x

x

RubricheSofisticazioni PopolariLa stagione dei fumettogame

La stagione dei fumettogame

Tendenze e direzioni della pop culture viste da chi non riesce a farne a meno, anche se vorrebbe. "Sofisticazioni popolari": una rubrica di Fumettologica a cura di Marco Andreoletti. Il giovedì, ogni 15 giorni, riflessioni sullo stato dell’industria dell’intrattenimento, cercando di capire come sopravvivergli.

Che il fumetto sia un linguaggio capace di dipanarsi nelle direzioni più disparate è ormai una verità condivisa anche dal pubblico più generalista. Quello che troppo spesso veniva considerato alla stregua di un informe macrogenere – un po’ come succede ancora oggi nelle fasce di lettori più conservatrici con i manga – in realtà riesce a raccogliere sotto il suo ombrello iterazioni diversissime. Si va dalla striscia comica al mega evento supereroico statunitense, dal prodotto per l’infanzia al memoir intimista, passando attraverso un numero pressoché infinito di altre variazioni. 

Una delle nicchie meno conosciute rimane quella relativa alla inclusione di meccaniche ludiche all’interno della narrazione, non come aggiunta fine a se stessa ma come parte integrante della stessa. Esattamente come in molti videogiochi – penso ai walking simulator – la progettazione degli aspetti interattivi dipende più da quello che si vuole raccontare invece che dal puro intrattenimento. Posso decidere di esporti una storia scegliendo il narratore che più si addice alle mie intenzioni, oppure ti ci posso calare dentro e permetterti di vestire i panni del protagonista dall’interno. Senza dimenticare che, se il libro è ben progettato e le intenzioni dell’autore sono quelle, l’ipotesi di trarne un godimento anche giocoso non è del tutto peregrina. 

Dagli esperimenti del pioniere Bruno Concina e dai folli Little Lit di Art Spiegelman e Françoise Mouly è stata fatta un sacco di strada, e vale la pena spendere qualche parola per esplorare questi atipici fumettogame, o fumetti-gioco, su cui abbiamo potuto mettere le mani, visto anche che la seconda metà dello scorso anno ha portato alla pubblicazione di tre ottimi esempi di questa convivenza tra linguaggi.

2120 george wylesol coconino fumettogame

Del primo abbiamo già parlato in maniera approfondita su queste pagine. Per chi si fosse perso la recensione basti sapere che 2120 di George Wylesol è un horror molto vicino alla mitologia delle backroom, il tutto reso come una sorta di copia su carta dei primissimi videogiochi in prospettiva. Nei panni del grassoccio e un poco ottuso Wade Duffy ci aggiriamo in un dedalo fatto di uffici dismessi, terminali sfrigolanti e porte su visioni quantomeno disturbanti. Mentre sarà in gioco la nostra sopravvivenza, il protagonista – un tecnico informatico – continuerà a essere ossessionato dalla revisione di un ipotetico terminale malfunzionante. 

In un racconto dove è l’ambiente stesso a essere il principale motore di tensione, darci la possibilità di esplorarlo attivamente è un espediente narrativo perfetto per calarci nel contesto alienante dove è ambientato. Sfogliare pagine su pagine di corridoi identici alla ricerca di un indizio per aprire una porta necessaria per passare al livello successivo trasmette un senso di smarrimento e frustrazione altrimenti impossibile da ricreare con un tipo di fruizione più passiva (sempre che leggere una storia sia considerabile un’attività passiva, sia chiaro).

In aggiunta a una progettazione particolarmente puntuale delle meccaniche ludiche il disegno sgraziato e asettico di Wylesol si dimostra perfetto per la costruzione di un’atmosfera malsana. Essendoci data la possibilità di ruotare lo sguardo in un ambiente 3D, le tavole realizzate in un vettoriale poverissimo e in seguito colorate sfruttando gli errori di vecchie stampanti a getto d’inchiostro rendono 2120 la versione lo-fi / trumacore di Wayout

Ed è forse questa puntualità nell’immortalare su carta l’orrore nel suo senso più contemporaneo a rendere 2120 un lavoro necessario. Quello che avrebbe potuto essere un semplice horror di stampo kynchiano – con tutto il rispetto per l’immenso regista del Montana, ma vedere etichettato con il suo nome ogni situazione di tensione vagamente surreale è ormai insopportabile – si dimostra invece un’analisi puntuale delle derive più spaventose del sottobosco del web, fatto di creepypasta e di subreddit subito pronti a vivere di vita propria.

procrastination day bomansa studio fumettogame

Cambiando completamente genere troviamo Procrastination Day di Fabio Berardelli e Federico Rebecchini. Un minuscolo RPG autoprodotto nell’atipico formato di fanzine a fumetti. Lo scopo del gioco è semplice: aiutare Mario a spezzare il loop di costante procrastinazione in cui è finito e costringerlo a lavorare sul “progetto” entro la data di consegna. Abbiamo quindi solo nove giorni per cambiare le nostre abitudini e imparare a evitare minacce come il mortale doomscrolling, nottate in bianco, distrazioni idiote o pasti raffazzonati. Durante il nostro cammino dovremo scontrarci con una serie di Mario alternativi – Mario il pigro, Mario il lurido, Mario l’arrapato, Mario l’otaku, Mario il gamer coreano… – e dimostrare di avere abbastanza energia e motivazione per sconfiggerli e passare oltre.

