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FocusIntervisteHurricane Ivan alle prese con un'ostinata sopravvivenza

Hurricane Ivan alle prese con un’ostinata sopravvivenza

di Ali Raffaele Matar

In molti ci hanno provato. Ma fare satira geniale come quella di Ivan Manuppelli, in arte Hurricane, è un’impresa di cui pochi possono vantarsi. Da anni protagonista della scena fumettistica underground, con una mole di riviste e autoproduzioni alle spalle, Hurricane è tra i rari prescelti in grado di restituire un’attenta visione del nostro presente costellato di paradossi, con il suo garbato black humour.

Le sue strisce scuotono gli animi con idee semplici ma brillanti: «Non hai un lavoro? Non hai soldi? Neanche quelli per comprare questo libro? Da oggi hai una grande opportunità: consegnati alle macellerie dello Stato! Perché vivere di stenti, quando puoi sfamare milioni di contribuenti?». Si apre così, rompendo la “quarta parete”, I Sopravvissuti di Hurricane, serializzato sulle pagine di Linus e stampato in monografico nel 2018 da Eris Edizioni. Sardonica e sagace, la serie, dietro a una grafica caricaturiale che rimanda alle animazioni anni novanta di Cartoon Network (i protagonisti Omino e Tacchino ricordano vagamente “Mucca e Pollo”), mette a nudo i meccanismi dello spietato sistema capitalista.

Un capitalismo patologico, che intrappola il mondo in una morsa così potente e routinaria da appannare gli occhi dei privilegiati, sempre più ciechi davanti ai martoriati del nostro tempo. Ma ad aprirci gli occhi, ci pensa Hurricane. In occasione della ripresa della serializzazione de I Sopravvissuti sulle pagine de Il Manifesto e della recente pubblicazione di Coccodrilli squisiti (24 Ore Cultura), abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.

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Per il tuo nuovo libro, Coccodrilli squisiti, che ha per sottotitolo “Generatore automatico di vite surrealiste”, hai sperimentato con la rilegatura del libro in modo del tutto diverso dalle altre opere realizzate finora. Come ti è venuto in mente di realizzare un volume così giocoso e interattivo?

Grazie a un sogno. Avevo un’idea completamente diversa in origine, ma a un mese dalla consegna non ero riuscito ancora a trovare la quadra e così, ossessionato com’ero dai Surrealisti in quel periodo di gestazione, ho finito anche per sognarli. Ricordo bene: ero in una libreria onirica e trovavo questo libro diviso in quattro strisce orizzontali, con le biografie di Dali, Mirò e altri personaggi che si potevano mischiare tra di loro. Era un libro con la copertina gialla, tutto illustrato. Si intitolava proprio “Coccodrilli Squisiti” e aveva la prefazione di Maurizio Nichetti.

Nel sogno dicevo: «Cazzo, ma questo libro dovevo farlo io! Era questa l’idea da seguire!». Risvegliarsi e scoprire che potevo farlo davvero mi ha reso felicissimo. Non mi era mai successa una cosa del genere, immaginarmi un libro in sogno così nitidamente. E così ho seguito quasi per filo e per segno quella suggestione onirica, prefazione di Nichetti compresa (che quando gliel’ho detto, era molto colpito da tutto ciò). Che poi, l’unica cosa che conoscevo un poco dei Surrealisti prima delle mie ricerche era proprio il gioco del Cadavere Squisito (cadavre exquis), con cui realizzai anche Puck Comic Party. Una delle mie tecniche preferite, che è anche alla base di questa interattività del libro.

Avevi già collaborato con lo stesso editore, 24 Ore Cultura, per Sinfonia infernale. Perché hai scelto di dedicare un’opera proprio a Hieronymus Bosch?

