui gli propone di illustrare i propri testi dedicati a Le petit Nicolas, di cui esce nel 1960 un primo volume. È finalmente il successo, con la serie che negli anni raggiunge ben 40 Paesi.
In parallelo, Sempé riceve in breve tempo gli inviti a collaborare da parte di periodici prestigiosi: da France Dimanche a Paris Match, passando per Punch e Esquire, senza trascurare Pilote. Fra il 1965 e il 1975 viene accolto da L’Express, a quel tempo diretto da Françoise Giroud, ma è presente un po’ in tutta la stampa francese, dal Figaro a Télérama e pure Le Nouvel Observateur. Figura di un certo fascino, frequenta anche la vita notturna, locali in cui sono sue amiche star come Brigitte Bardot e Simone Signoret, o una letterata à la page come Françoise Sagan.
Poco male, anzi all’opposto. Perché lui non dimentica di essere sempre un buon disegnatore. Tanto che nel 1978 approda con una copertina a The New Yorker, prestigioso settimanale USA dal taglio cosmopolita e sofisticato, sede di reportage, commenti sociali e politici, saggi, narrativa, tutto condito però anche con satira e vignette: un periodico senza dubbio empatico con lo spirito di Sempé, che infatti, negli anni ne disegnerà oltre un centinaio di copertine.
Da gran disegnatore, non si limita al successo dei volumi dedicati a Le petit Nicolas, ma dal 1962 affianca loro, con cadenza annuale, volumi di vignette del tutto suoi, riflesso della propria personalità e con titoli accattivanti quali Rien n’est simple (1962), Tout se complique (1963), Sauve-qui-peut (1963) e via di questo passo, fino al 2015.
Di tutto ciò, Diari di bordo è un’autobiografia, ma molto sui generis. Perché ci sono soltanto immagini mute (ma quanto parlanti!) e poche parole, in qualche caso soltanto. Basta citarne un unico brano: «Sono entrato nella Resistenza il giorno in cui ho compiuto 14 anni. Era la settimana scorsa. Era il giorno in cui per l’appunto i miei cugini hanno invaso questa casa. Da quel momento in poi, la mia lotta nell’ombra: numerosi sabotaggi, come foratura di pneumatici, ragni nei loro letti, costumi da bagno rubati, windsurf spezzati. Finirà soltanto il giorno in cui, sconfitti, se ne torneranno a casa loro». Come si può intuire, sono parole idonee ad alludere alla mentalità di Sempé, in genere soffusa di filosofica malinconia; al suo spirito, alla sua essenza di uomo e di artista (e solo in qualche sprazzo sulfurea).
La carriera dell’artista va individuata dunque in controluce attraverso la sua personalità, quale emerge attraverso queste sue opere, in certo senso incompiute – in quanto schizzi – ma compiutissime nel rivelare alcuni aspetti del suo carattere e determinati suoi metodi di lavoro. Certe pagine documentano a esempio quante prove sono il retroterra di una copertina a noi nota solo come opera finta, altre sequenze di immagini ci fanno assaporare il gioioso tormento a monte delle prove di differenti forme di una sedia a sdraio o di molteplici espressioni di un gatto… immagini destinate poi a confluire in un’unica espressiva vignetta. Che si tratti di un autobus in corsa di notte sopra un ponte sulla Senna, musicisti o ciclisti, oppure di scene a Central Park come a Saint-Tropez o ai Giardini del Lussemburgo a Parigi… o ancora pagine in cui Sempé sperimenta differenti tipi di tratteggio.
Insomma, in Diari di bordo non c’è una sola delle opere di Sempé in cui non si ritrovino i suoi temi prediletti: da quanto è minuscolo l’uomo di fronte alla natura, alla sua solitudine in città, alle sue discussioni, i sogni ridicoli o le smisurate ambizioni, i limiti dei gruppi… Un libro insolito, come metafora del procedere della vita, indissolubilmente associato alla produzione creativa di un artista. Grazie una volta di più, di tutto.
*La versione originale di questo articolo è disponibile sul mensile Fumo di China 322, ora in edicola, fumetteria e online.
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