Terry Moore è perlopiù noto per Strangers in Paradise, la serie autoprodotta che lo ha accompagnato per ben 14 anni fra 1993 e il 2007 e che gli ha garantito la fama fra gli appassionati di fumetti. Dalla fine di quel fumetto in realtà l’autore non si è mai fermato e ha ideato molti altri titoli, da Echo a Motor Girl, passando per Rachel Rising, tutti tasselli di quel mosaico che è diventato noto con il nome di Terryverse.
L’ultima sua creazione è Serial, uno spin-off di Rachel Rising con protagonista Zoe, una bambina feroce e immortale. In Italia, questo fumetto – così come i precedenti dell’autore – è stato pubblicato da Bao Publishing, che per l’occasione ha (ri)portato Terry Moore in tour nel nostro Paese, concedendoci l’opportunità di intervistarlo, partendo proprio dal suo lavoro più recente.

Serial è una sorta di spin-off di Rachel Rising. Come lo presenteresti ai lettori che lo sfogliano senza aver mai letto altri tuoi lavori?
Serial è la storia di una giovane ragazza di nome Zoe che si mette sulle tracce dell’assassino della sua amica. È una trama semplice, ma è piena di colpi di scena insoliti. Non voglio fare spoiler, spero che il lettore indaghi da solo.
Zoe combina lo spirito giocoso proprio di una bambina con la freddezza di una killer adulta. Com’è nata l’idea di un personaggio fatto di opposti così stridenti?
Pensavo all’idea di spiriti demoniaci che vagano per il nostro mondo, alla ricerca di un corpo ospite in cui vivere. Un ospedale sarebbe un buon posto per trovare un corpo. Se una bambina di 10 anni morisse di febbre in ospedale mentre uno spirito si aggira per i corridoi, il suo corpo sarebbe un buon ospite. Questo è ciò che è successo a Zoe. Lo spirito l’ha mantenuta fisicamente alla stessa età per i successivi 50 anni, fino a quando non la incontriamo in Rachel Rising. Ma Zoe è maturata mentalmente, in modo particolare, pur mantenendo caratteristiche infantili. E un lato oscuro.
Nelle tue storie i personaggi principali sono sempre femminili, perché? E perché nel corso del tempo li metti di fronte a situazioni sempre più complicate e a nemici sempre più malvagi e potenti? Non sarai un po’ troppo severo con loro?
Credo che ci siano già abbastanza storie di uomini e di quanto siano coraggiosi. Cosa significa essere una donna che vive su un pianeta pieno di predatori? Cosa dicono di noi le donne della nostra vita prima e dopo che lasciamo la stanza? Dove si trovano la pace e l’amore in una vita turbolenta? Questo è ciò che mi interessa.
E credo di avere un punto di vista unico da offrire perché non sono uno dei i miei personaggi… sono un osservatore che guarda dall’esterno e racconta ciò che vede, come un giornalista di guerra. Sì, le storie presentano grandi sfide, ma si è forti solo se si è messi alla prova. E i miei personaggi affrontano la sfida a modo loro. È qui che tutti noi possiamo trovare ispirazione e speranza. Se possono farlo loro, possiamo farlo anche noi.

Stranger in Paradise nasce quasi come una sit-com romantica, per poi convergere verso la spy story. Nei tuoi lavori successivi, da Echo a Motor Girl, da Rachel Rising a Ever, la dimensione avventurosa, thriller e horror prende sempre più il sopravvento. Questo spostamento verso generi narrativi più dark rispecchia la tua voglia di cambiare oppure una concezione più cupa della realtà?
Il mondo è cambiato, e io con lui. Strangers in Paradise fu creato in un’epoca in cui l’obiettivo principale della vita era l’amore. Oggi, a volte, penso che l’obiettivo principale sia la sopravvivenza. Sto scherzando, ma c’è una triste verità in questo. Il mondo è complicato, e la mia scrittura lo riflette.
A proposito di Stranger in Paradise, a novembre di quest’anno la serie festeggerà 30 anni. Ti andrebbe di fare un bilancio di quello che ha rappresentato e rappresenta ancora per te?
Strangers in Paradise è fondamentalmente una canzone d’amore. L’ho scritta e condivisa con chiunque volesse ascoltarmi. La storia era il mio rifugio sicuro, un posto dove potevo andare ogni giorno e stare con gli amici. Charles Schulz me lo ha insegnato con i Peanuts: crea il mondo in cui vuoi vivere. E così ho fatto.
In Stranger in Paradise racconti l’amore al di là e al di sopra di ogni questione di genere, con naturalezza e senza un’intenzione politica e militante. Come si riesce ad affrontare temi importanti e caldi senza scadere nella banalità e nelle insidie del politicamente corretto?
Ho scoperto che si può parlare di tutto se lo si fa con amore e rispetto. Quando le persone vogliono parlare con qualcuno per avere aiuto e sostegno, hanno bisogno di amore e rispetto. Se si toglie uno di questi due elementi, la conversazione è finita. Tutti noi abbiamo una madre, un’infanzia, un desiderio, un errore, un sogno. Ogni persona su questo pianeta è un miracolo: trattatela come tale e quello che si potrà fare insieme sarà incredibile. E se una persona è puramente malvagia, la diamo in pasto a Tambi.