Nonostante il formato semplice e minimale scelto dai due autori di Bomansa Studio, il gameplay proposto funziona sorprendentemente bene, e sarà necessario munirsi di matita e gomma per poter tenere sempre aggiornata una scheda personaggio in costante variazione. Le diramazioni della narrazione saranno molte e disparate – dalle derive vegane alla tentazione di metterci a memare, passando per la mai sopita passione per il retrogaming – mentre impareremo ben presto a spendere con intelligenza i punti karma acquisiti con tanta fatica. Alla stessa maniera i giusti acquisti presso il Mercante del Sogno potrebbero permetterci una giornata produttiva come mai ci saremmo immaginati.

Tre articoli da leggere per restare aggiornati
• Pubblicato da Marvel Comics nell’estate del 1991 e diventato il fumetto più venduto di sempre con oltre 8 milioni di copie, X-Men 1 fu il frutto di una strana miscela che tirava e spingeva, e affastellava storie editoriali e dinamiche distanti. Questa è la sua storia.
• Nel Tempo Medio in cui viviamo la quantità delle immagini che accumuliamo le rende inutili, senza costruire un discorso che ci arricchisca.
• 20 anni fa usciva Pluto di Naoki Urasawa. Un manga struggente e potentissimo.

Al di là di questi aspetti così ben progettati, quello che colpisce di più di Procrastination Day è in realtà la sua capacità di narrare in maniera cristallina e sorprendentemente intima quella che verrebbe tradizionalmente definita come una slice of life. Nelle pagine di questo volumetto non abbiamo imprese epiche da portare a termine, mondi alieni da esplorare o chissà quale minaccia terrificante da sconfiggere, ma uno spaccato esistenziale comune a molti. Mario è un avatar perfetto, un aspirante autore con l’idea della vita che non aspetta altro se non l’essere messa nero su bianco. Peccato che, esattamente come tutti noi, il nostro protagonista finisca per disperdere le sue energie in un turbine di inedia e apatia. 

La scelta di utilizzare un tratto minimale e tremolante, perfettamente in linea con tanto fumetto esistenziale, richiama subito una sfera più profonda di quanto ci si aspetterebbe. Anche se dall’esterno sembra “solo” un giochino divertente, in realtà Procrastination Day è uno spaccato generazionale di rara efficacia, che sceglie di coinvolgerci direttamente nel raccontare alcuni aspetti cardine di questi anni che stiamo vivendo. Il coinvolgimento diretto del gioco di ruolo rende ancora più tangibile il senso di ineluttabile claustrofobia del loop temporale in cui siamo finiti. I giorni passano e non abbiamo ancora concluso niente, per di più basta la minima distrazione e ci ritroviamo a fare gli stessi errori a ripetizione.   

Anche se trattato in maniera umoristica, quello che viene portato avanti è un discorso di estrema attualità. Se da una parte abbiamo un malessere derivato dall’incapacità di prendere le redini della propria vita, dall’altra si trova un’ossessione per produttività e ordine mentale che spesso sfociano in comportamenti altrettanto tossici. Sicuramente Procrastination Day non ha la profondità per coprire tutto lo spettro di una discussione così ampia, ma trova una maniera leggera per farci riflettere sull’importanza della gestione del nostro tempo, in un’epoca che fa della distrazione totale una minaccia costante. Lo fa attraverso un gioco – che per definizione è la migliore maniera possibile di investire il nostro tempo in qualcosa di fine a se stesso -, ma forse l’aspetto più indovinato di tutta l’operazione è proprio quello.

analwizards david genchi fumettogame

All’antitesi di un approccio così asciutto e quotidiano – pur rimanendo in un ambito che trova in massicce dosi di ironia il proprio ingrediente principale – troviamo Analwizards di David e William Genchi. Un fumetto-game che fa del massimalismo e dell’oltraggio la sua ragione d’essere. Grande formato, decine di vignette per pagina, un folle dedalo di scelte per il giocatore e una serie di idee sempre più offensive. L’incipit della vicenda è il più scontato a cui si possa pensare, con il solito malcapitato costretto a vagabondare in un dungeon pieno di insidie alla ricerca del McGuffin di turno. Solo che gli architetti di questo infausto labirinto sotterraneo sono i fratelli Genchi, capaci di costruire una mitologia impregnata di scatologia, sacche scrotali, umorismo decisamente scorretto, droghe, violenza, derive sessuali di ogni tipo e alcune tra le morti più brutali e creative di sempre. 

