RubricheSofisticazioni PopolariIl fumetto che conteneva tutto l'Internet

Il fumetto che conteneva tutto l’Internet

Tendenze e direzioni della pop culture viste da chi non riesce a farne a meno, anche se vorrebbe. "Sofisticazioni popolari": una rubrica di Fumettologica a cura di Marco Andreoletti. Il giovedì, ogni 15 giorni.

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La prima pagina di “Homestuck”

A guardarlo oggi Andrew Hussie sembra l’ennesimo scappato di casa che cerca di guadagnarsi la sua piccola fetta di notorietà spingendo contenuti flebilmente edgy sui social network. Da qualche tempo a questa parte ha deciso di farsi chiamare D-Clussie e sulla sua pagina Instagram appare truccato come una versione manga cyberpunk del Joker di Todd Phillips. Eppure quel ragazzotto è la mente dietro a uno dei webcomic più lunghi, complessi e ricchi che il medium abbia mai contemplato: Homestuck

Per molti la sua è la migliore rappresentazione mai tracciata di Internet, per altri il primo caso di fandom tossico nato sui social. Qualcuno parla addirittura del suo fumetto come di una versione internettiana dell’Ulisse di Joyce. Per tutti gli altri si tratta semplicemente di una storia incredibilmente prolissa e complicata, semi-improvvisata nonostante contempli viaggi nel tempo, paradossi e un cast molto nutrito di oltre un centinaio di personaggi

Serializzato tra il 2009 e il 2016, è composta da 8.126 pagine, per un totale di 817.929 parole (tanto per farvi due calcoli, per scrivere Guerra e pace a Lev Tolstoj ne occorsero 587.287) e 14.915 vignette. Come se non bastasse, l’ultimo post, arrivato dopo una pausa di mesi, si compone di un lunghissimo testo di 190.000 parole scritto scimmiottando le fanfiction dove la narrazione si sdoppia, portando a due finali. Uno canonico e l’altro no. Tanto per non farsi mancare nulla.  

Il miglior riassunto possibile di Homestuck lo fece The Atlantic qualche anno fa: «La storia (versione breve) racconta della crescita di alcuni amici conosciutisi su Internet. È anche (versione più lunga) un’epopea multigenerazionale sull’origine dell’universo e sull’apocalisse in cui si parla di due gruppi di quattro bambini e di quattro gruppi di dodici alieni basati sullo zodiaco (tra cui una versione alternativa di Gesù), di guerre titaniche tra pezzi degli scacchi e semi delle carte e di due gemelli diametralmente opposti che vivono all’interno dello stesso corpo. Burattini sensuali, gli Insane Clown Posse e un coniglio di pezza giocano tutti ruoli cruciali. L’uguaglianza e la fluidità di genere sono la regola non dichiarata ma costantemente ribadita. Nel corso della narrazione una percentuale sorprendentemente alta di personaggi muore, il che non impedisce loro di rimanere comunque attivi nella trama. Il tempo e lo spazio sono vettori che si spostano con frequenza allarmante, al punto in cui l’incertezza di entrambi è un segno distintivo della storia. Un riassunto cristallino, anche se criptico, dei meccanismi della trama della storia è il titolo dell’Atto 5, Capitolo 2: “È già qui”».

Ma facciamo un passo indietro. Nel 2007 Andrew Hussie, un informatico con velleità da fumettista, lanciò il portale MS Paint Adventures con l’idea di renderlo un contenitore di tutte le sue produzioni per il web. Piccola curiosità: nonostante a oggi l’archivio contenga più di 10.000 tavole – per la gran parte realizzate da Hussie stesso – solo una è disegnata con MS Paint. La prima mai pubblicata. 

Oltre al fatto di avere un’estetica esplicitamente digitale, povera e grezza come solo un utilizzo amatoriale dei programmi di grafica dell’epoca potevano garantire, c’è un altro aspetto che rende il suo debutto indissolubilmente legato al web: la sceneggiatura della serie Jailbreak fu stesa tramite un forum amministrato dallo stesso fumettista. L’idea era quella di seguire alla lettera il primo suggerimento dato dai suoi fan per portare avanti la storia. L’esperimento fu interessante, ma l’umorismo nonsense tipico della rete costrinse la serie a una narrazione incomprensibile.

Dopo 134 pagine Hussie gettò la spugna e passò al progetto successivo: Bard Quest. Per evitare i problemi avuti in precedenza questa volta decise di costruire una narrazione a scelta multipla, come nelle storie a bivi o nei libri game. Come suo solito, l’autore finì però per complicare all’eccesso le cose, e questa avventura terminò dopo sole 47 pagine. Nell’opera successiva, il noir Problem Sleuth, le scelte erano solo occasionali e conducevano quasi sempre alla morte di uno dei protagonisti. 

