
Sul web serpeggia un po’ di insoddisfazione. I film dei supereroi – che stanno definendo questa prima parte del cinema del Ventunesimo secolo – si stanno arenando. Non vanno da nessuna parte. Non si parla tanto degli eroi di DC Comics, che fin dal principio hanno mostrato di essere profondamente discontinui: un Superman fisicamente perfetto, una Wonder Woman ancora meglio, un discreto Aquaman e un passabile Batman (Quale?, direte voi. Dipende, rispondiamo noi), il tutto condito da colori desaturati, toni cupissimi, trame dissonanti e pure scordate. No, si parla soprattutto di Marvel.
Se ci pensate, erano partiti alla grande. Ci avevano regalato una partenza con il botto grazie a Iron Man e un crescendo che aveva costruito subito una serie di ostacoli che costringevano sceneggiatori, registi e attori a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Effetti speciali sempre più riusciti, personaggi sempre più incasinati, storie sempre più ricche e incattivite. Con un crescendo spettacolare.
Voglio dire, alla fine non è uno spoiler dire che abbiamo visto degli dèi morire, un conflitto tra buoni che ha lasciato tanti con l’amaro in bocca (Civil War), un cattivo che ha letteralmente fatto fuori metà della vita dell’universo con lo schiocco delle dita (Thanos), la morte di un buono come neanche George R.R. Martin aveva saputo fare (Iron Man) e pure quella di un attore fantastico (Chadwick Boseman) che aveva appena aperto una nuova, strabiliante porta culturale nel mondo dei comics sul video (Black Panther). Più alcuni punti bassi (ci sta) e altri decisamente più alti. E poi?
Poi siamo arrivati in una nuova fase, dopo questo crescendo che diventa un acuto che diventa un crescendo e viene sostenuto con un altro acuto e via dicendo. Siamo arrivati in una nuova fase dove, dicevo, non c’è più niente da dire. Cosa metti dopo la morte di Iron Man? E quella di Black Panter? E dopo l’invasione aliena che ha devastato mezzo mondo? Un Celestiale che quasi esce dalla Terra, sfondando il pianeta? Dopo Thanos? Quale cattivo vuoi tirare fuori che sia altrettanto potente, cinematografico, spaventoso e costruito un film dopo l’altro, in maniera trasversale?
La risposta è semplice: cambi schema. Anziché un titanico viaggio dell’eroe, con il conflitto finale che porta alla fine della civiltà oppure alla vittoria, si cambia passo e si parte nella modalità esplorativa. Le trame diventano minimaliste, personali, quasi allucinate. Si cambia schema, insomma, e si comincia a fare flanella attorno a nuovi e vecchi eroi. Se volete fare un paragone, è come essere passati da una prima parte dei film Marvel costruiti come se fossero un videogioco a livelli, uno più tosto degli altri, con dei boss uno più cattivo dell’altro, a un gioco “open world”, in cui lo spettatore è libero di indugiare, andare un po’ di qua e un po’ di là. Cercare il godimento nelle piccole cose.
Ecco perché, secondo me, la risposta intelligente – ma forse insufficiente dei Marvel Studios, anche loro in corso di ristrutturazione perché devono rimettere a posto un po’ di fuoriuscite di attori, contratti scaduti, archi narrativi esauriti, incroci e multiversi vari – è quella di buttarla sul minimalismo. Anzi, sul piccolissimo.
Avventure ai margini della grande storia che riguarda tutto l’universo. Certo, i rischi di catastrofe globale ci sono sempre, ma adesso non si gioca più nel campo centrale dello stadio, bensì nei campetti del centro sportivo, quelli un po’ defilati. Angelina Jolie forse non lo sapeva, quando ha firmato, che avrebbe fatto da tappezzeria, in una storia che non serve vedere per portare avanti il Grande Universo Narrativo della Marvel ma che, nonostante questo, può essere interessante per l’approfondimento dei caratteri dei personaggi e per mostrare qualche ulteriore miglioramento incrementale nella tecnologia degli effetti speciali.
C’è un momento in cui si capisce che c’è qualche difficoltà a processare le storie come un tutt’uno, ed è quello in cui non si capisce chi diavolo sia il supereroe di turno sullo schermo (anche perché il trattamento cinematografico lo cambia anche rispetto ai personaggi più volte resettati nei fumetti) e alla fine rimane il dubbio: ma questo era un film Marvel o DC?
Ecco, forse la strategia esplorativa da “open world” dei Marvel Studios serve anche a questo: acchiappare gli ultimi spettatori DC storditi dalla mancanza di senso comune dei loro film ed eroi preferiti, come un qualunque operatore telefonico fa con offerte riservate agli utenti delle aziende concorrenti, per acchiappare qualche abbonato in più. Risse davanti ai cestini dell’immondizia dell’industria culturale, certamente, ma è quel che ci passa il convento in questa fase. E ci tocca tenercela ancora per un annetto, temo.
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Antonio Dini, giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. La sua newsletter si intitola: Mostly Weekly.
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