Nonostante questo approccio così volutamente crasso e irriverente, le meccaniche ludiche di Analwizards si dimostrano molto ben congegnate, con tanto di app dedicata per tenere punteggi e lasciare alla sorte alcuni tra i passaggi più delicati. Riducendolo ai minimi termini, si tratta di una sorta di enorme storia a bivi condizionata dalla presenza di un inventario a cui prestare continuamente attenzione. In realtà l’universo narrativo congegnato dai due autori è così ricco e sorprendente che il metodo migliore per goderselo è saltare da una storyline all’altra solo per il gusto di vedere che cosa succede. Le sorprese, neanche a dirlo, non mancheranno. E poi agli autori «non ne può fregare di meno» di come lo giochiamo (parole loro).

Cercare di liberare l’Analmago dalla presenza oscura che si è impossessata del suo deretano significherà vagare fisicamente per tavole organizzate come mappe, dove frecce e colori ci indicheranno la strada da seguire. Di tanto in tanto dovremo combattere, oppure prendere delle scelte più o meno influenti sul corso della storia. Spesso la buona riuscita delle nostre intenzioni sarà affidata a una serie di lanci di moneta. La presenza di una dose così massiccia del fattore aleatorio potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma in realtà si sposa perfettamente con il carattere beffardo e crudele di tutta l’operazione. 

Da questo punto di vista quella dei fratelli Genchi è un’opera di sovversione del genere che del rispetto per la materia di partenza non se ne fa nulla. Certo, il protagonista è muto come Link, uno che ha il vizio di perdersi in labirinti da oltre 35 anni, ci sono mercanti, punti vita e stati come “avvelenato” e “nausea”. Tutti gli ingredienti essenziali del genere sono compresi e trattati con la giusta consapevolezza. Allo stesso tempo difficilmente troverete un altro libro a fumetti, tantomeno tangente al fantasy, dove il buco del culo sia più protagonista che in queste pagine. Perdendovi tra le decine di possibilità che vi si dipaneranno davanti, vedrete ani divelti in gran quantità, flatulenze, prolassi, trivelle rettali e gente che emerge da enormi stronzi.

Genchi ha scelto un tratto meno particolareggiato del solito, preferendogli invece una quantità di soggetti a tavola spesso quasi difficile da gestire. La scelta si è dimostrata intelligente e ben progettata, considerato quanto sarebbe stato faticoso altrimenti giocare con Analwizards. Oltre a dimostrarsi un disegnatore e un narratore sempre più capace e consapevole dei suoi mezzi, Genchi si conferma anche uno dei pochi autori davvero offensivi e oltraggiosi in attività

Pur mantenendosi a debita distanza da certe banalità politicamente scorrette, i Genchi non si fanno remore a mettere su pagina bassezze di ogni sorta, giocando con il disgusto più basilare. La cosa risulta ancora più straniante considerando quanto l’ironia degli autori riesca spesso a essere davvero raffinata, passando dalla bestemmia a dialoghi brillanti come se nulla fosse. A conti fatti Analwizards è un gran gioco su tutti i livelli. Lo è nel senso più letterale del termine, così come nella leggerezza della ricerca linguistica e nella noncuranza con cui infierisce irrispettoso sul genere in cui molti lo vorrebbero inscrivere.

Leggi tutti gli articoli di Sofisticazioni popolari

Entra nel canale WhatsApp di Fumettologica, clicca qui. O seguici su Threads, Telegram, Instagram e Facebook.

Ultimi articoli

lilith nuova edizione bonelli

La nuova edizione di “Lilith” di Luca Enoch pubblicata da Bonelli

Lilith, la serie a fumetti ideata nel 2008 per Sergio Bonelli Editore da Luca Enoch, torna in una nuova edizione da libreria.
civil war film 2024

Civil War è un filmone su come si guarda la paura

Recensione di Civil War un film di Alex Garland che racconta le paure dei gioni nostri all'alba di una guerra civile negli Stati Uniti.

Torna “Old Boy”, questa volta come serie tv

Il manga "Old Boy" sarà ancora una volta adattato in versione live-action, questa volta in una serie per la tv.
Ads Blocker Image Powered by Code Help Pro

Ads Blocker Rilevato!!!

Abbiamo rilevato che stai utilizzando le estensioni per bloccare gli annunci. Il nostro sito è gratuito e il lavoro di tutta la redazione è supportato dalla pubblicità. Supportaci disabilitando questo blocco degli annunci.

Powered By
100% Free SEO Tools - Tool Kits PRO