Mi è stata commissionata in occasione della mostra su Bosch a Palazzo Reale. Luigi F. Bona, direttore di Spazio Wow, ha insistito affinché fossi proprio io il fumettista a occuparsi del pittore fiammingo. E non finirò mai di ringraziarlo, perché Bosch è una delle mie più grandi ossessioni da quando l’ho visto per la prima volta… credo di conoscere ogni particolare di alcune sue opere, soprattutto le Tentazioni di S. Antonio e Il Giardino delle Delizie, le sue principali. Amo il suo modo di unire il macabro al satirico, di nascondere simbologie e riempire di dettagli ogni angolazione. E spesso, anche prima di disegnare Sinfonia infernale, ho rubato alcune sue suggestioni per le mie illustrazioni e storie, come per la serie Inferno domestico.

Credo anche che molti tra i miei fumettisti preferiti gli siano in parte debitori: Jacovitti e Tom Bunk su tutti. Mi interessava anche immaginare cosa avrebbe potuto disegnare Bosch oggi, per raccontare il contemporaneo: riders schiavizzati da Foodora al posto dei dannati all’inferno, palazzinari al posto dei lussuriosi. 

sinfonia infernale hurricane ivan fumetti intervista

Il 2022 è stato per te un anno propizio perché, oltre a Sinfonia infernale e a una mostra a Roma, ha visto la luce anche Salamoia Sunrise, una raccolta delle tue storie brevi uscite solo su rivista.

Si tratta soprattutto delle storie realizzate per Il Male di Vauro & Vincino, una rivista quasi all’avanguardia e purtroppo poco rivalutata. Era l’unico settimanale a fumetti in Italia, nel 2011-2012, e univa firme storiche come Vincino, Scozzari, Liberatore e Perini ad autori allora giovanissimi come me, Mp5, La Forgia, ma anche firme come Spataro, Ciaci El Kinder, Bicio Fabbri, Giacon.

Grazie a quella pubblicazione mi sono fatto le ossa: una storia a settimana, e riuscivo a pagarmici l’affitto! Vincino, poi, era un direttore straordinario, un illuminato che ti faceva voglia di disegnare sempre. Anzi, di “giocare”, come diceva lui. Il libro racchiude anche alcuni episodi brevi tratti da Frigidaire, altra rivista che mi è stata fondamentale, come il direttore Vincenzo Sparagna che è stato il primo a darmi fiducia editoriale. Lo ha editato In your Face Comix di Riccardo Rottaro, una delle mie realtà editoriali preferite, una specie di Last Gasp italiana.

Prima di finire su Il Manifesto, I Sopravvissuti uscivano su Linus. Non sarà stato certo difficile per te attingere idee per le tue gag in un contesto politico in cui si ciarla ossessivamente di “eliminare i poveri”, di impedire “a tutti i costi” gli sprechi (un ossimoro!) e di voler fermare la “fuga di cervelli”. E la fuga dei Sopravvissuti da Linus? Anche questa è colpa della mala politica censoria o semplicemente Igort, l’attuale direttore di Linus, ha reputato troppo all’avanguardia le tue strisce?

Non c’è stata alcuna censura da parte di Igort, solo divergenze editoriali profonde. Anzi, ero tra i pochi autori che lui avrebbe mantenuto ma il problema è che il mio rapporto con la rivista era bipolare: ero sia autore che, di fatto, il caporedattore della sezione fumetti. E credo di aver svolto un bel lavoro con la direzione di Pietro Galeotti, perché assieme (e con Ivan Carozzi) abbiamo introdotto su Linus nuove serie a fumetti (non avveniva da anni) e autori incredibili: Bruno Bozzetto, Francesca Ghermandi, Luigi Serafini, Paolo Bacilieri, Lorenzo Mò, Fabio Tonetto, Maicol&Mirco, Jesse Jacobs, Atak, Miguel Angel Martin, Sarah Mazzetti, Li Kunwu, Joshua Held, Tom Tomorrow.…

In quei giorni di cambio editoriale era molto difficile sentire parlare di imminente rivoluzione editoriale di Linus perché noi la rivoluzione l’avevamo già iniziata da due anni, con budget limitatissimi e zero aiuti dalla casa editrice in fatto di promozione e distribuzione.

