“The Bear 2” è la serie tv da vedere

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L’attore Jeremy Allen White interpreta Carmy in una scena della seconda stagione della serie tv “The Bear”

The Bear è stata una delle migliori serie tv della stagione scorsa. Ha ricevuto una candidatura ai Golden Globe come miglior serie commedia e musicale (e questo la dice lunga sul senso di questi riconoscimenti), mentre il protagonista Jeremy Allen White, che interpreta Carmy, ha vinto il premio come miglior attore. The Bear è diventata quindi velocemente la sorpresa dell’anno, e questo ha alimentato non poco le aspettative sulla seconda stagione, disponibile da poco su Disney+. Aspettative ampiamente rispettate.

Le vicende riprendono là dove erano finite nella scorsa stagione: Carmy e tutti i suoi colleghi e colleghe intendono riaprire il The Beef con un nuovo nome (The Bear), dandogli inoltre un nuovo, sorprendente aspetto. Vogliono infatti farlo diventare un ristorante in grado di garantire un’esperienza irripetibile ai clienti, nella speranza di ottenere la famigerata stella Michelin. Ma tutto si metterà di traverso, mentre ciascun personaggio cercherà di trovare il proprio posto nel mondo. 

Se la prima stagione di The Bear era un crollo verticale, la seconda è un faticoso tentativo di ricominciare. La prima stagione era segnata dal lutto, dal suicidio del fratello di Carmy e tutto – fisicamente e psicologicamente – tendeva alla distruzione, alla dissoluzione. Qui, una volta che l’orizzonte esistenziale e professionale è stato reso al suolo, si tenta la faticosa ricostruzione. Da questo punto di vista, il luogo che aveva dominato la prima stagione diventa emblematico, ma non assoluto e centrale. 

Il ristorante, per essere riaperto, deve affrontare importanti lavori di ristrutturazione. Ma le strutture sono marce e decrepite. Ecco perché, nel corso della stagione, il luogo dove queste vite travagliate si sono incontrate, dove hanno condiviso gioie e dolori, è letteralmente buttato giù per essere ricostruito, e la maggior parte dei problemi derivano dalla vecchia gestione. 

Ancora una volta, ciò che rende The Bear una delle migliori serie tv di quest’ultimo periodo è la scrittura. Ogni episodio si muove con equilibrio tra i problemi e i conflitti dei singoli personaggi ed è notevole il modo in cui descrive il loro desiderio di ritrovarsi, di recuperare un futuro negato. «Non è mai troppo tardi per ricominciare” dice chef Terry, interpretata da Olivia Colman, in un momento molto intimo condiviso con Richie (Ebon Moss-Bachrach), uno dei personaggi più intriganti di The Bear

Colman che, peraltro, non è l’unica star ad aver ottenuto un cameo: nelle varie puntate sono presenti anche Will Poulter (Guardiani della Galassia Vol. 3), il premio Oscar Jamie Lee Curtis, Bob Odenkirk (Better Call Saul), Sarah Paulson (American Horror Story) e altri ancora, a riprova del fatto che l’interesse generato da The Bear è cresciuto in modo esponenziale, grazie soprattutto al suo raro tasso qualitativo raro.

La struttura della seconda stagione rimane identica a quella della prima: gli episodi sono aumentati, da otto a dieci, ma la durata è sempre di circa 30 minuti l’uno, fatta eccezione per il sesto, Pesci, che dura più di un’ora ed è ambientato nel passato, in casa della famiglia di Carmy. Un momento straordinario per scelte stilistiche, di montaggio, fotografiche e anche interpretative, mentre ci catapulta nel delirio isterico e paranoico che è stato la vita del protagonista (e non solo). Un crescendo di tensione a metà strada tra iperrealismo e dimensione onirica.

La seconda stagione di The Bear si conferma così compatta ed emozionale, adrenalinica e poetica, nonostante – e questo potrebbe essere l’unico difetto – una chiusura un po’ forzata, strutturata proprio per spianare la strada a una terza stagione attraverso un cliffangher poco coerente con il resto della stagione. Ma è un dettaglio. Al netto di questo, The Bear è la serie da vedere, un esempio straordinario di narrazione seriale.

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