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Mondi POPAnimazione"Wendell & Wild": il nuovo Henry Selick convince a metà

“Wendell & Wild”: il nuovo Henry Selick convince a metà

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Ci sono voluti 13 anni prima che Henry Selick tornasse alla regia di un lungometraggio. Con Wendell & Wild, il regista di Nightmare Before Christmas e Coraline e la porta magica ha sintetizzato le sue ossessioni autoriali e visive e ha fatto il punto sullo stato dell’arte della stop-motion, innescando allo stesso tempo un discorso sociopolitico.

In questi 13 anni, Selick è stato infatti coadiuvato alla scrittura da quel Jordan Peele che sta contribuendo a trasformare nuovamente l’horror nel genere che più di altri è in grado di portare avanti riflessioni politiche e sociali, grazie a film in grado di coniugare esigenze commerciali, intrattenimento, gusto per la scrittura e attenzione all’impianto visivo e a quello teoretico (come Get Out, Us e Nope). Il risultato è visivamente strabiliante e strabordante, coraggioso nel suo superare i limiti dei racconti per ragazzi e ragazze e nell’ibridare concetto e messa in scena. Wendell & Wild però non è altrettanto riuscito sul fronte del ritmo e del coinvolgimento.

I due demoni Wendell e Wild vivono nelle narici del demone/padre più grande Buffalo Belzer, costretti a passare sulla sua testa una crema in grado di far crescere i capelli. Scoprono che questa crema è in grado di resuscitare i morti e così stringono un patto con la giovane Kat, che, persi i genitori in un incidente stradale, è passata da una famiglia all’altra, da un istituto all’altro, fino a quando non è giunta nella scuola per ragazze Rust Bank Catholic. Il patto con i due demoni farà sì che la verità su Rust Bank, la cittadina depredata da due imprenditori senza cuore, i Klaxon, venga fuori con tutte le conseguenze del caso.

A guardare bene, c’è un sottile filo che congiunge l’estetica e il cuore di Wendell & Wild alle opere precedenti firmate da Henry Selick, in particolare a Coraline e la porta magica e Nightmare Before Christmas. Le tre opere, infatti, parlano di cambiamenti, di accettazione di sé, ma anche del dolore che comporta vivere in un mondo spietato e troppo spesso indifferente. L’estremità con cui Selick ha portato avanti le sue idee è aumentata con il tempo: in questo modo, Wendell & Wild è il suo film più irriverente, il più sperimentale, quello in cui non si preoccupa della sensibilità spettatoriale ma che sbatte in faccia la crudezza della vita. Certo, lo fa ambientando il tutto in quella dimensione gotica e dalle tinte horror per cui già lo conoscevamo, ma è l’assenza di mediazione a caratterizzare il coraggio di un film come Wendell & Wild

C’è di tutto e, in questo periodo di appiattimento critico, male non fa. Il film porta avanti una critica del capitalismo, con riferimenti nemmeno velati a Donald Trump, ma anche della Chiesa, in particolare nel suo sfruttare la sofferenza altrui (con il prete che gestisce la Rust Bank Catholic e che farebbe di tutto pur di portare soldi alla scuola). Le suore sembrano soldati zombi che agiscono senza scrupolo, e le giovani ragazze sono vittime di un sistema che non comprendono. Tutto sommato, l’inferno in cui vivono Wendell e Wild non è così terribile, a confronto. 

È evidente che il contributo di Peele sia sostanziale: Wendell & Wild è un film che fa dell’impianto sociopolitico il suo cuore pulsante. Selick, dal canto suo, ci ha messo il talento nel raccontare un mondo fantastico in un modo che solo lui sa fare: folle, imprevedibile, politicamente scorretto, visivamente stordente. Selick lavora sull’idea stessa di stop-motion, tornando alle origini di questa tecnica animata, cesellando character design piatti, con i volti applicati sopra i pupazzi di plastilina che cambiano a seconda delle espressioni. Meno perfezionismo e più libertà artistica e creativa.

Dove Wendell & Wild fatica è nel trovare un ritmo coinvolgente. Si è sopraffatti da un punto di vista visivo, ma molte soluzioni di scrittura sono prevedibili, talvolta scontate, e, a farne le spese, è soprattutto il coinvolgimento. In virtù di questo suo estremismo, di questa sua imprevedibilità, il film risulta così un oggetto fantastico, meraviglioso, da ammirare, ma anche distante, intoccabile, a suo modo freddo.

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