
Scrittrice di romanzi e sceneggiatrice di fumetti, Barbara Baraldi è stata da pochi giorni nominata da Sergio Bonelli Editore nuova curatrice di Dylan Dog al posto di Roberto Recchioni, che ha ricoperto il ruolo negli ultimi 10 anni. Un incarico da «fare tremare i polsi», come ha affermato lei stessa al momento dell’annuncio.
D’altra parte, Dylan Dog è uno dei personaggi a fumetti più noti e venduti in Italia, ha un pubblico affezionato e caloroso e un creatore come Tiziano Sclavi ancora molto desideroso di far sentire la propria voce e le proprie indicazioni. È stato proprio quest’ultimo a volere un nuovo cambiamento per il personaggio: un vero e proprio ritorno alle origini, con meno continuity fra le storie e più centralità per comprimari storici come Groucho e l’ispettore Bloch, senza però rinunciare a una sensibilità più contemporanea.
Per gestire questa nuova era di Dylan Dog – inaugurata idealmente con una trilogia di storie pubblicate fra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 – Sclavi e Sergio Bonelli Editore hanno così scelto proprio Barbara Baraldi, già sceneggiatrice del personaggio dal 2012. Ma cosa possiamo aspettarci da questo suo vecchio, nuovo Dylan Dog? Noi di Fumettologica l’abbiamo raggiunta per farcelo raccontare da lei stessa.
Come sarà il tuo Dylan Dog, innanzitutto?
Farà paura. Lascerà spiazzati. Qualche volta, farà sorridere. Insomma, susciterà delle emozioni. Sarà radicato nell’onirico, esplorerà l’inconscio e il rimosso. Una volta terminata la lettura, vorrei che lasciasse domande piuttosto che risposte.
Quali sono le tue storie di riferimento di Dylan Dog, gli episodi che consideri “fondativi”?
Il primo è Memorie dall’invisibile. È uno dei primi albi che ho letto e lo rileggo regolarmente. Perfetto sotto ogni punto di vista perché sintesi della poetica di uno dei più grandi autori della letteratura contemporanea. E i grandi autori non vanno imitati, ma dobbiamo fare tesoro della loro lezione. E poi Il ritorno del mostro, Storia di nessuno, Dopo Mezzanotte, Attraverso lo specchio e Terrore dall’infinito. Un albo che amo particolarmente è Il volo dello struzzo, feroce, delicatissimo e spiazzante.
Tra i temi “forti” dei tuoi romanzi, quali ritieni che possano trovare spazio in Dylan Dog?
Sin dal mio esordio in narrativa mi sono distinta per le atmosfere gotiche, la crudeltà di certe scene e per la cosiddetta “estetizzazione dell’omicidio” che deriva dalla mia formazione cinematografica: il primo Argento, Bava, Fulci, modelli tuttora imitati e mai superati. Uno dei temi a me più cari è il passato che non dimentica, anche quando noi cerchiamo di dimenticarlo. E poi l’oscurità della mente, l’eziologia delle ossessioni. Ma anche la ricerca di redenzione tramite l’accettazione di sé e delle proprie debolezze. L’imperfezione che ci rende unici e… perfetti.
Qual è allora il tipo di horror e di orrori con cui il personaggio avrà a che fare nella tua gestione? Sono cambiati molto da quelli delle storie classiche di Tiziano Sclavi?
Siamo umani, e le sovrastrutture tecnologiche non hanno cambiato la nostra natura. Anche per questo le storie di Tiziano sono lette (e rilette) così tanto: sono senza tempo, raccontano di incubi in cui possiamo riconoscerci ancora oggi. Smartphone e auto elettriche non hanno colmato il vuoto esistenziale che ci affligge.
Siamo convinti di essere “social” eppure negli ultimi anni abbiamo assistito a un rapido disgregamento delle relazioni sociali. La contemporaneità ci ha trascinati in un territorio ricco di nuove inquietudini, che vorrei esplorare insieme allo staff di autori, che siano nuovi o già al lavoro sulla testata.
Come ti rapporti con Sclavi? Ti offre spunti o idee o magari mette paletti che non si possono oltrepassare?
Ci confrontiamo regolarmente per ragionare sui punti di forza (e di debolezza) di ogni soggetto, ed è un dialogo incredibilmente stimolante. Offre opinioni e spunti di riflessione da un punto di vista sempre inaspettato. Del resto, c’è tanta voglia di battere nuove strade, di conoscere nuovi personaggi e sperimentare nuovi modi di raccontare le storie. Insomma, per citare Groucho: «Se trovi un bivio, prendilo». L’unico imperativo è che Dylan sia Dylan… qualunque cosa significhi.
Qual è stata la prima idea che hai avuto per Dylan Dog quando ti hanno affidato l’incarico?
Una serie di albi tematici che vedrà la luce già nell’autunno di quest’anno. Mi sono messa al lavoro immediatamente con uno staff di sceneggiatori e disegnatori per tre storie autoconclusive molto diverse, ma costruite intorno a una tematica comune, e che costituirà, inevitabilmente, una sorta di dichiarazione di intenti per quello che verrà.
