Di seguito proponiamo un estratto in esclusiva da Colpo d’osceno, il nuovo libro di Davide Barzi (sceneggiatore e storico del fumetto) dedicato ai fumetti horror-erotici italiani, pubblicato da Cut-Up Publishing. Il volume è distribuito in libreria dal 16 giugno ed è acquistabile online qui.

Dammi tre parole, fiaba, sesso, orrore.
Nel tentativo di storicizzare una parte della produzione fumettistica spesso poco considerata, valutata qualche volta con scherno quando non con raccapriccio, ci sia consentita la rielaborazione del ritornello di una canzonetta per definire gli elementi cardine della produzione del disegnatore Leone Frollo tra gli anni Settanta e i Novanta.
Leone Frollo, il disegnatore di Yra, nasce a Venezia il 9 aprile del 1931. Non ancora maggiorenne, ancora studente ma già molto talentuoso, alla fine degli anni Quaranta esordisce sul periodico Risveglio con la storia a fumetti western dal titolo Sui grandi laghi. La testata contenitore di fresca fondazione è curata dal maestro elementare Benvenuto Da Ros; il sottotitolo, che strappa un sorriso pensando al futuro da maestro dell’erotismo del giovane Frollo, è “giornalino della scuola”; la distribuzione avviene nelle scuole della provincia di Venezia.
Per quanto locale, la rivista ha una capacità di scouting non da poco, visto che oltre a Frollo vi esordisce Sergio Asteriti (il quale realizza il logo della testata, le illustrazioni interne e due tavole a fumetti intitolate I bucanieri), studente di pubblicità alla Scuola di Magistero d’Arte, di un anno più “vecchio” di Frollo e destinato a lavorare per oltre mezzo secolo su Topolino.
Nello stesso periodo esordisce un’altra testata veneta per lo stesso target, il quindicinale Corriere dello Scolaro di Treviso, con un singolare piano di uscite: la rivista viene infatti pubblicata soltanto durante l’anno scolastico, da novembre a giugno, a evidenziare la volontà di affiancamento alla didattica per i giovani alunni. Nel 1953 Frollo inizia a lavorare per il periodico grazie a un altro disegnatore veneziano, Giorgio Bellavitis. Tra quelle pagine ritrova Asteriti, oltre a incrociare una serie di disegnatori che faranno la storia del fumetto nei decenni a venire, da Carlo Boscarato a Ferdinando Tacconi sino a Lino Landolfi.

La vedova nera
Negli anni Cinquanta, la Amalgamated Press, poi Fleetway Publications, per i propri fumetti di guerra e novelle romantiche commissiona il lavoro ad alcuni studi esterni, non solo inglesi ma anche esteri, soprattutto spagnoli, sudamericani e italiani. È in questo contesto che Frollo passa d’improvviso dal local al global grazie alla collaborazione con lo studio di Rinaldo D’Ami, disegnando tra gli altri Battler Britton, personaggio creato nel 1956 da Mike Butterworth e Geoff Campion a cui “prestano la matita” in quegli anni anche – tra gli altri – Gianluigi Coppola, Hugo Pratt e Francisco Solano Lopéz.
Nel 1958, intanto, Frollo si laurea in architettura. Nel decennio seguente collabora per un breve periodo al Corriere dei Piccoli, per il quale realizza la storia Guerra agli invisibili. Nel frattempo cresce il successo del maggiore della US Space Force Perry Rhodan, personaggio della letteratura fantascientifica tedesca nato nel 1961 dalla penna di Walter Ernsting e Karl-Herbert Scheer, che dal 1968 diventa anche una serie a fumetti per i testi di Dirk Hess e i disegni di uno staff variabile, al quale partecipa anche Frollo. Nel 1966 realizza il personaggio Melody John per la casa editrice S.E.P.I.M., ma è a cavallo del nuovo decennio che avviene la svolta determinante per gli sviluppi del percorso del disegnatore. Da un lato fa il suo esordio sul mercato italiano la Naka, società di Marcel Navarro e Giorgio Casarotti, la quale propone quasi in contemporanea materiale che nel frattempo esce in Francia per le Éditions Lug di Navarro.
Tra queste testate, quelle a cui collabora Frollo sono Bob Lance ma soprattutto Wampus, nella quale pubblica la serie La vedova nera (che niente ha a che fare con la Black Widow ideata per la Marvel nel 1964 da Stan Lee, Don Rico e Don Heck). Wampus, il titolare di testata, è un malvagio mostro alieno protagonista di storie fantascientifiche con venature horror dai contenuti ritenuti forti per l’epoca, tanto che in Francia viene interrotta dopo sei numeri a causa della censura. E forse questo è un segnale della svolta che sta per prendere la carriera di Frollo…