Accettare l’invito di Igort a rimanere solo come autore, e vedere tutti i miei collaboratori licenziati, non era sostenibile. Alla fine però ho fatto decidere ai miei personaggi cosa fare, perché credo sia importante per un artista trovare delle soluzioni surreali a problemi concreti. E i Sopravvissuti hanno mandato in vacca tutto come sempre, con quella storia in cui vengono licenziati e devono disinfettare le pagine per l’arrivo della nuova gestione. Mi sono detto: se la nuova direzione ha senso dell’ironia mi richiamerà, dopotutto è anche una rivista di satira. Non ci disegno più da allora!

il male di vauro e vincino

Che opinione nutri, oggi, per la nuova gestione di Linus?

Linus è nata come rivista d’avanguardia, creata da intellettuali veri ma curiosi come bambini. Ogni numero scopriva nuovi linguaggi grafici ed autori mai visti, anticipando mode e casi editoriali con una leggerezza che appartiene solo ai grandi. Pazzesco, scrivi l’esatto contrario di queste frasi e hai la mia opinione su cosa ne penso del Linus di oggi.

Che senso ha oggi, durante una fase storica così tesa ed epocale come quella che stiamo vivendo, dedicare interi numeri monografici a Fellini, i Beatles, Frida Kahlo? Che cosa si può aggiungere ancora rispetto alle centinaia di libri già scritti e che tutti abbiamo letto? È paradossale: viviamo nella fantascienza e le riviste, invece di anticipare i tempi o anche solo raccontare il contemporaneo, diventano dei mausolei. Anzi, dei mausoLinus!

Oggi, però, pubblichi sulle pagine del Manifesto, lo storico quotidiano di sinistra. Le puntate inedite de I Sopravvissuti escono ormai dal 2019. Nel 2020, in pieno lockdown, hai raccontato ogni giorno le Cronache dal virus, per poi arrivare nel 2021 a un’altra striscia: Primavera Rosso Robot. La reputi una rivincita, quella di ritrovarti sul Manifesto nell’anno in cui ha festeggiato cinquant’anni di pubblicazione?

Ho sempre sognato di pubblicare su Il Manifesto, fin da quando ho iniziato seriamente a fare fumetti. Credo che il contesto sia fondamentale per veicolare le proprie storie, e sapere di essere su quelle pagine mi fa stare bene perché quel giornale è una oasi di resistenza culturale bellissima e potente. Inoltre, pubblicare fumetti su un quotidiano restituisce al mio mestiere quel senso di intrattenimento popolare ed economico che me lo fa amare. Primavera Rosso Robot è una serie che avevo in cantiere da parecchio tempo ma la scintilla è scattata proprio quell’anno, in occasione di due anniversari: i 50 anni del manifesto e i 100 del PCI. Quale occasione migliore per proporre questa storia di “splatter marxismo”?

sopravvissuti hurricane ivan

Una battuta dei Sopravvissuti recita: «Quando dorme, la gente non consuma: aboliamo la notte!». In tempi di consumismo sfrenato h24, è impossibile precludere un canale di vendita mostruosamente ampio come Amazon. Eppure, hai chiesto alla distribuzione di non vendere su Amazon uno dei tuoi ultimi libri, Cronache dal virus (disponibile in libreria e sul sito di Eris Edizioni). Una scelta etica da sostenere, per il coraggio di voler boicottare un colosso che sta eliminando dal tessuto urbano le librerie fisiche. Che effetto ha avuto questa scelta sul tuo libro?

Non credo abbia cambiato molto, e forse qualcuno la considera anche come una mossa retorica. Ma è una scelta che mi è venuta naturale e che rifarei, in linea con lo spirito della casa editrice Eris che in piena pandemia sosteneva le piccole librerie indipendenti. Jeff Besoz alla fine è tra i protagonisti di questo pantheon pandemico, tanto quanto il virus e gli altri personaggi che ho disegnato.

