Come finisce tra Spider-Man, il Dottor Octopus e Norman Osborn

Il rilancio di " The Amazing Spider-Man", raccontato numero per numero da Andrea Fiamma.

ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER PER THE AMAZING SPIDER-MAN 30

Continua – e si conclude – a tutta velocità l’arco narrativo che vede protagonista il Dottor Octopus e le sue nuove braccia “blockchain”, blocchetti senzienti chiamati Ocktoidi.

Dove eravamo rimasti: Doc Ock vuole rovinare la vita a Norman Osborn, colpevole di aver messo fine ai suoi giorni come Superior Spider-Man. Dopo vari tentativi, ha deciso di iniettargli il siero di Goblin per fargli perdere l’equilibrio mentale che Osborn aveva faticosamente ritrovato. Intanto, Peter ha deciso di indossare le vecchie braccia di Octopus.

Cosa succede nell’albo

Il siero del Goblin sembra inefficace: Norman ha imparato a gestirne l’effetto negli anni e la scintilla che scatenava Goblin era un malvagità insita nell’uomo che ora è stata mondata. Peter, nel frattempo, si è connesso fisicamente e mentalmente con le vecchie braccia di Doc Ock, che gli stanno indicando dove si trovano i due – e lo stanno facendo anche comportare un po’ come il super criminale.

Incapace di tormentarlo e a corto di opzioni, Otto decide di uccidere Norman, ammettendo che quest’ultimo è stato l’unico al mondo ad averlo superato in astuzia. Spider-Man irrompe nel laboratorio segreto di Otto, riuscendo a confondere anche le nuove braccia, che riconoscono in lui la presenza del suo nemico. Peter ha la meglio sull’avversario ma si accorge che le braccia stanno prendendo il sopravvento sulla propria volontà. Chiede loro di sganciarsi e di «rimanere amici».

Le braccia acconsentono, nel frattempo però gli Ocktoidi hanno preso Otto, svenuto in seguito alla lotta, e lo hanno portato in salvo nell’intricata rete di tunnel sotterranei del laboratorio. Norman e Peter convengono che Doc Ock ha fatto loro un regalo inconsapevole, distraendoli dal lutto per Kamala.

Appunti sparsi

All’inizio dell’albo, vediamo Peter assumere degli atteggiamenti tipici di Doc Ock, a causa dell’influenza esercitata sul ragazzo dalle vecchie braccia del criminale. Quando Jonah Jameson gli fa notare che «sembri fin troppo a tuo agio con quelle braccia», Peter risponde stizzito «osi mettermi in discussione, idiota?!». In originale, Peter usa la parola “dolt” (“idiota”), molto spesso utilizzata da Octopus per apostrofare le persone che ritiene inferiori, quindi quasi tutte. È un sostantivo che caratterizza la frustrazione e al tempo stesso l’altezzosità di questo scienziato costantemente schiaffeggiato dalla vita e dagli eventi. Credo che in italiano la parola sia stata tradotta in modi diversi a seconda delle occasioni.

Nel corso dell’albo, vediamo le braccia modificate da Peter sparare ragnatele da tre ugelli impiantati sotto gli artigli all’estremità di ogni braccio.* È una modifica inedita che, se non sbaglio, non si era mai vista, nemmeno quando Spider-Man aveva il costume con le braccia di ragno creato da Tony Stark.

{*In realtà si vede in una sola vignetta, peccato non averci giocato di più.}

Gli Ocktoidi, le nuove braccia di Doc Ock, sono blocchetti animati da un liquido gelatinoso che funge anche da zampe, mentre le ventose sul dorso diventano gli occhi di ogni blocco, disegnati come gli occhialini che porta Otto. Nella scena finale, uno degli Ocktoidi alza la zampa scuotendola nell’aria, come a giurare vendetta. Visivamente e narrativamente, gli Ocktoidi fanno abbastanza simpatia e sono un modo fresco per ravvivare le scene di lotta con protagonista Doc Ock. In questo albo, per esempio, vediamo gli Ocktoidi smembrarsi e riattacarsi al corpo di Otto come magneti, ma le soluzioni visive sono tante.

Norman chiosa la vicenda con una riflessione sul fatto che le persone buone, come lo era stata Kamala,* sono più interessanti di quelle cattive: «All’apice della mia follia ho pensato che lo stato naturale dell’umanità fosse quello di sfruttarsi e abusarsi a vicenda. Ma sembra che se due persone passano abbastanza tempo insieme il rischio più grande è quello di diventare amici». La considerazione rievoca un po’ anche il tormentato rapporto che hanno Norman e Peter, in special modo quella strana piega d’amicizia che era stata evidenziata da Paul Jenkins nella saga Una morte in famiglia, in cui capivamo che i due, unici testimoni di tragedie epocali come la morte di Gwen Stacy, avevano molto più da condividere rispetto a tanti altri amici e affetti di Peter, e questo li rendeva legati da un rapporto che andava oltre quello di acerrimi nemici. È evidente che il ruolo assunto da Norman da quando i suoi peccati sono stati mondati guarda in quella direzione: un personaggio con cui Peter ha molto più da spartire di quanto si possa pensare.

{*In questa sede non commenterò il ritorno in vita di Kamala, fatto in maniera anche abbastanza goffa sulle pagine degli X-Men, talmente era prevedibile.}

Concluso l’arco narrativo, possiamo tirare le fila del discorso: è una saga che mi ha divertito, secondo me questa è un po’ la quadra stilistica di Zeb Wells, le vicende con un po’ di pathos, anche con della posta in gioco importante, ma umoristiche. Complici i disegni azzeccati di Ed McGuinness, le invenzioni comiche (le braccia vecchia, gli Ocktoidi), gli scambi leggeri tra Peter e Jonah e quelli più seri con Norman funzionano bene. Estesi a tutta la gestione, bilanciandoli con qualcosa di più drammatico ma non necessariamente apocalittico come la scorsa saga, questi elementi avrebbero giovato a quella che finora è stata una strada parecchio dissestata.

Poi, certo, quattro capitoli per una storia che alla meglio si risolveva in due albi non sono il massimo, ma sono gli effetti collaterali della scrittura pensata per la ripubblicazione in volumi. E comunque per fortuna l’uscita ravvicinata degli spillati (ogni due settimane) attenua il fastidio.

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