Chiudiamo la nostra rassegna del meglio del 2022 allargando lo sguardo al di fuori dei nostri confini, con quelli che a nostro giudizio sono stati i migliori graphic novel di produzione straniera pubblicati in Italia nel corso dell’anno. Ed è una lista che spazia per il mondo, come al solito.
Nella selezione di questo 2022 trovano spazio in egual misura maestri indiscussi del fumetto mondiale e giovani talenti, con recuperi importanti, novità di rilievo e debutti che hanno sorpreso. A farla da padrone è il fumetto dalle tematiche introspettive, con storie che indagano i sentimenti e la vita quotidiana di persone comuni, come dimostrano i lavori di Chris Ware, Jordan Crane, R. Kikuo Johnson, Tommi Parrish o anche del giapponese Tatsuki Fujimoto, noto per la serie d’azione Chainsaw Man ma distintosi di recente per alcuni racconti lunghi realistici.
Non mancano anche vicende che si spingono verso immaginari al limite del surreale, come il graphic novel naturalistico di Anders Nilsen, lo sperimentale fumetto horror tecnologico di George Wylesol, la biografia fittizia realizzata da Seth, o il debutto dalle tinte sci-fi della giovane Léa Murawiec. E infine trova poi spazio anche un grande maestro della bande dessineé, Jacques Tardi, con il suo imponente ritratto del Sessantotto francese visto attraverso gli occhi della cantante Dominique Grange.
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Building Stories, di Chris Ware (Coconino Press)

Ci sono voluti 10 anni e un cambio di editore, ma alla fine Building Stories di Chris Ware è arrivato sugli scaffali delle librerie italiane. Un’opera enorme, sia per dimensioni che per ambizioni. Un fumetto che ha richiesto 10 anni di lavorazione e che si presenta sotto forma di complesso oggetto-libro, composto da quattordici pubblicazioni di vario tipo e formato racchiuse in una scatola. Queste schegge vanno poi a comporre un’unica storia, anche se possono essere lette nell’ordine che si preferisce.
Building Stories è infatti un fumetto che non ha un’inizio e una fine, ma è una storia in cui si entra e si esce a piacimento. In questo caso entriamo nella vita di una donna che ha perso parte della gamba in un incidente e che vive in un appartamento di un grosso palazzo a Chicago, dove si considera un’artista fallita e che abbandona solo quando diventa madre.
Di questa donna impariamo pian piano a conoscere vari aspetti della vita, insieme a quelle delle persone che abitano nel palazzo di Chicago. Lo facciamo mettendo insieme vari pezzi di un puzzle narrativo: non si tratta solo di leggere una storia, ma anche di esplorarla e scegliere albo dopo albo come costruirla. D’altronde Building Stories significa “costruire storie”, un’espressione chiave degli intenti che Ware vuole farci vivere. Mentre il lettore avanza nella storia nell’ordine in cui preferisce, allo stesso tempo costruisce la vicenda delle persone che la abitano.
Building Stories è quindi anche un gioco, nel modo in cui pone al centro del discorso di Ware il fumetto come oggetto, mostrandone varie potenzialità. Albi enormi come tavole domenicali dei quotidiani o piccoli come minicomic autoprodotti, delle dimensioni ridotte di un libro tascabile o di quelle più slanciate di un comic book. Ogni formato ha le sue particolarità e vuole una diversa impostazione di pagina, un diverso ritmo narrativo, un suo diverso sviluppo generale anche rispetto al numero di pagine che presenta.
Le storie personali dei personaggi di Building Stories ci vengono raccontate nello stile rigoroso e minimale a cui Ware ci ha abituato sin da Jimmy Corrigan, il suo primo capolavoro. Conosciamo i personaggi grazie a stralci della loro routine quotidiana e attraversiamo il loro vissuto, spesso difficile e depresso, come si passa da una stanza all’altra, venendo investiti da un profondo senso di voyeurismo. Da questo punto di vista Building Stories è un grande saggio su come noi esseri umani viviamo e percepiamo le vite degli altri.