Basta anche solo sfogliare Girl from the Other Side di Nagabe per constatare che si tratta di un manga diverso dal solito, decisamente più vicino a una fiaba dei Grimm che a uno shonen classico.
Raccolta in 11 volumi pubblicati da J-Pop e ormai conclusa, la serie è incentrata sul legame forte e commovente tra una graziosa bambina di nome Shiva e un essere mostruoso, soprannominato da lei Maestro. In un mondo dark fantasy in cui i mostri sono portatori di una maledizione scatenata da una divinità oscura e per questo odiati e allontanati dagli esseri umani, l’affetto che lega Shiva e il Maestro viene ben presto percepito come una scelta sovversiva, capace di portare a galla verità nascoste, mettere in crisi le convenzioni e i pregiudizi socialmente accettati e rivoluzionare il modo che le persone hanno di vivere.
Tra gli ospiti più attesi del Lucca Comics & Games 2022, Nagabe ha riservato un momento dell’ultimo giorno di fiera per una chiacchierata con Fumettologica. In un’area del padiglione J-Pop allestita come un angolo di foresta, accanto alle immagini a grandezza naturale di Shiva e del Maestro e al riparo dalla confusione di lettori e lettrici alle prese con gli ultimi acquisti, il mangaka ha messo da parte la stanchezza e risposto con grande affabilità alle domande sul suo lavoro e sulla sua visione del mondo.

Girl from the Other Side è una storia che colpisce molto i lettori occidentali, anche perché ha qualcosa di familiare, sia nei temi che nello stile grafico. Ci sono artisti europei o opere o libri che ti hanno ispirato?
Sono un grande fan di Tove Jansson, l’autrice dei Mumin, mi piacciono molto Edward Gorey e Alfons Mucha, ma mi hanno ispirato anche le favole di Esopo, le fiabe dei Grimm e le illustrazioni di Arthur Rackham, e Alice nel Paese delle Meraviglie.
I due protagonisti incontrastati di Girl from the Other Side sono il Maestro e Shiva. Come è nata l’idea di mettere insieme due personaggi visivamente così distanti?
L’idea principale è stata visiva e stilistica: l’incontro del bianco e del nero era lo stile con cui volevo lavorare a questa storia, questo contrasto era molto bello, anche in riferimento al fatto che Shiva è così piccola e il Maestro così grande e alto.

È molto interessante il rapporto che hai costruito tra il Maestro e Shiva, il fatto che entrambi facciano qualcosa di straordinario e di eroico per l’altro. Chi dei due si avvicina di più alla tua idea di eroe?
È difficile dare una risposta, perché alla fine Shiva e il Maestro sono l’eroe l’uno dell’altra, si spronano ad andare avanti l’un l’altro, nessuno dei due è un eroe a sé stante ma sono eroi proprio perché si aiutano a vicenda.
In Girl from the Other Side molti esseri umani si comportano come mostri e viceversa molti mostri mostrano sentimenti umani. Che cosa significa essere umani secondo te?
È una domanda a cui non ho alcuna risposta. Anche io sono un essere umano, però sono lontanissimo dal sentirmi un essere umano completo e dal poter dare una risposta soddisfacente, non so assolutamente cosa possa significare essere umani. Certo gli esseri umani sono sicuramente non perfetti, incompleti, fanno sbagli, a volte fanno delle piccole conquiste… L’importante è forse riuscire a trovare la bellezza nel fatto di essere vivi, e questo forse ci rende umani, ma davvero non ho abbastanza esperienza per rispondere a questa domanda.
Un altro elemento centrale nel racconto è la foresta. Come mai hai scelto questo scenario, che del resto è tipico di molte fiabe?
Mi piace tutto della natura, fiori, foglie, alberi, e quindi volevo assolutamente disegnarli e volevo che la mia opera fosse ambientata all’interno di una foresta.

