Travolti da Rambo Pavone

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Brick – che da poco ha festeggiato il primo anno di attività – è una collana che incarna il gusto eccentrico del suo curatore, Francesco D’Erminio aka Ratigher, comprendente una serie di libri unici e impattanti per formato e vocazione oltranzista. L’ultimo mattoncino non fa eccezione: Pamma di Rambo Pavone è un esordio travolgente e inaspettato.

Dietro il nom de plume Rambo Pavone, si nasconde Fabrizio Balistreri, artista dallo stile eccessivo con solide radici nella tradizione underground e weird. Il tratto infantile e graffiato trova in Pamma una decantazione, ma anche e soprattutto una quadra e un superamento verso territori in cui viene attuata una sintesi impossibile tra l’Oriente di Osamu Tezuka e Go Nagai (con un pizzico di Umezu) e l’estetica marginalista di Fletcher Hanks e Benjamin Marra. 

In una prospettiva che sembra guardare al futuro, ma che in realtà è invece solidamente ancorata all’esperienza del fumetto indipendente americano dei tardi anni Novanta e primi anni Zero: per intenderci a quella galassia di outsider che Dan Nadel riunì nel catalogo della sua casa editrice, la Picture Box, ormai – ahinoi – passata a miglior vita.

Le linee di fuga che animano le tavole di Pamma rimandano tanto al suprematismo cinematico di Youichi Yokohama – senza dimenticare la lezione di Teruhiko Yumura e di Yoshikazu Ebis, insomma degli autori heta-uma pubblicati sulla rivista Garo – quanto al tour de force masochista del Johnny Ryan di Prison Pit e degli emuli dello stile brutalista della Picture Box, personaggi come Dash Shaw o Jesse Jacobs. Detto così, il fumetto di Rambo Pavone sembrerebbe un’accozzaglia di citazioni, stili ed influenze: in realtà, la sua sintesi funziona e anche bene. Ci troviamo dinanzi un pastiche postmoderno architettato sapientemente, che fonde teen drama e robottoni in un maelstrom assurdista

Pamma è una ragazza con una tetta sola. La vediamo vestita con uno stile retro-futurista muoversi in una classe disfunzionale dove il bullismo e il nozionismo inconcludente sono all’ordine del giorno. Occupa un posto tra gli altri e recita la parte della secchiona, mentre evita Bianni il loser di turno e ha occhi dolci solo per Sciavalcase, un pestatore incallito. Il tutto procede tra siparietti e situazioni al limite del nonsense finché durante un pomeriggio uggioso passato in un luna park un mostro gigante compare dal nulla seminando il panico. Da questo punto in poi, Rambo squaderna una serie di soluzioni narrative e grafiche che conducono con irruenza il lettore in un flusso infinito in cui l’immaginario fantastico di Nagai viene condotto all’eccesso in un turbinio infinito.

Pamma è un caleidoscopio in cui le nostre ossessioni infantili nate nei pomeriggi estivi a guardare l’ennesima replica del Devilman e Mazinga Z vengono traslate anni luce in avanti in un mondo iper-moderno dove tutto si muove a velocità maggiorata, dove ogni certezza viene triturata e assemblata. Come i corpi dei personaggi di Pamma sottoposti a mutazioni, operazioni, innesti e innervamenti in un assemblaggio alieno. Rambo Pavone tagliuzza, recupera, trasmuta e monta in un corpo mostruoso decenni di fumetto e pop culture con un’intelligenza rara e beffarda che ricorda anche – e per fortuna – le migliori cose di Ratigher e del Dottor Pira, tanto per restare sul suolo italico.

Come abbiamo sottolineato in apertura, quello di Rambo Pavone è un esordio inaspettato, nonché tardivo e nella sua intempestività capace di illuminare un’estetica ben precisa e identitaria distante dalle solite derive autobiografiche e dai grafismi semplici e immediati dell’epoca degli instacomic.

Pamma
di Rambo Pavone
Coconino Press, maggio 2023
brossura, 224 pp., colore
22,00 € (acquista online)

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