Nel cercare connessioni tra i personaggi delle tue storie, hai creato un vero e proprio mondo coerente e in costante espansione, che non a caso è stato ribattezzato “Terryverso”. Si tratta di una caratteristica che siamo abituati ad associare ai fumetti dei supereroi, scritti e disegnati da autori diversi, piuttosto che alle creazioni di un autore indipendente. Come mai hai sentito questa esigenza?
Stavo lavorando alla seconda serie di Echo e avevo bisogno di realizzare una scena sulla costa della California per mostrare un’onda d’urto proveniente dall’Alaska. Mi è venuto in mente che Tambi e Casey avrebbero dovuto vivere lì, seduti sul loro ponte, quando l’onda d’urto è passata. E all’improvviso ho visto tutto come un unico grande quadro in cui, come disse Einstein, ogni cosa è collegata a tutte le altre. Una volta che lo si vede in questo modo, non si può più distogliere lo sguardo.
Che ne pensano i lettori di questo mondo interconnesso e tutto da esplorare? Che rapporto hai con il tuo pubblico?
Amo l’universo condiviso dei libri e credo che anche i lettori lo amino. La cosa sorprendente dei miei lettori è che sembrano tutti molto intelligenti e straordinariamente belli [ride]. Se non fosse per le persone coraggiose che trovano e leggono i miei libri, non sarei qui. E quel che è peggio, Katchoo non sarebbe qui. Quindi sono sempre grato ai lettori per la mia carriera e il mio posto sulla terra.
Hai all’attivo alcune collaborazioni con Marvel e DC Comics, ma gran parte del tuo lavoro è ormai per Abstract Studio, la tua etichetta editoriale. Perché è importante per te restare un autore indipendente? Quali sono i lati positivi e negativi di questa scelta?
La mia prima carriera è stata quella di musicista. Durante l’adolescenza e i 20 anni ho suonato in gruppi musicali da bar. Ma eravamo una cover band che suonava le canzoni popolari del momento. Le cover band non hanno futuro, quindi tutti i gruppi in cui ho suonato sono morti. Poi ho fatto il montatore televisivo, lavorando su progetti altrui. Dopo 10 anni di lavoro chiuso in una stanza buia non avevo creato nulla di mio, perché tutto ciò a cui lavoravo apparteneva ad altre persone.
La mia via di fuga è stata il fumetto. Ho visto la scena indy e ho scorto l’opportunità di creare qualcosa di personale. Per una volta nella mia vita, dovevo lavorare a qualcosa che potessi definire mio, perché solo così avrei avuto un futuro a lungo termine. Per me il fumetto mainstream era come lavorare in una cover band. Puoi essere grande e popolare quest’anno, ma non sei il proprietario del personaggio e sei facilmente sostituibile. Vedo un artista di una grande azienda come un chitarrista di una cover band, e questo non mi piace. Preferisco disegnare Katchoo piuttosto che Batman. E non poi posso essere licenziato.

Com’è cambiato il panorama dell’editoria indipendente americana dalla nascita di Abstract Studio a oggi? Per come funziona il mercato di oggi, secondo te c’è ancora spazio per progetti di ampio respiro che non vogliono adeguarsi ai dettami mainstream?
Nell’ultimo decennio non ho avuto successo con serie lunghe per due motivi: l’attesa della raccolta in volume, ovviamente, che significa che i lettori ignorano i singoli albi per aspettarla. E i rivenditori che ordinano “Pull List Plus One”. Ciò significa che ordinano solo il numero necessario per soddisfare la lista di clienti abbonati, più una copia per lo scaffale. Una copia. Per l’intero negozio. È così che si uccide un libro.
Quindi sono riuscito a sopravvivere al massimo per 10 numeri prima di dover interrompere la storia. È stato così per le mie ultime quattro serie e anch per la più recente, Parker Girls. Questi due problemi riguardano tutte le serie che non rientrano nella top 20, quindi forse è per questo che sono emersi metodi alternativi per far arrivare i fumetti ai lettori e che hanno funzionato così bene. Gli esseri umani sono intelligenti, trovano un modo per sopravvivere e far leggere i propri fumetti!
In un momento storico in cui la maggior parte dei fumetti sono a colori, tu continui a disegnare soprattutto in bianco e nero. Come mai ti mantieni fedele a questa scelta?
Perché il bianco e nero è semplice e puro. Quello che vedete è ciò che ho disegnato su un pezzo di carta. Se lo faccio bene, la vostra mente entra in questo mondo immaginario che possiamo condividere insieme. E «sono solo linee sulla carta», come direbbe Robert Crumb. È una cosa incredibile, se ci pensi.

In How to Draw parti dalla tua esperienza per mostrare come un personaggio possa apparire più vivo e unico quanto più mostra di avere dei difetti. Perché curare i dettagli è così importante? Hai un suggerimento da dare a chi vorrebbe fare il tuo stesso mestiere?
Più si conosce una persona e più ci si preoccupa di lei. Questo è il mio consiglio per scrittori e disegnatori. Le piccole manie e i difetti che si trovano nei dettagli sono ciò che ci rende umani. Ad esempio, Francine ha un dente che sporge un po’. Lo trovo affascinante e così umano. Incoraggio ogni disegnatore a guardare più da vicino il proprio soggetto. Una volta superate le forme e le pose, dico sempre di studiare le piccole cose che rendono unico un personaggio. Catturatele e porterete i vostri disegni a un livello superiore.
Quali sono i tuoi prossimi lavori? Il Terryverso si espanderà ulteriormente?
Le leggi della fisica dicono che si espanderà fino a collassare sotto il suo stesso peso e a diventare un buco nero dal quale nessuno di noi potrà sfuggire. Bei tempi, vero? Non vedo l’ora.
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