Prendere sul serio i cartoni animati. Giulio Rincione racconta “Dirt”

Il nome di Giulio Rincione mancava ormai da qualche anno sugli scaffali delle novità a fumetti da libreria. Noto per aver fondato nel 2013 il collettivo Pee Show con Francesco Chiappara e Lucio Passalacqua, il fumettista siciliano è uno degli autori di punta della casa editrice Shockdom, per la quale ha firmato libri come Paranoiae e Vite di carta e, insieme al fratello Marco, la cosiddetta “trilogia dei Paperi”, che rielabora in chiave gotica i personaggi Disney e il loro universo narrativo, affrontando temi come la depressione e la solitudine.

Presentato in occasione di Lucca Comics & Games 2022, il nuovo fumetto di Rincione si intitola Dirt. I figli di Edin ed è il primo capitolo di una serie in bilico tra fantascienza dark e commedia pura. Ambientata in un ipotetico 2040 post-pandemico dove quasi tutta l’umanità è stata sterminata dal Coronavirus, ha per protagonista Dirt, un vecchio divo televisivo che viene catturato da una temibile banda di predoni.

Il motivo per cui Dirt ha potuto sopravvivere è che non è un essere umano, bensì un cartone animato. È stato creato negli anni Cinquanta da una società pubblicitaria molto quotata, che l’ha reso il testimonial di una nota marca di sigarette. A causa del suo carattere ombroso e dispotico, però, Dirt ha compromesso la propria carriera e ora – pur a distanza di così tanti anni e in un mondo così diverso da come lo conosceva – deve fare i conti con il passato.

Abbiamo parlato con Giulio Rincione del percorso che l’ha portato a realizzare Dirt, cercando di inquadrare il fumetto all’interno della sua produzione da autore unico e scoprendo, in anteprima, ciò che ci aspetta dai prossimi capitoli della storia.

dirt giulio rincione intervista

Da dove nasce l’idea di Dirt? Come sei arrivato al risultato finale, che mescola animazione anni Cinquanta e devastazione post-pandemica?

Possiamo dire che Dirt nasce due volte: la prima volta è nel 2018 quando, uscendo dalla metro, mi sono imbattuto in uno scarabocchio su un adesivo che sembrava fatto da un bambino e ricordava nelle forme il classico scherzo infantile del coniglio/fallo che ognuno di noi ha disegnato almeno una volta sul quaderno facendosi beffe della maestra. Ho sempre avuto un debole per i disegni brutti e fortemente stilizzati, e già all’epoca avevo avuto la voglia e l’intenzione di sviluppare una storia su quel personaggio, ma nonostante gli sforzi nessuna si tramutava in un’idea davvero valida. 

Nel frattempo era da parecchio che covavo il sogno di disegnare una storia che avesse come protagonisti dei cartoni animati ed è stato proprio nel 2020, con l’avvento della pandemia, che mi è venuta in mente una storia dove cartoni animati ed esseri umani sopravvivevano ad un virus, estremizzando l’atmosfera che tutti stavamo vivendo in quel momento. Quando iniziai a fare i primi studi sul protagonista animato, la matita non ha avuto dubbi. Dirt sarebbe stato il protagonista.

Il personaggio di Dirt ricorda molto PaperUgo, uno dei protagonisti della “trilogia dei Paperi” che hai realizzato insieme a tuo fratello Marco. Entrambi recitano per mestiere e hanno avuto successo nel mondo dello show business, ma dietro una superficie perfetta e incorruttibile nascondono un mal di vivere insopprimibile. Che cosa ti affascina di questo tema?

Ciò che mi affascina davvero di questa tematica è la sua perfetta sovrapponibilità alla realtà attuale: un mondo fatto di dogmi e grandi apparenze mischiate a forme più o meno veritiere di impegno sociale, che quasi sempre nascondono l’obiettivo di far mostra di sé, passando il tempo ad inseguire una forma di validazione esterna. Le maschere che indossiamo, anche quando sembrano “vincenti”, sono solo un’altro modo per combattere l’oblio. Per questo motivo la vera tematica di Dirt è la “memoria” e il tentativo, spesso fallimentare, di sopravvivere all’incedere del tempo. I cartoni animati esasperano la paura umana della morte e dell’essere dimenticati.

Tuttavia penso che se Dirt incontrasse PaperUgo, non diventerebbero amici. Infatti, anche se fanno entrambi parte dello show business, sono due personaggi diametralmente opposti. Paperugo è un essere umano travestito da cartone animato: la sua condizione, i suoi sentimenti, il suo malessere, è umano al 100%. Dirt, al contrario, si muove secondo le regole dei cartoni animati che ho inventato per questa saga: esseri soprannaturali, che vivono unicamente dell’amore del proprio pubblico. 

In più, da un punto di vista prettamente tecnico (nonostante dal mio stile grafico non si direbbe) sono sempre stato un grande fan dell’arte animata vintage. Disegnare personaggi con forme “non umane” e non canoniche mi dà un’incredibile gioia.

dirt giulio rincione intervista

Al di là delle assonanze tematiche, Dirt mi sembra sensibilmente diverso da tutto ciò che hai fatto finora. Più strutturato di Paperi, meno introspettivo e sperimentale di Paranoiae o delle storie brevi confluite nella raccolta Condusse me. Hai rinunciato quasi del tutto ai monologhi interiori e alle didascalie, spesso presenti nei tuoi lavori, e ti sei affidato esclusivamente ai personaggi e alle loro storie. Com’è stato? Ti è sembrato di uscire da una zona di comfort?

