
Dietro a I fanatici del gekiga di Masahiko Matsumoto – disponibile in Italia grazie alla traduzione di Vincenzo Filosa e agli sforzi di Coconino Press di voler colmare alcune lacune editoriali nel campo della nona arte – si celano almeno tre chiavi di lettura. C’è, per prima cosa, la storiografia di un movimento, il gekiga, che è stato estremamente essenziale per la concezione dello story-manga come lo conosciamo oggi. Nel corso dei suoi undici capitoli, pubblicati a cadenza irregolare in Giappone tra il 1979 e il 1984, l’autore restituisce un’istantanea fedele all’atmosfera del Dopoguerra, ritraendo dettagliatamente le espressioni e i modi tipici dell’epoca, così come i piccoli edifici della città di Osaka e le librerie a prestito diffusissime negli anni Cinquanta, tra vicoli stretti e canali di scolo, da cui emergono le difficoltà che accomunavano quotidianamente artisti, operai e casalinghe.
Una testimonianza fondamentale di quanto è stato seminale l’impegno di Masahiko Matsumoto (1934-2005), Yoshihiro Tatsumi (1935-2015) e Takao Saito (1936-2021), assieme al sostegno degli editor della casa editrice Hinomaru Bunko, che concessero loro la libertà di sperimentare un nuovo modo di narrare per immagini e senza i quali nemmeno il celebre “Dio del manga” Osamu Tezuka (1928-1989) avrebbe scritto alcune delle sue opere più significative, drammatiche e sfaccettate, concepite quasi per rivaleggiare con i lavori dei tre ragazzi del gekiga.
«Il nuovo manga che avevamo strenuamente difeso fu ribattezzato gekiga. Se in quei giorni avessimo gettato la spugna, il gekiga contemporaneo non esisterebbe.» Non proprio un genere, dunque, ma un vero e proprio modo nuovo di fare fumetti destinati a un pubblico più adulto e consapevole, dal contenuto realistico e drammatico e una narrazione ispirata alle tecniche cinematografiche, da cui si preferiva tenere fuori quel tono da commedia macchiettistica che permeava la maggior parte dei fumetti di allora.
Non a caso, nel corso del libro, Matsumoto dichiara con orgoglio che, prima dell’arrivo del gekiga, il manga era esclusivamente un prodotto per bambini e, se non fosse stato per loro, difficilmente sarebbe diventato quello che è oggi. Una considerazione valida non soltanto per il Giappone ma per tutto il mondo. Come evidenzia, difatti, il critico Francesco Boille, è doveroso sostenere l’idea che siano stati i giapponesi a inventare il romanzo a fumetti intimista e autobiografico, già alla fine degli anni Cinquanta, ben prima dei graphic novel coniati da Will Eisner nel 1978.

Un’invenzione che trova fondamento proprio grazie al gekiga, sviluppato nonostante la reticenza degli editori, che desideravano «dare un taglio a queste porcherie invendibili» e la strenua opposizione delle associazioni di madri per la salvaguardia dei ragazzi e per l’abolizione dei manga, che occupavano le proprie giornate in convegni volti a bandire simili pubblicazioni.
Tuttavia, trascurando gli intenti documentaristici alla base dell’opera, tra le pagine di I fanatici del gekiga c’è proprio quella che potrebbe sembrare a tutti gli effetti una comune storia di questo stampo. I diktat ci sono tutti: l’alienazione urbana, la sopravvivenza in tempo di crisi – palesata dalle frequenti scene di fuga dai creditori per i debiti accumulati e le cambiali falsificate –, il desiderio carnale e la sua repressione, e la contraddizione insita tra l’esigenza di conformarsi e quella di far emergere il proprio “io”. Caratteristiche ben incarnate dal controverso personaggio del maestro Masami Kuroda, illustratore nonché supervisore editoriale di Hinomaru Bunko, qui ribattezzato semplicemente Takigawa, probabilmente per evitare scontri con gli eredi.
Resta facile notare che I fanatici del gekiga funziona bene anche come una mera storia di intrattenimento dal profumo vintage. La bizzarra avventura di tre eroi perdigiorno che rincorrono il sogno di cambiare tutta l’industria del fumetto. Una scorrevolezza che è tutto merito dello stile vivace e scanzonato – ma mai banale né ridicolo – di Masahiko Matsumoto, che si distanzia dalle atmosfere nichiliste di Tatsumi e da quelle esistenzialiste e oniriche di Yoshiharu Tsuge e Shinichi Abe, accostandosi all’intimità e la semplicità dei piccoli gesti quotidiani tipica dei lavori di Yuu Takita e Ryohei Saigan.