Che tipo di editor sarai? La tua “voce” di scrittrice e sceneggiatrice influenzerà quella degli altri autori dello staff o lascerai massima libertà?
Un valore aggiunto, e uno dei punti di forza della serie, è proprio la polifonia di voci che continueranno ad alternarsi sulle sue pagine, naturalmente nel rispetto dell’identità del personaggio, dei suoi tratti caratteriali e del microcosmo di relazioni come è stato creato da Tiziano.
Detto questo, ci tengo che ogni autore si senta libero di interpretare Dylan secondo la sua sensibilità. Non sarò un’istitutrice con la matita rossa: ho la fortuna di lavorare con autori eccezionali, alcuni dei quali hanno scritto storie memorabili, e desidero che si sentano liberi di esprimere la propria voce.
Il mio principale intervento sarà in fase di pre-produzione, confrontandomi con gli sceneggiatori su come sfruttare al massimo le potenzialità di ogni storia. Questo non significa che io voglia che stiano comodi. Anzi, Dylan ha bisogno di autori che lavorino al di fuori della propria comfort-zone. Voglio essere stupita. Voglio provare un brivido già a partire dal soggetto.
Sul piano grafico, Dylan Dog è certamente una serie che ha “spinto” molto verso la diversità e persino l’eccentricità stilistica, sia nella serie regolare che nella collana Color Fest. Hai intenzione di coinvolgere nuovi disegnatori o di proporre qualche cambio di passo estetico?
Roberto ha fatto un lavoro stupendo sulla ricerca di talenti. Ci saranno riconferme, spero qualche ritorno “storico” che da tempo manca nella testata, ma continuerò a cercare artisti che sappiano trasmettere un’emozione con un segno. Continuerò a spronare i disegnatori a dare il massimo, a livello stilistico, di leggibilità, e a livello coreografico. Mi importa che ogni albo in edicola lasci una traccia anche dal punto di vista grafico.
A proposito di Recchioni, lui da curatore era molto presente sui social e nel rapporto con i lettori, almeno nei primi anni. Come ti gestirai invece tu, considerando che in passato hai dichiarato di non sentirti molto a tuo agio sui social? Come sarà il tuo rapporto con i lettori?
Ho un rapporto conflittuale con la tecnologia e cerco di usarla nel modo più funzionale possibile. Sono una persona molto riservata, eppure posso considerarmi una pioniera dei social, dato che sono presente fin dai tempi di Myspace. Fin dal mio esordio li ho sempre utilizzati per lavoro, per rimanere in contatto con i lettori. Quello che mi preme è instaurare un rapporto di fiducia con i lettori per stabilire un dialogo propositivo, di critica costruttiva a reciproco beneficio.
La notorietà di Dylan Dog ha un potenziale forse ancora inespresso sui social. Hai progetti su questo fronte?
Sì. Stiamo già discutendo alcune idee innovative, soprattutto per una testata a fumetti, anche se ci vorrà qualche tempo prima di metterle in pratica.
Da quando inizieremo a vedere le tue idee per il personaggio?
Da fine ottobre con le tre storie tematiche di cui ti parlavo. Teniamo le dita incrociate per i tempi di lavorazione, che sono stati inevitabilmente accelerati. L’entusiasmo dello staff coinvolto è grande, stanno dando tutti davvero il massimo.
Gestirai tutte le testate del personaggio? Ed eventualmente hai in mente un piano di rilancio per quelle secondarie, così come fece Recchioni dieci anni fa?
Mi occuperò di tutte le testate a eccezione dell’OldBoy, che rimane saldamente nelle mani di Franco Busatta, che sta facendo un lavoro strepitoso anche a livello di sperimentazione. Il Color Fest mi piace com’è e rimarrà quel temerario contenitore di sperimentazione, nel senso migliore del termine, che i lettori hanno imparato ad amare.
Lo Speciale continuerà a ospitare parole e visioni di una delle punte di diamante della SBE: Alessandro Bilotta. Già dall’anno prossimo, ci sarà una novità per il “bis” che esce in estate. Confido di annunciarla quando i tempi saranno maturi. Ci sarà un rilancio a livello di programmazione, per proporre ogni mese le migliori storie possibili.
Come gestirai invece la tua attività di scrittrice e sceneggiatrice? Continuerai a scrivere storie per il personaggio con la stessa frequenza degli ultimi anni?
Assumendo questo impegno, ho deciso di dedicarmi unicamente a Dylan per un buon periodo di tempo. Ho messo temporaneamente in pausa la mia attività di scrittrice di romanzi per mantenere, parallelamente all’attività di curatrice, anche quella di sceneggiatrice.
Ti è stato affidato un progetto “a termine” oppure non avete ancora parlato della conclusione dell’incarico?
Un po’ presto parlare del termine, dato che ho appena cominciato. (ride)
Leggi anche: Chi è Barbara Baraldi, la nuova curatrice di Dylan Dog
Entra nel canale Telegram di Fumettologica, clicca qui. O seguici su Instagram, Facebook e Twitter.