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Graphic Novel"La mia vita postuma", i cadaveri eccellenti di Hubert e Zanzim

“La mia vita postuma”, i cadaveri eccellenti di Hubert e Zanzim

la mia vita postuma

Nei tre anni che ci hanno separato dalla prematura scomparsa di Hubert Boulard – sceneggiatore francese tra i più versatili della sua generazione, – abbiamo avuto modo di conoscere un po’ meglio il suo stile e la sua poetica grazie a Bao Publishing. La casa editrice milanese, dopo il pluripremiato Pelle d’uomo (realizzato da Hubert su disegni di Zanzim e ambientato nei primi anni del Rinascimento) ha infatti tradotto alcune sue opere antecedenti, come La vergine del bordello (illustrato dai Kerascoët) e un nuovo capitolo della saga fantasy Gli orchi-dei (disegni di Bertrand Gatignol).

La mia vita postuma (pubblicato originariamente in due volumi tra il 2012 e il 2013, sempre per i disegni di Zanzim) si inserisce coerentemente in questo percorso di riscoperta, certificando due elementi essenziali della produzione dell’autore: la precisione assoluta del congegno narrativo e la capacità di accarezzare i temi più scomodi senza scadere nella retorica.

Fin dal titolo si può intuire che La mia vita postuma è un racconto in prima persona. La voce narrante che ci introduce alle vicende è quella di Emma Doucet, una vedova anziana dal carattere ribelle che dopo la scomparsa del marito Pierre rinuncia a ogni forma di piacere, in attesa che giunga finalmente la sua ora. Finché un giorno non si rende conto, un po’ per caso, che quell’ora dovrebbe essere arrivata già da tempo: qualcuno deve averla ferita a morte, ma le sue funzioni vitali non risultano affatto compromesse.

Hubert si dimostra abile fin da queste risicate premesse, che sembra tradire fin dalle prime tavole, facendo passare in secondo piano il tentato omicidio e dando la precedenza all’interiorità dei personaggi e al loro passato, scandito tramite opportuni flashback. Per molte pagine si resta piacevolmente interdetti di fronte al clima di apparente normalità che si stabilisce nella (non) vita di Emma. Semplicemente glissando sulla canonicità del cliché più tipico delle storie di zombi, Hubert riesce a dirci dell’atarassia in cui la donna versava già da molti anni, facendoci capire che non ci sono stati davvero un “prima” e un “dopo” quella macabra epifania. La morte naturale non diventa un’occasione di rinnovamento, come in tanta narrativa di genere, ma un semplice specchio della propria morte interiore.

Allo sceneggiatore francese interessano però soprattutto i personaggi, con una netta preferenza per quelli femminili. Oltre alla protagonista, che per intransigenza e sfrontatezza sembra portare alle estreme conseguenze le tensioni che animeranno la giovane Bianca di Pelle d’uomo, trovano spazio donne di tutti i tipi: miti e ingenue ma in fondo di buon cuore, come la domestica Annie; opportuniste e fallite, come la nipote di Emma; eternamente svampite, come l’amica/rivale Lina.

Le uniche due figure maschili di rilievo (il marito Pierre e il misterioso assassino) risultano invece più monolitiche, pur senza compromettere la narrazione. Quando il racconto svolta prevedibilmente dalle loro parti, Hubert prende in controtempo il lettore e adotta repentinamente il loro punto di vista, anche attraverso una voce narrante giustificata e per nulla invasiva.

la mia vita postuma

La storia si sgonfia un po’ nella seconda parte, quando comincia ad accumulare gag inizialmente poco utili e fuori fuoco, poi via via più mirate. Diventa sempre più inevitabile un paragone con La morte ti fa bella, film cult di Robert Zemeckis in cui i personaggi interpretati da Meryl Streep e Goldie Hawn stringono un patto col diavolo pur di non rinunciare alla propria bellezza, diventando sostanzialmente immortali ma senza godere di una vita all’altezza delle aspettative.

Pur non essendo una satira dello star system hollywoodiano, La mia vita postuma strizza l’occhio a quella iconografia per parlare d’altro: principalmente di amore – dato che al centro di tutto c’è la storia di una coppia divisa eppure mai spezzata – ma anche di speculazioni edilizie, di abuso di potere e di devianza (la caccia alle streghe che si scatena quando si scopre che c’è un morto vivente in città).

A quella particolare iconografia rimandano anche i disegni di Zanzim, efficaci nel far sembrare pieni di vita cadaveri marcescenti, e soprattutto i colori dello stesso Hubert, che oltre a dettare la suddivisione temporale del racconto prestano molta attenzione al corrente stato emotivo dei personaggi. Il colorito dei non-morti, per esempio, che pur essendo generalmente verdognolo può virare sull’ocra o sul sabbia a seconda dell’effetto desiderato, è un’ulteriore conferma della ricerca della perfezione quasi ossessiva da parte del fumettista francese.

Pur non essendo il suo lavoro migliore, La mia vita postuma è l’ennesima opera matura di un autore che, limitandoci a quanto è arrivato finora in Italia, sembrava non conoscere il significato dell’espressione “passo falso”. «Promettimi che morirai dopo di me», intima a un certo punto una giovane Emma al marito Pierre. «Ti prometto che veglierò su di te, qualunque cosa accada.» «E se muori?» «Beh, in tal caso vedrò cosa posso fare.» Il paradosso vita/morte vale anche per Hubert, che pur essendo scomparso già da tempo continua a riservare piacevoli sorprese ai suoi lettori italiani.

La mia vita postuma
di Hubert Boulard e Zanzim
traduzione di Francesco Savino

Bao Publishing, febbraio 2023
cartonato, 112 pp., colore
23,00 € (acquista online)

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