La portatrice di luce
“I cattivi artisti copiano, i geni rubano”. Non v’è certezza della fonte, ma si usa attribuire questa frase a Pablo Picasso. Se così davvero fosse, potrebbe trattarsi di una sorta di elisir di lunga vita, visto che nei primi anni Settanta il pittore e scultore spagnolo nato nel 1881 è ancora vivo e operativo: “Visage” e “Donna sul divano” sono del 1970, l’anno in cui Frollo esordisce alla Edifumetto cone alcune storie libere per Terror, Picasso morirà tre anni dopo alla bella età di novantuno anni.
Barbieri e Cavedon hanno il fiuto per capire cosa può funzionare e adattarlo in forma di fumetto seriale. Copiano? Rubano? Prendono spunto? Di certo si rifanno a prototipi, salvo poi – come non di rado succede con la serialità – allontanarsene in maniera graduale per arrivare a un’autonomia quasi totale.
Così Goldrake, il loro esordio assoluto in edicola in qualità di editori nel 1966, tiene ben presente il successo che nei precedenti quattro anni hanno avuto i primi quattro film del “canone” dedicati al personaggio di James Bond e interpretati da Sean Connery (Dr. No, From Russia with Love, Goldfinger, Thunderball), salvo comunque mantenersi in ambito spionistico per qualche numero per poi spostarsi nel più variegato mondo del noir (con l’ovvia, inizialmente delicata, spruzzata di erotismo).
Isabella, primo loro personaggio femminile, deve certo più di qualcosa alla fortunata serie di film francesi, anch’essi prodotti a ritmo sostenuto, dedicati al character letterario di Angelica (tre film tra il 1964 e il 1965: Angélique, Marquise des Anges, Merveilleuse Angélique, Angélique et le Roy). Con la seconda protagonista di testata il riferimento è un personaggio storico, Messalina, per come raccontata da Tacito e Svetonio, ma con un margine di reinvenzione pressoché illimitato. Cap guarda al fenomeno beat e alla serie a fumetti Teddy Bob, ma è un’anomalia che dura undici numeri salvo poi trasformarsi in Belfagor l’arcidiavolo sulla scorta dell’omonima novella di Niccolò Machiavelli. Al Capone, “un’inedita, sconcertante biografia del più spietato gangster di tutti i tempi”, rimanda nel sottotitolo anche a Gangster Story, denominazione italiana del film di Arthur Penn Bonnie and Clyde; a questa segue Bonnie, con uguale sottotitolo e rimando: “L’eroina di Gangster Story, il pericolo pubblico numero uno degli anni Trenta”; Jungla è una tarzanide, proposta nel momento in cui le Edizioni Cenisio rilanciano in edicola il personaggio di Edgar Rice Burroughs.
Si prosegue tra riferimenti cinematografici, letterari e storici sino a Lucifera, che scompagina i modelli ispirandosi a un mito, quello del dottor Faust, che nella sua incessante ricerca di conoscenze avanzate o proibite si trova a evocare il diavolo. Mefistofele serve il dottore, per ventiquattro anni, gli offre la conoscenza assoluta. Il prezzo per il servizio è quello abituale che il demonio richiede ai suoi clienti: l’anima.

Se son Rosen
La storia di quello che in origine è denominato Doktor Faust o Doktor Faustus arriva da un racconto popolare tedesco, poi usato come base per diverse opere di fantasia, tra cui ricordiamo The Tragical History of Doctor Faustus di Christopher Marlowe e Faust di Johann Wolfgang von Goethe. Fedele all’origine geografica, la vicenda del primo albo a fumetti, Le fiamme dell’inferno, ideata da Cavedon, ha inizio nel ducato di Rosen, in alta Turingia. E siamo nel Medioevo, anche questo riferimento storico accurato, tenendo conto che i due personaggi realmente esistiti che potrebbero aver fatto da base per il personaggio immaginario “fissato” da Marlowe nel 1590 circa hanno vissuto nel sedicesimo secolo.
L’incipit non arriva subito ai personaggi principali, ma serve, come da teorie narratologiche applicate, a dare al lettore il gusto della vicenda. Altrove i tascabili erotici faranno ampio uso dell’ironia per stemperare le vicende narrate, lo farà Peter Paper scritto da Pippo Franco già nel 1972 e così Biancaneve, per rimanere invece nella produzione di Frollo.
Lucifera invece ha una partenza molto drammatica, in cui la bionda e casta Hanna, serva del dottor Faust, perde la verginità a causa di un atto di violenza nel tragitto per arrivare a casa del suo padrone, definito con maggiore precisione “dottor Faust Sonder, uno studioso apprezzato in tutto il mondo. Il suo sapere spazia dalla medicina all’alchimia, dalla matematica alla stregoneria, dalla astronomia alla astrologia”. Hanna si impicca nella cantina dell’abitazione, ed è quello che i manuali di sceneggiatura chiamano “incidente scatenante”; il dottore, a seguito di questa insostenibile visione, fa infatti una solenne promessa: “Il male continua ad allignare tra gli uomini… Lo giuro su questa Bibbia: scoprirò il filtro del bene e dall’animo umano sarà cancellata ogni cattiveria. Purtroppo la morte potrebbe rapirmi prima che la mia opera giunga a compimento… La vecchiaia mi ruba energia… Oh, se avessi mezzo secolo a disposizione! Un patto col diavolo! La salvezza dell’umanità in cambio della mia anima…”.