Un altro merito da attribuire a Matsumoto è quello di essere stato il primo a imprimere su carta un pezzo di Storia del fumetto, e ad aver così convinto Yoshihiro Tatsumi a realizzare diversi anni dopo, dal 1995 al 2007, un’altra milestone nella Storia del gekiga: Gekiga Hyouryuu, noto in Italia come Una vita tra i margini. I due titoli sono, a tutti gli effetti, complementari. Il romanzo-fiume di Tatsumi – presentato ai lettori da Bao publishing nel 2012, con una notevole mostra di tavole originale a Palazzo Ducale, nella cornice della XXVII° edizione di Lucca Comics & Games – copre un arco di tempo decisamente più lungo di quello ritratto nell’opera di Matsumoto. Eppure, quest’ultima, nella sua brevità (300 tavole contro le quasi 900 dell’opera di Tatsumi) condensa al meglio le vicende del periodo trascorso dal trio di autori alla Hinomaru Bunko e segue le tappe del lancio della rivista Kage (chiamata semplicemente Ombra nell’opera di Tatsumi).
A differenza di quanto accade ne I fanatici del gekiga, l’opera di Tatsumi verte verso un maggior autobiografismo. Se Tatsumi, per mezzo del suo alter ego (per il quale usa lo pseudonimo di Hiroshi Katsumi), racconta accuratamente le sue vicende familiari, la perdita del lavoro del padre e il rapporto burrascoso con il fratello Shoichi Sakurai, la sua malattia e la rabbia per non riuscire a eguagliare l’estro e la prolificità del fratello, Masahiko Matsumoto tiene a debita distanza il lettore dai suoi trascorsi intimi, finendo per rendere noti più aneddoti legati all’amico Saito che i propri.
Ciò nonostante, pur mantenendo separate nell’opera la dimensione privata del Matsumoto uomo da quella pubblica del Matsumoto artista, nella sua postfazione Takao Saito critica il tono intimista e autobiografico dell’opera, esprimendo il suo personale disappunto: «Non mi è mai venuta in mente l’idea di realizzare una storia basata su fatti veri come questa di Matsumoto. Se la scrivessi, diventerebbe all’istante una bugia. Non vorrei mai scrivere una cosa del genere e farla leggere ai lettori».

Malgrado, però, gli sforzi monumentali compiuti da Masahiko Matsumoto nell’innovare le fondamenta della nona arte, primo in assoluto ad aver pensato di creare un “manga che non è manga” ribattezzandolo “komaga” (rinominato poi “gekiga” dal collega Tatsumi), questo autore resta ingiustamente sconosciuto anche nello stesso Giappone. I suoi racconti contenuti nella raccolta Cigarette Girl – pubblicata negli Stati Uniti, in Francia e in Spagna, grazie a Sean Michael Wilson e Asakawa Mitsuhiro, che da decenni si occupano di promuovere il gekiga nel mondo – dimostrano un punto di vista inedito nel gekiga noto al lettore medio occidentale. Una cifra stilistica più sobria e delicata che verte sul quotidiano, in cui forte risalto viene dato alla figura della donna e alla sua condizione nella società maschilista e patriarcale del Dopoguerra.
Eppure, le dichiarazioni del figlio Tomohiko nella preziosa intervista contenuta in coda al volume, condotta da Paolo La Marca, non lasciano dubbi sulla tiepida accoglienza dei fumetti alternativi, apprezzati più all’estero che non in Giappone.
Tuttavia, sebbene il boom economico avesse facilitato la diffusione della televisione e reso più accessibile il cinema, e il tempo abbia fagocitato nella sua morsa mezzi come il kamishibai, l’arte dei cantastorie di strada, se il successo del manga non accenna ancora a diminuire è anche per merito di autori rivoluzionari come lui che hanno scelto di percorrere una strada diversa da quella intrapresa da altri professionisti, come Saito, creatore di Golgo 13, che si è sempre definito un produttore/imprenditore di fumetti invece che artista. Ma poiché, citando Philip Roth, «non dimentichiamo le cose perché non contano, ma perché contano troppo», leggere oggi I fanatici del gekiga significa rendere giustizia a un uomo che ha scelto di superare le convenzioni, a scapito del successo commerciale.
I fanatici del gekiga
di Masahiko Matsumoto
traduzione di Vincenzo Filosa
Coconino Press, agosto 2023
cartonato, 336 pp., b/n e colore
25,00 € (acquista online)
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