“Shin Masked Rider”. Tutto l’amore di Hideaki Anno per il tokusatsu

shin masked rider hideaki anno film recensione

Se c’è un autore in grado di rielaborare l’ossessione, la paranoia, l’atomizzazione del contemporaneo in una forma estrema, pop, in diverse messe in scena (live action o animazione poco importa) quello è Hideaki Anno. E il suo ultimo film, intitolato Shin Masked Rider (in originale Shin Kamen Rider) e disponibile su Amazon Prime Video, dimostra ancora una volta la sua essenza postmoderna e difficilmente classificabile.

Shin Maskered Rider è il film con cui Hideaki Anno ha concluso un progetto ambizioso: lo Shin Japan Heroes Universe, abbreviato in SJHU, nato dalla collaborazione fra quattro importanti studi di produzione – Studio Khara, fondato dallo stesso Anno dopo l’esperienza in Gainax, Toei Animation, Toho e Tsuburaya Productions – con l’intenzione di celebrare un genere molto noto in Giappone, il tokusatsu

Diffusosi in terra nipponica nel Dopoguerra, il tokusatsu comprende opere (che possono essere film o serie tv) di fantascienza, fantasy ma anche horror. Kaiju (i mostri giganti), eroi mascherati, esseri mutanti, minacce di vario genere spesso fuori scala: tutto questo è racchiuso all’interno di questo genere. Lo SJHU celebra le figure più importanti che hanno segnato l’immaginario giapponese (ma anche occidentale) ed è composto da quattro film: Shin Godzilla, Evangelion 3.0+1.0 Thrice Upon A Time, Shin Ultraman e Shin Masked Rider

Sono tutte opere a loro modo celebrative, ma anche personali rielaborazioni dei temi cari a Hideaki Anno: Shin Godzilla è un film sul noto mostro, ma anche sulle idiosincrasie sociali del Giappone contemporaneo; il capitolo conclusivo di Evangelion Rebuild è una rielaborazione intima della ricerca della felicità da parte dello stesso Anno; Shin Ultraman, che è stato diretto da Shinji Higuchi e scritto da Anno, è una riflessione metacinematografica sulle dinamiche che caratterizzano questo tipo di prodotti; Shin Masked Rider, infine, è un po’ tutto questo messo insieme.

Il film è un remake/reboot di una famosa serie degli anni Settanta e ha per protagonista un giovane motociclista di nome Takeshi Hongo, che, dopo aver subito un esperimento, diventa una sorta di ibrido tra uomo, robot e insetto (cavalletta nel suo caso, infatti si chiama Cavalletta-Aug). Si ritroverà così a combattere contro l’organizzazione malefica SHOCKER aiutato da Ruriko Midorikawa, che l’ha liberato, e dal giornalista Hayato Hichimonji, anch’egli trasformato in una cavalletta robotica.

Che cosa può capire il giovane spettatore contemporaneo occidentale di un film come Shin Masked Rider? Poco o quasi niente. Il film è un omaggio innanzitutto visivo a un mondo – quello degli anni Settanta – che non esiste più ma che ha segnato in maniera indelebile l’immaginario orientale. Questo è espresso attraverso specifiche tecniche di ripresa e di montaggio, come lo zoom improvviso o le inquadrature che, dall’alto al basso, riprendono le acrobazie di eroi e antieroi con il cielo stagliato sullo sfondo. 

Le musiche passano poi da una radicale rielaborazione a un omaggio piuttosto evidente ai Seventies, e persino i costumi, seppur rivisitati, sono collegati a quel mondo. Tra le righe di un film strutturato come un videogioco a livelli, in cui l’eroe deve superare combattimenti sempre più complicati e nemici sempre più malvagi, Anno ha inserito momenti che appartengono al suo universo visivo. Come nel finale, quando i due eroi affrontano Ichiro, il quale intende distruggere l’intera umanità per farla rinascere in una sorta di dimensione alternativa migliore. In Anno, quindi, tutto si riduce all’atto estremo di distruzione di massa, di fine intesa come passaggio obbligato per un nuovo inizio.

Nulla è lasciato al caso, nemmeno il ruolo dello scienziato che ha creato Cavalletta-Aug, interpretato da Shiniya Tsukamoto, regista tra gli altri di Tetsuo e capostipite di una fantascienza cyberpunk che rifletteva sulla sintesi tra carne e robotica. In Shin Masked Rider, insomma, tutto è attraversato da un senso nostalgico delle cose.

Shin Masked Rider è comunque un film così estremo e fuori da ogni coordinata commerciale occidentale da risultare fuori tempo massimo. Almeno per un occhio non avvezzo a comprendere quanto sia profondo, stratificato e straordinariamente metanarrativo l’universo cinefilo di Hideaki Anno.

Leggi anche:

Entra nel canale Telegram di Fumettologica, clicca qui. O seguici su Instagram, Facebook e Twitter.