Copertina di “Lucifera” 8, realizzata dallo Studio Rosi
Eva Kant e Satana
Faust si rivolge all’orrenda Darvulia, “amica di Satana”, e in cambio di un sacchetto di monete d’oro le chiede di fare da tramite tra lui e il principe del male. E così Satana appare, bello e nudo, prontamente munito di pergamena da firmare con il sangue.
Dopo i convenevoli burocratico-demoniaci, la notte passa e l’indomani mattina Faust si ritrova giovane, piacente e desiderabile. È a questo punto che, attorno alla metà del primo albo, entra in gioco Lucifera, a cui Satana chiede di educare Faust “a gustare le dolcezze terrene perché trascuri il filtro”. La prediletta del demonio giunge quindi sulla Terra, trasformata in donna (perdendo quindi corna e ali) e si presenta con il sostitutivo e assonante nome di Lucya alla magione di Faust come vicaria di Hanna. “Non la mano del destino, ma quelle distinte del bene e del male” portano nel contempo nella vita di Faust anche la bionda Margherita Blumenthal. La scelta tra il chiaro e l’oscuro diverrà l’amletico dubbio del resto dell’esistenza del dottore. Lucya/Lucifera è il desiderio carnale, Margherita l’anelito verso un rasserenante matrimonio.
Una curiosità metafumettistica: pare che le fattezze della protagonista di testata siano state in parte mutuate da quelle dell’attrice di origini austriache Marisa Mell, che due anni prima ha vestito al cinema i panni di un’icona del fumetto, Eva Kant, nel film Diabolik di Mario Bava.
Romanzo d’appendice
A differenza di quanto visto in Terror, i primi albi di Lucifera lavorano più sull’atmosfera che sullo splatter. Il tema demoniaco, già trattato sia in Belfagor sia in diversi racconti di Terror e Oltretomba, è qui virato in salsa feuilleton, dove i continui colpi di scena tengono viva l’attenzione; hanno invece un peso ancora molto relativo le descrizioni degli atti sessuali, che negli anni diventeranno ampi passaggi obbligati, spesso a discapito di un adeguato sviluppo della trama.
Insomma, c’è tanto dell’approccio primigenio di Isabella nel narrare, un piacere costante nell’approfondire le relazioni tra i personaggi, l’inserimento di nuovi protagonisti che muovono il racconto, una trama orizzontale che fidelizza il lettore. Tanto è vero che, seppure il ciclo fondativo disegnato da Leone Frollo duri soltanto quindici numeri, la serie proseguirà per ben centosettanta albi (più supplementi e ristampe) sino all’agosto del 1980.
Ai testi si alterneranno a Cavedon Rubino Ventura (Giuseppe Pederiali), Furio Arrasich, Remo Pizzardi e Paolo Ghelardini. Per quanto riguarda i disegni, invece, il testimone viene dapprima passato a un altro veneziano, “discepolo” di Frollo, Tito Marchioro, che inizierà ad alternarsi ben presto ai disegnatori dello StudiOriga (Edoardo Morricone, Adriana Lobello, Manlio Truscia, Renzo Savil). Come già visto su altre testate, il nucleo tematico iniziale si va via via allargando e mutando, in questo caso integrando nel divertito helzapoppin’ narrativo sabba scatenati, mostri alati, bizantini, cavalieri teutonici, papi, pittori, draghi, crociati, licantropi e il Santo Graal.

Da Fellini a Lucifera
Di gran pregio le copertine: senza nulla togliere a quelle ottime dello Studio Rosi per i primi quarantasei albi della serie, un ulteriore salto viene fatto quando dal numero seguente e fino al termine della collana le redini vengono affidate ad Averardo Ciriello, nel dopoguerra erede di Gino Boccasile nella realizzazione di sensuali pin-up per le copertine di riviste come 7Sette, Otto e Otto volante, passato poi al Marc’Aurelio e alla Domenica del Corriere e per un paio di decenni cartellonista di grande fama per il cinema (sue, tra le altre le illustrazioni, quelle per Divorzio all’italiana e Il Casanova di Federico Fellini).
Il lavoro per la Ediperiodici segna il suo ritorno come inarrivabile disegnatore di figure femminili ammiccanti: tra le copertine per questa serie e quelle per Maghella realizza decine di illustrazioni di gran pregio. Per chi avesse la fortuna di riuscire a recuperarlo, si consiglia il volume di grande formato e dall’ottima stampa Lucifera – Cover Art della AG Press, pubblicato nel 2009, che raccoglie tutte le illustrazioni realizzate per le copertine della collana senza gli interventi della grafica editoriale.
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