In Girl from the Other Side la diversità diventa causa di emarginazione e persecuzione. È un concetto profondo, che purtroppo si rispecchia in molti fatti o eventi storici realmente accaduti. Secondo te, la diversità può essere una maledizione anche nel mondo reale?
È una questione molto complicata da affrontare. Ovviamente, ciò che è all’interno della mia opera resta nella mia opera, mentre il mondo è il mondo. Il mondo in cui viviamo non l’ho creato io, è da secoli che viviamo queste problematiche, che sono antiche come l’uomo, da secoli si parla di discriminazione delle diversità, e questo tema è ancora oggi molto caldo.
All’interno del manga ho voluto paragonare la diversità a una maledizione, ma per esempio se vogliamo fare un parallelo con la vita reale, anche la pandemia potrebbe essere una maledizione. Purtroppo la soluzione a tutti questi problemi non ce l’ho, anche perché la situazione reale non è plasmabile come in un’opera di finzione. Sarei però contento se il mio manga potesse essere uno spunto di riflessione su questi argomenti.
Tornando ai mostri, deve essere davvero divertente immaginarli e disegnarli. Da dove è nata questa passione per il disegno di non-umani?
Mi è sempre piaciuto disegnare gli animali, e in realtà questa passione per le creature antropomorfe e un po’ mostruose è venuta sperimentando con il disegno, in particolare lavorando a personaggi d’ispirazione fantasy in cui univo parti animali con parti umane, come teste animali e corpi umani. È molto più divertente disegnare corpi che non siano soltanto umani, trovare nuove forme e cercare nuove combinazioni.

In un’intervista hai raccontato che l’idea di Girl from the Other Side è nata guardando una foto trovata online di una bambina in un bosco. Come cerchi l’ispirazione quando ti metti a disegnare? Ci racconti il tuo metodo di lavoro?
Mi ispira molto guardare le illustrazioni di altri artisti, come appunto Tove Jansson. Ma anche il mondo reale è pieno di spunti interessanti: per esempio il teschio di una capra può ispirare il volto di un personaggio spaventoso o diabolico. Tutto quello che ci circonda può essere fonte di ispirazione.
Con quali strumenti hai lavorato a Girl from the Other Side e che cosa non manca mai nella tua postazione di lavoro? Che rapporto hai con il disegno in digitale?
Uso dei semplicissimi pennarelli standard, ti faccio vedere perché così faccio prima. [Prende il suo l’astuccio e mostra una serie di pennarelli a punta fine da disegno tecnico di vari numeri – 02, 05 e 08 – e altri pennarelli a punta più morbida, di varie grandezze, tutti di colore nero.] Ho disegnato tutto il manga con questo tipo di pennarelli.
Ho un ottimo rapporto con il digitale, penso che ci siano determinati tipi di illustrazioni che possono essere fatte solo in digitale, e le realizzo con l’iPad. [Mostra dallo smartphone alcune illustrazioni a colori, alcune delle quali pubblicate sul suo account Twitter.]

Il sottotitolo della serie, Siùil-a-Run, viene da una canzone irlandese molto malinconica ed è stato scelto su suggerimento del tuo editor. Dal punto di vista di un autore, che cosa significa lavorare con un editor?
Lavorare con un editor è essenziale, da solo non sarei mai riuscito a trasformare i miei disegni in una storia compiuta e portarla a termine. Lavorare con professionisti che ti sappiano indirizzare e consigliare è incredibilmente importante, perché aiuta a rendere il tuo lavoro migliore per i lettori.
Per esempio, in giapponese ci sono molti modi di dire ‘grazie’, e un editor professionista può aiutarti a scegliere quello che più si adatta alla tua storia. È importante per un autore poter contare su una redazione che aiuti a far arrivare la sua storia ai lettori nella forma migliore possibile.
Nella tua esperienza quali sono le qualità che un buon mangaka dovrebbe avere? Hai qualche consiglio a chi vorrebbe intraprendere la strada di disegnatore di fumetti?
Vorrei tanto saperlo, anzi vorrei ricevere io questo genere di consigli! Un suggerimento però mi sento di darlo: visto che viviamo in un’era in cui è possibile mostrare i propri lavori con grande facilità a tantissime persone pubblicandoli online, il mio consiglio è di non vergognarsi e di far vedere il proprio lavoro a più persone possibile, raccogliere i feedback e usarli per migliorare. Senza imbarazzo o vergogna. E poi, soprattutto: disegnare veramente tanto.
Come è andato questo viaggio in Italia a lungo rimandato a causa della pandemia?
Lucca è una città che mi è piaciuta molto, ha quel fascino da cittadina antica da cui ho sempre tratto molta ispirazione, visto che ho usato luoghi di questo tipo come ambientazioni per le mie opere. Ho fatto tantissime foto, che probabilmente mi saranno molto utili per i miei lavori futuri.
Leggi anche: La diversità in “Girl from the Other Side”, tra il Male e il Bene
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