
Pastoraccia, autore bolognese al debutto con Canicola Edizioni, ha scelto di ambientare il suo Quasi nessuno ha riso ad alta voce nelle terre umide della Romagna, dove nelle prime battute del racconto viene rinvenuto il cadavere di una giovane donna. Attraverso una raggelante sequenza iniziale, Pastoraccia sembra immancabilmente citare la Laura Palmer di Twin Peaks: un primissimo piano sulla vittima e poi però un ribaltamento di scenario, composto infatti di una natura povera e spoglia, che rivela invece di nascondere.
La rivelazione della morte arriva presto anche al protagonista della storia, un giovane uomo che scopre di avere una sorella che non conosceva, cioè la donna deceduta, appunto. La sua è una reazione disarmata, è la sorpresa immobile di un uomo che sembra aver già abbandonato ogni emozione. Va comunque incontro alla sorella, se ne prende carico, anche se, dice, «non ne sento la necessità». E in questo suo vagare, interiore oltre che in luoghi veri e propri, il lettore lo accompagna in un’inquietudine degna degli inetti del romanzo italiano di primo Novecento, quelli dei romanzi di Italo Svevo, Federigo Tozzi o Luigi Pirandello.

La donna appare chiaramente vittima di un crimine, ma il racconto non sembra volersi soffermare sul mistero del suo delitto, indugiando bensì ampiamente sul singolare dramma personale che travolge in silenzioso il protagonista. Il mistero sta in come ella fosse esistita fino a quel momento avvolta nell’oblio, non come ella sia scomparsa dal mondo dei vivi. «Proprio ora che stavi recuperando una certa pace, il mondo è venuto a bussare alla tua porta», dicono al protagonista.
Il segno di Pastoraccia è gelido e sottile, trema timidamente come l’animo del suo protagonista. Gli ambienti sono stranianti, surreali al limite del metafisico, con rimandi finanche alla fotografia di Luigi Ghirri. Se il suo è un dichiarato amore-odio per la provincia del nord-ovest, qui siamo ben distanti da suoi coevi che di recente nel fumetto si sono dedicati ad ambientazioni simili (ma più a nord), come Eliana Albertini (Malibu, Anche le cose hanno bisogno) o Miguel Vila (Padovaland, Fiordilatte).

Pastoraccia è forse invece più allineato alla poetica metafisica e oscura di Maurizio Lacavalla (Due attese) o, per tornare più indietro nel tempo, sia dal punto di vista grafico che narrativo un modello per Pastoraccia sembra essere Giacomo Monti, uno dei primi autori prodotti da Canicola (che con i suoi racconti di Nessuno mi farà del male ha ispirato il film L’ultimo terrestre di Gipi).
Quasi nessuno ha riso ad alta voce è un lavoro audace, sfrontato nella sua noncuranza verso una gradevolezza estetica, che rifiuta l’aspirazione al bello al fine di rispecchiare fedelmente l’animo contorto dei suoi personaggi. È la fotografia di un dramma personale difficile da delineare, la messa in scena disturbante del momento in cui la morte interrompe il quieto andamento di una vita il cui fluire è soffocato e ovattato nell’inedia.
Quasi nessuno ha riso ad alta voce
di Pastoraccia
Canicola, ottobre 2022
brossurato, 144 pp., b/n
(acquista online)
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