Parto col dire che è stata una grande liberazione: poter finalmente abbandonare per un po’ la figura di autore “protagonista delle sue storie”, la pretesa di una tematica profonda e cavillosa a tutti i costi, lasciar andare completamente l’autoreferenzialità (troppo abusata oggi, a mio parere) davanti alla necessità di raccontare una storia. È chiaro che le vicende che sto raccontando sono per me molto importanti, ed affrontano tutta una serie di tematiche a cui io tengo profondamente, però ciò che volevo era realizzare un fumetto. 

Dare la possibilità al lettore di conoscere personaggi nuovi, mondi nuovi, e appassionarsi ad una serie di trame che lo portassero potenzialmente il più lontano possibile dalla sua giornata. Dirt è stato (e continua ad essere) la storia più difficile a cui io abbia mai lavorato, che mi ha portato e continua a portarmi sempre più lontano dalla mia zona di comfort, ma è anche la storia che mi ha fatto riscoprire la passione e l’amore per questo mezzo di comunicazione. 

Logicamente, anche dal punto di vista grafico ci sono novità rispetto alle tue opere precedenti. In passato ci hai raccontato che ami «le tavole con pochissime vignette, o addirittura anche una sola, senza che per forza debba trasformarsi in una complicata e dettagliata splash page». Qui, invece, la scansione della tavola è molto serrata, come si conviene a una narrazione ricca di dialoghi e scene madri. Com’è stato il lavoro in questo senso?

È stato sorprendente scoprire come la storia e il ritmo se ne fregano di quello che noi preferiamo. Sono stato costretto da me stesso a lavorare a sequenze sempre più articolate, con un numero di vignette sempre maggiore, in modo tale da rendere il ritmo e i tempi quanto più naturali possibili. Non volevo che la storia scendesse a compromessi col mio stile, e ho dato tutto me stesso per far sì che si verificasse il contrario.

In questo lavoro c’è stata l’influenza di qualche autore particolare, oltre ai soliti Dave McKean, Ashley Wood, Bill Sienkiewicz e Kent Williams che citi da sempre nelle interviste?

Per forza di cose, gran parte del lavoro di documentazione è stato dedicato proprio al mondo dei cartoni animati. Se dovessi fare una selezione, sicuramente citerei Chuck Jones, Bonvi (Cattivik rimane uno dei miei fumetti preferiti di sempre), lo studio di animazione del videogioco Cuphead e Steve Gerber, creatore di Howard The Duck, che ha sicuramente un carattere molto affine a quello di Dirt. Difatti, uno dei protagonisti, Mark, porta proprio il cognome di Gerber.

Quanto ti è stato utile il supporto di Gipi, che hai voluto ringraziare espressamente nella prefazione di questo volume? Che consigli ti ha dato?

Una delle grandi difficoltà del lavorare a questa storia è stata, volente o nolente, l’invisibilità prolungata sui canali social alla quale mi sono costretto. Non puoi disegnare una storia di 200 tavole guardando le notifiche o, perlomeno, io non potrei. Tuttavia, era un aspetto che avevo inizialmente sottovalutato. 

Gipi è stata quella figura fondamentale di confronto che ha permesso di sentirmi meno “idiota” nello stare chiuso in casa per mesi, a non parlare con nessuno, e a disegnare. Sicuramente i suoi consigli più preziosi sono stati sul lettering, sull’importanza di dare ai personaggi una voce sincera e sul capire quando un autore deve “scomparire” a beneficio della storia che sta realizzando.

In una delle prime sequenze del libro (una panoramica sul mondo in stato di abbandono del 2040) ci sono un paio di dettagli interessanti: un cartello con la scritta «We’ll beat the virus by praying. The Lord will save us» e la foto incorniciata di uno youtuber molto seguito, il cui cadavere giace su un letto in decomposizione. Non so se torneranno in futuro ma, qualora non fosse così, vorresti dirci qualcosa al riguardo?

Con una sola domanda avete beccato due grandi spoiler. Complimenti! Parto col dire che il cadavere che vediamo all’inizio non è dello youtuber, ma di una persona a lui cara. Sia lo youtuber che i “cartelloni” pubblicitari saranno protagonisti dei prossimi capitoli della saga. Voglio rilasciare una dichiarazione qui in esclusiva per Fumettologica: il nome dello youtuber è Darius Skeento, e il secondo episodio di Dirt si chiamerà Skeentopolis

Con un primo capitolo di oltre 200 pagine, Dirt è già diventato il tuo fumetto più lungo. Come ti stai trovando a gestire una storia di questa portata? Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi volumi?

Considero Dirt una storia unica, siamo costretti a dividerla per motivi di “praticità”. Lavorare ad una mole di pagine così ampia mi ha fatto capire quanto è importante la gestione dei tempi di lavoro. Affronto le tavole schedulate mano a mano sul mese, senza pensare a quelle del mese successivo, altrimenti penso che morirei di attacchi di panico.

L’intera storia di Dirt è stata già scritta e definita in tutte le sue parti, quindi ciò che vi aspetta saranno un totale di 4 volumi da circa 200 tavole ciascuno, che proverò a far uscire con cadenza annuale. Vi aspetta una saga con tantissimi cambi di ambientazione e atmosfere, numerosi colpi di scena e tematiche sempre più crude e difficili da digerire (e questo, concedetemelo, in pieno stile Rincione).

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