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Una pagina di “Bard Quest”

Hussie trovò una formula vincente: i lettori potevano inviare suggerimenti per i personaggi in una casella di messaggistica appositamente caricata sulla pagina principale del sito, ma solo lui avrebbe avuto la possibilità di prendere la scelta definitiva su quale comando del lettore utilizzare per far avanzare la storia. Una strategia brutale, ma che permise al fumetto di proseguire per 1.673 pagine e che infatti fu utilizzata anche per i primi capitoli dell’opera successiva, Homestuck, lanciata nel 2009.

La quarta iterazione di MS Paint Adventures si presentò come qualcosa di ancora più assurdo rispetto ai lavori precedenti. Nei primi episodi graficamente ricordava una primitiva avventura grafica, ma nel giro di poco tempo le cose cominciarono a cambiare. Il contatto con il fandom rimase strettissimo, tanto che la trama stessa fu molto condizionata dal pubblico sempre più vasto del webcomic, mentre l’opera di Hussie continuava a mutare anche nella forma. Ben presto finì per comprendere GIF animate, muri di testo, minigiochi, animazioni complesse e qualcosa come 30 album di musica originale caricata su Bandcamp. 

Homestuck è un blob informe che finisce per inglobare ogni forma di espressione generata dalla rete. A ogni uscita il progetto si faceva sempre più assurdo, sempre più meme. Furono coinvolti altri disegnatori a supporto di Hussie, ormai oberato di lavoro, reclutati tra gli appassionati. Al picco massimo di popolarità del fumetto diciassette persone si occupavano solo della colonna sonora. A coordinarli c’era Toby Fox, giovane musicista e game designer che da lì a pochi anni avrebbe raggiunto la fama con il videogioco di culto Undertale. Questa sinergia permise a Homestuck di svilupparsi oltre misura, passando dalla povertà dei primi post a spettacolari episodi animati come questo.

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Una pagina dal quinto capitolo di “Homestuck”

Alla stessa maniera della forma anche la trama si perse in mille involuzioni, avvicinandosi sempre più alla forma di un frattale. Come scriveva Liliam Min (sia qui che qui): «Come sono nati i quattro protagonisti principali? Creando se stessi e i loro genitori nell’universo alternativo, utilizzando la tecnologia preistorica e rimandandoli indietro nel tempo tramite portali meteorici nati da un’apocalisse innescata da un cappello da clown. Cosa ha causato il collasso dell’universo dei principali protagonisti alieni? Un cane alato mutante omicida, in fuga dalla sua creazione futura che si muove attraverso le dimensioni tramite un magico portale di loto. Come è nato il cattivo Big Bad? Era già lì. I singoli elementi della storia hanno a malapena un senso (ma quale parte di questo paragrafo ce l’ha?), ma tra le minuzie dense e quasi incredibili della trama e dell’ambientazione, il lettore può cercare di mettere insieme la narrazione tracciando le linee temporali dei personaggi e degli oggetti».

L’enorme opera di Hussie rappresenta alla perfezione il web e la sua tendenza a portare tutto su un livello di assurdità pericolosamente tangente allo scherzo. Non siamo troppo lontani dal progetto Bartkira, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, ma in questo caso la sovrapposizione tra forma e contenuto è ancora più perfetta. Homestuck rappresenta alla perfezione quel fenomeno tipicamente legato a Internet che vede nicchie enormi rendersi comunque inaccessibili ai non iniziati. Numeri che suggerirebbero un successo mainstream descrivono invece club esclusivi da milioni di iscritti di cui all’esterno si sa pochissimo. Hussie ha inventato suo malgrado il fandom moderno, seppellendo quello che poteva essere una hit mainstream sotto una coltre di inside joke e rimandi che richiedevano una lettura pregressa di migliaia di pagine e una presenza più che costante nei forum e nelle imageboard, dando una nuova forma di fumetto ai vari Reddit e 4chan e alla loro fauna.

Al suo picco massimo il webcomic vantava 600.000 lettori unici al giorno, che lo rendevano un fenomeno tutt’altro che secondario. Le convention fumettistiche statunitensi incominciarono a popolarsi di cosplay ispirati ai personaggi di Hussie, mentre il suo rapporto con i fan si faceva ogni giorno più stretto e conflittuale. «Più grande diventava il fandom, più tutto diventava controverso» raccontava l’autore al Washington Post. «Praticamente tutto ciò che accadeva diventava un serio argomento di contesa: un motivo per discutere, argomentare, per generare pagine e pagine di accese dissertazioni su cosa significasse tutto e perché certe cose erano buone o cattive. Tutto questo doveva far parte dell’esperienza. Faceva parte del gioco del gatto e del topo tra l’autore e il lettore.» 

