Sull’arca con gli animali di Simone Montozzi

arca simone montozzi

Come recita uno dei più di mille “romanzi in tre righe” del geniale Felix Fènèon, giornalista e critico d’arte di fin de siècle: «Il signor Louis Delillieau, di 70 anni, è morto di insolazione nei dintorni di Noisy-sous-Ècole. Il suo cane – Fidéle – si è affrettato a sbranargli la testa». Questo ci conforta nella convinzione che in realtà degli animali conosciamo molto poco. Certo, sappiamo ciò che ci dicono zoologia e etologia, ma abbiamo contezza molto più profonda dei misteri del nostro universo siderale che dei pensieri del gatto che convive quotidianamente con noi, e pressoché nulla di quelli del pesce rosso a cui il gatto dedica ormai i suoi pochi sguardi distratti.

Tanto è vero che Jacques Derrida, in L’animale che dunque sono, dal suo osservatorio filosofico in contrasto con la tradizione cartesiana e haideggeriana che supporta il concetto di minorità dell’animale giustificando così il rapporto di dominio da parte dell’uomo, decide di coniare il termine animots, animali-parole in luogo di animaux, per significare che per l’essere umano – animale esso stesso ma alteramente senziente, dotato di logos e imbottito di metafisica – gli animali non sono altro che parole senza contenuto conoscibile o sostanzialmente semplicemente un “altro” che in fondo fa parte di noi ma di cui abbiamo paura.

La bestia umana risulta sempre la più pericolosa perché sceglie di esserlo o lo nega. Questo riapre la mai sopita “questione animale” – che investe tutta la riflessione sul tema del potere – di chi domina e di chi è destinato a farsi dominare – che apparve in tutta la sua portata politica già nel 1917 nell’illuminante lettera dal carcere di Rosa Luxemburg conosciuta con il titolo Un po’ di compassione e difesa nell’esegesi da Karl Kraus nel 1920, dove la crudeltà verso gli animali è accumunata alla discriminazione socio-razziale verso il diverso e il debole e alle atrocità morali e materiali delle guerre.

Arca, opera prima del grafico-illustratore autodidatta Simone Montozzi, classe 1978, presenta tutte le suggestioni e tutti i limiti delle narrazioni dove i personaggi sono l’espressione, in questo caso non grafica ma psico-comportamentale, dell’animale antropomorfo o meglio dell’umano teriomorfo, in ricordo di quando per l’uomo gli animali erano soprattutto dei, passando nel tempo da una simbologia del magico in natura a un’appropriazione umana dell’animale non solo in termini di sfruttamento fisico e di dominio ma anche di ogni loro espressione e forma significativamente iconologica, culturale, allegorica, religiosa e quant’altro. D’altro canto, come si dice popolarmente, del maiale non si butta via niente, compresa l’attitudine all’utilizzo dell’idea dell’animale alla narrazione ed alla caratterizzazione grafico-letteraria.

La suggestione principale – che prende le mosse da una possibile ri-narrazione della parte del Genesi che riguarda l’Arca di Noè, oramai relegata prevalentemente in forme didattiche per l’infanzia – si potrebbe concretizzarsi nel superamento della concezione dell’essere umano come centro dominatore del pianeta attraverso l’idea, forse impraticabile ontologicamente, di un modello concettuale costruito intorno ad un“antispecismo”: termine coniato per primo dal filosofo australiano Peter Singer ne La liberazione animale e inteso come antidoto a tutte le discriminazioni e a tutte le forme di affermazioni di potere e le conseguenti sopraffazioni. Una strada perlomeno tentata da Shaun Tan nel suo Piccole storie dal centro (di cui abbiamo già parlato qui) e che mi sembra di intravedere nell’idea di un post-umano animale nello straordinario graphic novel di Anders Nilsen Big Questions, dove l’umano è quello che è, un essere tra gli esseri.

Ma questa, direbbe Gèrard Genette, è una lettura di secondo grado, che però aiuta a capire i limiti palesi e occulti delle 260 pagine di Arca. Proprio una “big question” – cosa ci facciamo qui? – indirizza il racconto di Arca e nello stesso tempo lo fa deragliare. Intendiamoci, il libro di Montozzi riesce anche a essere una piacevole lettura, ma sicuramente non tiene fede a una premessa forse troppo impegnativa, anche se interpretata nel senso più letterale. La domanda in questione può avere molte e sfaccettate risposte filosofiche e allo stesso tempo altrettante legate semplicemente alla realtà fenomenologica più banale. Dal titolo sappiamo che ci troviamo su un’arca, e visto che i personaggi della storia sono bestie parlanti e pensanti in logiche antropiche, l’immaginario del lettore corre al Genesi.

