
Elegante, misterioso, soffusamente inquietante. Malanotte – La maledizione della Pantafa, scritto da Marco Taddei e disegnato da La Came (Laura Camelli) per Coconino Press è un gran bel fumetto horror all’italiana. Una storia di terra nostra, ambientata in un remoto paesino di montagna infestato da una maledizione ancestrale: un luogo con un contesto sociale duro e difficile, dove non mancano gli scheletri nell’armadio e i bambini vengono educati alla disciplina tramite lo spavento.
Questo fumetto è nato all’interno di un progetto crossmediale: è infatti il prequel dell’omonimo film horror prodotto da Fandango, diretto da Emanuele Scaringi con Kasia Smutniak protagonista, uscito nelle sale lo scorso marzo. Il libro è però indipendente dalla pellicola e vive in fin dei conti di vita propria.
Siamo alla fine degli anni Settanta. Il protagonista, Ernesto, è un dottorando che fa ritorno al suo paese d’origine – il Malanotte del titolo – per raccogliere testimonianze del folklore locale. Non è chiaro se la sua sia velleità accademica, curiosità o semplice nostalgia. Sappiamo che il registratore a bobina che ha portato con sé è un “prestito” dell’università e che la sua famiglia non vive più lì da molti anni. L’accoglienza fortunatamente è calorosa, i paesani sono incuriositi dalla sua presenza e ben disposti a lasciarsi andare a confidenze davanti al suo microfono. Almeno fino a quando smettono di esserlo.

In paese infatti c’è qualcosa che non va, un’oscura presenza sembra accanirsi su di lui, disturbando il suo sonno e facendogli fare strani incontri. Tra le storie che gli hanno raccontato, ce n’è una che non riesce a dimenticare: la leggenda di una sfortunata che dopo aver perso il fidanzato in guerra ed essere rimasta sola, era diventata un’adoratrice del diavolo. La chiamavano “Pantafa”, che è come dire strega. Guardarla negli occhi portava sfortuna. Se si tratta di lei perché dovrebbe avercela proprio con Ernesto? Dopo appena tre giorni, il giovane diviene ospite sgradito e deve ricorrere a tutto il proprio ingegno per penetrare il terribile mistero del quale nessuno dei locali sembra volersi interessare.
Tutti i personaggi che incontra durante il suo soggiorno sembrano ambigui, le loro intenzioni poco nitide. «I ficcanaso non piacciono a nessuno», lo ammonisce il sindaco, cogliendolo di sorpresa dopo che per primo aveva festeggiato il suo arrivo. Il prelato, Don Alessandro, considera la sua ricerca spazzatura. Il vecchio Zara, considerato una macchietta per via della sua passione per la bottiglia, conosce più storie di quante si creda: potrebbe essere un amico, ma il più delle volte è difficile capire se ciò che racconta sia reale.
Unica alleata nell’impresa è Sara, nipote dell’anziana Evelina, morta il giorno dopo il suo arrivo. Capelli scuri, sguardo triste ma mente vivace: Sara è la classica “donna dell’horror” intrigante, tenace, presente nei momenti chiave della storia. Tra lei ed Ernesto scatta un’inevitabile liaison, ma la “maledizione” di cui parla il titolo sembra riguardarla troppo da vicino: la casa in cui abita (e che in passato era appartenuta alla famiglia di Ernesto) è teatro di eventi soprannaturali, e lui ormai non può più restarci.
Nella ben congegnata sceneggiatura di Taddei (che è nato nel 1979, l’anno in cui si svolgono i fatti) non sono tanto le azioni dei personaggi quanto gli elementi di folklore locale a invocare paura e presagio di pericolo imminente. L’oscura vicenda è difatti fortemente radicata nel territorio, nell’isolamento e nelle superstizioni del passato e del presente dei “malanottiani”. Le rovine nel bosco, i corvi gracchianti, i labirintici saliscendi del centro storico. Senza contare le scheletriche dita della Pantafa che si allungano sul volto dei dormienti o l’angosciante ninna nanna in dialetto abruzzese. Persino la storia della famiglia di Ernesto, che abbandonò il paese in circostanze mai del tutto chiarite, non fa che montare la tensione e ingenerare un senso di fosca vertigine.

Il libro funziona così bene anche per via dell’importante contributo di Camelli ai disegni. Il livello di dettaglio e drammaticità che è stata in grado di trasmettere con il solo utilizzo del bianco e nero è impressionante (soprattutto se si considera che questa è la sua prima prova con un fumetto “di genere”). Raffinato il gioco di contrasti costruito con luci abbacinanti e ombre minacciose: oltre a suscitare con efficacia quel senso di paura e persecuzione proprio dell’horror popolare, crea l’atmosfera perfetta per descrivere il modo in cui un sistema di credenze distorte riesce a manipolare l’inconscio collettivo. Chi ha familiarità con i suoi precedenti lavori autoprodotti riconoscerà immediatamente il caratteristico design dei suoi personaggi, semplificato ma espressivo: buon contrappeso agli spaventi forniti dalla cupa ambientazione.
In questo originale omaggio alla figura della Pantafa (che fa effettivamente parte dell’antica mitologia popolare abruzzese ed è conosciuta anche come fantasima, pantafica, pandafeche) trova spazio una riflessione più ampia sulla donna, storicamente vittima della superstizione e capro espiatorio di peccati altrui. Accusata di intessere legami con il maligno e perseguitata per le sue scelte non convenzionali o per la malattia mentale, la “disobbediente” può trovare nelle pagine di Taddei e della Came la sua meritata vendetta.
L’opera è a tutti gli effetti il «gesto amorevole e tenebroso verso [i] miti antichi» menzionato e auspicato nella nota introduttiva. Uno strumento per mantenere vivo l’interesse verso i racconti orali del nostro Paese, intesi come luogo di conflitto e specchio di confronto alla contraddittoria realtà del presente.
Malanotte – La maledizione della Pantafa
di Marco Taddei e La Came
Coconino Press, novembre 2022
cartonato, 144 pp., B/N
20,00 € (acquista online)
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