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Una pagina di uno degli interludi di “Homestuck”

Per capire quanto il fanatismo dei fan fosse diventato soffocante basti pensare che esistevano pagine di discussione per dare un nome condiviso alle pause che Hussie si prendeva per realizzare i capitoli più impegnativi. Nel 2012 fu lanciato un Kickstarter per realizzare un videogioco tratto dal webcomic e in tempi rapidissimi fu raggiunta la cifra record – per l’epoca – di oltre 2 milioni e 400 mila dollari. Lo sviluppo – che vide coinvolto direttamente il creatore di Homestuck – fu funestato da problemi di ogni sorta, e furono pubblicati solo due capitoli del videogioco. Una volta concluso il fumetto principale furono lanciati diversi spin-off, tutti realizzati da fan seguendo linee guida dettate da Hussie. A oggi si contano 57 mila fan fiction dedicate ai personaggi della serie e una pagina che monitora in tempo reale la pubblicazione di nuovi capitoli.

Nei primi capitoli del fumetto, i personaggi principali sono quattro videogiocatori. Si conoscono solo con i loro nomi nickname utilizzati online e per la maggior parte del tempo conversano tramite client di messaggistica istantanea. Alla stessa maniera anche la comunicazione di persona conserva la formattazione dei log delle chat. Al centro del sistema solare in cui è ambientato il gioco che fa incontrare i protagonisti troviamo un oggetto battezzato come Skaia, definito come «un crogiolo dormiente di illimitato potenziale creativo». 

Considerando l’anno in cui arrivarono online i primi capitoli di Homestuck, non è troppo difficile vederci una chiara metafora di Internet. Il 2008 fu l’anno del boom di Facebook, che andò a erodere il dominio di MySpace nonostante questo continuasse comunque a comandare per numero di visite e traffico generato. Nel 2010 si segnalavano qualcosa come 153 milioni di blog attivi, Reddit esisteva già da cinque anni ed era da poco passato attraverso una riorganizzazione che l’avrebbe accompagnato verso un successo che dura ancora oggi (scioperi a parte). 

Anche se questi numeri all’epoca sembravano enormi, erano solo l’inizio della continua evoluzione che avrebbe contraddistinto il web fino a oggi. Homestuck ne è stato un racconto fedele, sebbene sempre attraverso la lente deformante della sua assurda narrazione. Dagli inizi, in cui coinvolgere la community sembrava una buona idea, al punto in cui quest’ultima è diventata soverchiante.

Nel 2021, successivamente alla fine di Homestuck, Andrew Hussie ha pubblicato Psycholonials, una visual novel. Una storia di pandemie globali e rivoluzionari truccati da clown che bruciano stazioni della polizia. La protagonista della narrazione, Z, si trova alla guida di un movimento che ben presto non saprà più controllare. «In senso personale, questa storia è una strana fusione di due allegorie» ha raccontato l’autore a Polygon. «Si correla vagamente alla mia esperienza passata di presiedere un grande fandom e guardarlo andare fuori controllo, usando come sfondo elementi molto più fantastici come la rivoluzione e la conquista globale. È anche un’allegoria di ciò che sto facendo attualmente con Psycholonials. Z decide di lanciare un nuovo marchio e di rinominare la propria immagine creandosi un’identità da clown [“clownsona” nell’intervista originale, ndr]. Distribuire nuovi contenuti al pubblico diventa un modo per voltare pagina su qualunque cosa stesse facendo prima. Questo è fondamentalmente quello che ho fatto, e queste due idee si mescolano nella narrazione.» 

Oggi Hussie parla della volontà di generare un anti-culto, qualcosa che lo allontani in maniera definitiva dal suo passato. Può sembrare esagerato e velleitario, quasi come se un guru volesse allontanarsi dal suo stesso seguito, ma basta calarsi un attimo nei suoi panni per capire quanto questa posizione possa essere soffocante.

Prima del suo arrivo su Instagram le sue sporadiche apparizioni sui social venivano segnalate in tempo reale dai fan. Anche se questi ultimi hanno dovuto persino monitorarli a vuoto per otto anni. Dopo aver generato un fumetto in grado di contenere tutta l’assurdità di Internet forse l’unica soluzione era scomparire. Oppure tornare in scena truccati come un Joaquin Phoenix sfuggito da qualche retrofuturo manga e vedere cosa succede.

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