“Il castello invisible”, dal romanzo all’anime

di Mario A. Rumor*

castello invisibile

Generalmente Mizuki Tsujimura non la vedi affiancata alle più glamour signore della letteratura giapponese contemporanea, tra riverenze e riverberi giornalistici combinati nel solito mix per far felici lettrici a caccia di input social. Eppure Tsujimura non è una presenza indistinta. In un’ipotetica classifica di certezze letterarie, l’essersi votata al pubblico di giovani ha generato rassicurazioni per editori e dati di vendita, lasciando libero accesso a storie attentissime a quel bacino di potenziali acquirenti e al confronto inevitabile tra i suoi personaggi e il mondo degli adulti, ma ha anche guardato a invenzioni non così settarie, talvolta al limite della provocazione.

Tutto è stato avviato quasi con il pilota automatico, fin dall’esordio della scrittrice, classe 1980, una laurea in Scienze dell’Educazione e una passione per i gialli, sulle pagine di riviste e quotidiani come lo Yomiuri Shinbun con racconti e romanzi usciti a puntate (Tsumetai kōsha no toki wa tomaru debutto del 2004). Validi sia come testimonianza del talento, indiscutibile, sia come celebrazione anti-retorica dell’universo adolescenziale raccontato con l’aggiunta di quei piaceri personali di cui si diceva e che riconducono spesso a segreti o a misteri da risolvere.

Una sintesi di ciò la esibisce il romanzo Il castello invisibile (Kagami no Kojō, 2017), pubblicato da Poplar e in Italia da DeA Planeta, che in Giappone ha messo fuori uso ogni facezia glamour facendo varcare a Tsujimura il club delle autrici bestseller con 1.600.000 copie vendute. Dopo di che, ecco i riconoscimenti: il Japan Bookseller Award ad esempio, premio importantissimo assegnato dai librai indipendenti. Tra questo e l’immancabile trasposizione animata, ha trovato posto il manga di Tomo Taketomi su Ultra Jump dal 2019 al 2022, disponibile da noi in 5 tankōbon per Dynit.

Altri struggimenti a uso e consumo di manga e anime fan (compresi gli incroci cinematografici: Anime Supremacy dal romanzo Haken Anime! pubblicato negli Stati Uniti da Flamp nel 2014) rispondono al nome di un celebre cartoon per bambini da lei sceneggiato, e di precedenti adattamenti a fumetti dai suoi lavori. Nell’ordine: Doraemon – Il film: Nobita e le cronache dell’esplorazione della luna (2019), personaggio quest’ultimo ormai meta festosa di celebri scrittori (vedi il Genki Kawamura di Se i gatti scomparissero dal mondo); Tsumetai kōsha no tori wa tomaru con i disegni di Naoshi Arakawa, Odāmeido Satsujin Club, illustrato da Yumi Oikawa e Surōhaitsu no kamisama di Asuka Katsura. In corsa va aggiunto il numero del 2023 di Kono Mystery ga Sugoi!, rivista annuale sul mistero edita da Takarajimasha in cui, giusto per non smentire le affinità con gli otaku, è presente un suo saggio su Hirohiko Araki (autore de Le bizzarre avventure di JoJo).

Chi l’ha letto, sa che Il castello invisibile è storia calata tra i disagi dei giovani d’oggi, non più solo giapponesi. La protagonista Kokoro non frequenta la scuola a causa delle angherie delle compagne che l’hanno ridotta socialmente a brandelli. Anche l’iscrizione a un istituto di sostegno non sembra risollevarla dall’oblio esistenziale in cui sta precipitando. Un giorno lo specchio della sua stanza s’illumina e Kokoro si trova all’interno di un castello. Una ragazzina con maschera da lupo sul volto (Okami-sama) la accoglie, e con lei altri sei ragazzini, invitati tutti a trovare una stanza segreta e una chiave in grado di esaudire ogni desiderio.

Qualsiasi altro regista dell’ambiente se la sarebbe dovuta meritare la versione anime del romanzo. Non Keiichi Hara, noto in patria per le delicate rappresentazioni “che fanno piangere”… e mica un modo di dire, ma un dato di fatto. Dopo Colorful (2010), Il castello invisibile ha aggiunto un altro tassello al suo carnet di narratore e istigatore di emozioni per poter parlare degli effetti del bullismo e trasmettere qualcosa di positivo al pubblico.

Come in passato, il risultato gli è uscito talmente bene, raccontano le prime impressioni, da rendere alcuni personaggi del film più espressivi rispetto al libro (le animazioni sono di A1-Pictures). Ai suoi interpreti, Hara ha chiesto di non badare troppo al romanzo e di lasciare le emozioni personali davanti allo schermo cercando di replicare in maniera realistica i sentimenti e le debolezze dei personaggi.

Quasi tutti poco più adulti rispetto alle controparti animate, attori come Ami Toma (Kokoro) e Shingo Fujimori (Ita-sensei) sono partiti con il vantaggio di conoscere già il romanzo, amato per la schiettezza dei temi e la bravura della scrittrice, e per tale ragione intimoriti dalle enormi aspettative maturate tra i fan in Giappone.

Come spesso accade da quelle parti, la promozione è partita con più di un mese d’anticipo rispetto all’uscita in sala il 23 dicembre per Shochiku, coinvolgendo le scuole medie del Paese con invito a decorare le classi alla maniera del libro. In palio c’era l’anteprima del film, tenutasi lo scorso 24 novembre presso l’istituto vincitore, l’Omori Gakuen di Tokyo, alla presenza del regista e, a sorpresa, degli attori Ami Toma e Takumi Kitamura (Lion nel film) immediatamente bersagliati dalle domande dei presenti.

*La versione originale di questo articolo è disponibile sul mensile Fumo di China 327, ora in edicola, fumetteria e online.

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