E infatti scopriamo subito che ci si trova in un luogo dove gli animali vivono in cattività in assenza di esseri umani. La quest del gruppo dei protagonisti della “recherce” ambientale, cognitiva ed esistenziale risulta molto affine concettualmente alla compagnia di looser morituri de I musicanti di Brema dei Grimm, capostipite dei vari Madagascar, L’era glaciale e mille altre tutto sommato riuscite compagnie “parlanti e cantanti”. Il viaggio è ricco di incongruenze logiche e visive e di citazioni più o meno esplicite al mainstream dei musical in animazione, compresi i momenti di pathos drammatico e le gag, tra le quali particolarmente riuscita è quella della spiegazione di stampo creazionista-empirista dell’estinzione di alcune specie preistoriche.

arca simone montozzi

Non manca nella cassetta degli attrezzi dello stereotipo dell’animale antropomorfo l’insegnamento biblico di Isaia, che parlava della convivenza pacifica possibile delle specie animali: «La vacca pascolerà con l’orsa e i loro piccoli giaceranno assieme e il leone mangerà la paglia», guidati da un bambino che non avrà paura dell’aspide in un prossimo regno di Dio. Testo profetico che sembra costituire la colonna vertebrale narrativa di questo Arca, nonostante il persistere nel racconto di un’apparente diffidenza tra le varie specie e la ricerca del capro espiatorio. D’altronde Woody Allen chiosava: «Il leone e il vitello giaceranno insieme ma il vitello dormirà ben poco».

Tutto questo apparato allegorico però non sfocia in una destinazione morale o almeno moralizzata, e nemmeno ci viene fornita una soluzione razionale a cui aggrapparsi. La presenza di un Dio-Animale-Idolo rappresentato da un Moloch ci ricorda che Paura e Potere agiscono insieme e orientano da sempre il nostro vivere. Il finale è aperto: l’essere umano non si vede mai, neanche un Noah letterario, nell’intelligente versione modernizzata e utopica di Tutti a bordo per Ararat di H.G. Wells, un Noè fumettistico, nella bellissima trasposizione post-apocalittica di Stèphane Levallois, o un Noah filmico nella versione hollywoodiana del Genesi di Darren Aronofsky con gli animali razionalmente sedati. Forse anch’esso estinto causa cambiamenti climatici, con la conseguenza di un nuovo Diluvio.

Comunque sappiamo che gli animali usciti dall’arca troveranno i segni di una civiltà umana simile a quella contemporanea. Forse l’ultimo atto, una specie di resipiscenza in extremis, è stato proprio il salvataggio degli animali. Ma allora le specie estinte? È pur vero che già nella seconda metà del Cinquecento il manierista Aurelio Luini aveva affrescato nella Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore di Milano un’Arca di Noè, dove si può notare che incredibilmente entrano nella nave anche due unicorni! C’è quindi un precedente illustre, ma il mistero anacronistico rimane.

L’ultima tavola inserisce in questo patchwork di immaginari anche un richiamo, diciamo un’inquadratura presa di peso, al Cesare della saga de Il pianeta delle scimmie, con il suo portato di denuncia di essere ibrido e la convinzione che l’evoluzione verso l’homo sapiens porti con sé un futuro – che noi ora chiamiamo progresso – simile a quello che ha portato alla sua plausibile estinzione. Di qui non si scappa. «Per l’uomo l’essere supremo è l’uomo» diceva Feuerbach. Non riusciamo a pensare che a noi, attraverso le nostre vetuste e incrollabili categorie di pensiero. Altro che “antispecismo”! Con questo paradigma e la totale assenza di sforzo nel tentare un approccio in qualsiasi modo diverso, il racconto si distacca anche dalla sua premessa pseudo-razionale, e lo si può apprezzare solo a patto di considerarlo, come io credo, un interessante divertissement surreale dove i luoghi comuni dell’uomo-animale si mescolano allegramente in una cornice cupamente distopica.

E come diceva De Gregori, «e non c’è niente da capire», ma solo godersi una storia bislacca di animali mentre fanno un viaggio in un’Arca. Montozzi, a cui va comunque riconosciuto di aver concepito un’opera coraggiosa nella gestione complicata dei forse troppi registri narrativi e delle soluzioni visive, paga comunque il dazio della poca esperienza nel gestire un linguaggio come quello specifico del fumetto per una rilevante quantità di tavole, dove le scelte dei campi, delle inquadrature, delle azioni e dei dialoghi non sempre riescono a favorire un ritmo di lettura coerente con gli eventi raccontati e la loro importanza narrativa. L’impressione è che l’autore sia più versato nell’ambito grafico-illustrativo. In effetti – anche a causa della discontinuità nella cura artistica delle varie vignette – quando le tavole vertono di più sul piano dell’illustrazione l’opera ne risente positivamente e respira più regolarmente.

Al di là della scelta stilistica, sembra che l’autore abbia prediletto la strada del posso ma non voglio, realizzando spesso un segno volutamente non curato quando non trasandato. Ho visto altre illustrazioni di Montozzi che mi fanno propendere in questa direzione di analisi. Eppure quanto più l’autore si avvicina a un tratto simile a quello degli illustratori animalier, più il suo lavoro prende quota. Le tavole più interessanti sono quelle a piena pagina dove si possono ritrovare gli echi dei grandi illustratori dell’avventura esotica al pennino come Robida, Yambo e il Kipling illustratore, o simbolisti come Richard Müller e satirici come Heinrich Klay, che non a caso ha ispirato gli animatori disneyani per Fantasia.

Insomma, Arca si lascia guardare e lo si potrebbe anche leggere con piacere, se affrontato con leggerezza e senza soverchie aspettative sia intellettuali – che vengono proposte come chiavi di lettura – sia propriamente narrative, ma godendosi le parti più divertenti e le tante piacevoli immagini che Simone Montozzi ha deciso di donarci.

Arca
di Simone Montozzi
Rizzoli Lizard, giugno 2022
brossurato, 264 pp., b/n
18,00 € (acquista online)

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