Peccato che qualche distributore il libro alla fine ce lo abbia messo comunque su quei canali, contrariamente alle nostre volontà, però il potere è sempre nelle mani del lettore che può scegliere. A me piace pensare a questo libro come una sorta di concept interattivo, in cui tra le tante storie ce n’è anche una non disegnata e che riguarda proprio il lettore: semplicemente, se lo ordina su Amazon il libro dopo pochi istanti si autodistruggerà! Kaputt!

La Milano jazz di Crepax, così come quella che fa da sfondo alle storie di Paolo Bacilieri, è una Milano diametralmente opposta alla tua. L’hai rappresentata apocalittica nell’opera collettiva La rabbia (Einaudi, 2016) mentre nel 2012, per la guida ZERO, hai ritratto una Milano di reietti, vagabondi e ubriaconi. “Plebaglia”, come li etichetta il personaggio del gallerista, in una vignetta. Un modo singolare di rappresentare la “città dell’alta classe”, in linea con la tua visione del sociale. Che lingua parla la tua Milano?

Adoro la Milano glamour di Crepax e Bacilieri, con le loro citazioni colte e popolari, sono tra i miei autori preferiti di sempre… ma amo anche la Milano più notturna e sorniona di Umberto Simonetta, o quella surreale di Dino Buzzati e anche quella sporca e cinica di alcune storie di Max Bunker.

La cosa che più mi piace di questa città è la sua profonda stratificazione, può essere mondana e di plastica o regalare momenti di assurdità umane e neorealismo apocalittico. Dipende da dove guardi, e da quale sia la tua predisposizone del momento. È anche una città profondamente paranoica, che ti sussurra storie distopiche a ogni stortura. Se stai lontano dai grandi eventi, e guardi negli angoli più nascosti, puoi trovare realtà incredibili e personaggi unici come Becksman, il bluesman con sombrero, o il leggendario Corbetta del bar Peppuccio, o Marina Madreperla e i suoi concerti improvvisati. Basta guardare bene.

hurricane ivan fumetti intervista

Il tuo corso di fumetto si rivolge agli “stomaci forti”. Come si svolge una tua lezione tipica?

Le prime lezioni si concentrano su come rendere vivo un personaggio a fumetti, qualunque personaggio: anche il più stilizzato sgorbio scarabocchiato su carta, e a cui non daresti mezzo centesimo, può diventare un ottimo attore per le tue storie. E con piccoli esercizi di stretching grafico puoi renderlo vivo, fargli provare emozioni e suscitare subdola empatia con il lettore. Poi più avanti con gli iscritti si inizia a ragionare come una redazione di fumetti vera e propria, e le lezioni diventano molto simili a riunioni di redazione old school: si cerca di creare un universo narrativo, o una ipotetica rivista, e si inventano storie e personaggi. Lo tengo da sette anni, e tutti si sono iscritti scrivendomi a stomaciforti [@] gmail.com.

È evidente: con la tua arte, fai politica, strappando al contempo sonore risate. Continuerai a stimolare riflessioni sulla nostra società contorta o hai in mente di virare verso altri lidi, in un prossimo futuro?

Chi lo sa! Ma sulla parte politica forse la fai più seria di quello che è, perché il motore delle mie storie non parte mai dal voler suscitare una riflessione. Alcune tematiche sociali contemporanee mi interessano molto dal punto di vista narrativo per le loro contraddizioni grottesche e per la psicologia dei personaggi coinvolti, e poi sono realtà che spesso conosco bene perché ci sono coinvolto pure io. Però cerco di astrarle, se possibile, perché per me anche l’aspetto dell’intrattenimento e dell’invenzione è molto importante.

Adoro quegli autori che utilizzano ad esempio una storia horror, o un cartone animato dalle ambientazioni surreali, per veicolare messaggi politici senza forzature e soprattutto senza mai scadere nella retorica. Così si hanno più chiavi di lettura, si creano mondi che prima non esistevano, e l’opera non invecchia.

Articolo originariamente pubblicato su Diari di Cineclub 95 e qui proposto in una veste aggiornata

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