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Critiche del Tempo Medio

Un viaggio nelle storie di ieri e di oggi per provare a immaginare il nostro futuro. "Shock in My Town", una rubrica di Fumettologica a cura di Davide Scagni. Il martedì, ogni 15 giorni.

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cronache del tempo medio

Cronache del Tempo Medio è un vecchio fumetto di Emilio Balcarce e Juan Zanotto pubblicato negli anni Novanta su Lanciostory, ripubblicato poi in volumi da Editoriale Aurea e di recente in un’edizione integrale da 001 Edizioni. Ispirato in modo abbastanza palese al Terminator di James Cameron, come tanti altri oggetti narrativi di quell’epoca, racconta la strenua resistenza degli umani contro la violenza delle macchine in un mondo post-apocalittico. 

Ma la cosa interessante di questo fumetto – oltre al magnifico, sensuale segno di Zanotto – è che è ambientato esplicitamente in un’epoca intermedia, un Tempo Medio appunto, tra il nostro presente e un futuro non ben identificato: una sorta di Medioevo prossimo venturo, in cui due grandi superpotenze sono in lotta tra loro per il dominio del mondo. In una vera e propria partita a scacchi si sfidano due visioni contrapposte e complementari, dove l’umanità svolge in realtà il ruolo di pedina in attesa che si affermi un nuovo ordine. 

Da una parte abbiamo una creatura post-umana chiamata Brain, una sorta di super cervello in grado di controllare i corpi degli uomini e che raccoglie i dati che l’umanità ha prodotto per salvare la memoria dopo il conflitto. Ma Brain, in quanto umano, è dominato da pulsioni incontrollate, desideri fisici e sessuali che non può esaudire, non avendo un corpo, e che lo rendono inaffidabile per il compito assegnatogli. 

Dalla parte opposta della scacchiera abbiamo dunque Nerone, un’intelligenza interamente artificiale in grado di controllare le macchine per tenere sotto controllo l’umanità e uccidere spietatamente chi non ubbidisce agli ordini. Ma anche questa creatura apparentemente infallibile è in realtà imperfetta: un virus infatti gli disattiva gran parte della memoria. Così Nerone riempie le informazioni mancanti sulla sua “esistenza” prendendo spunto dalla biografia del suo omonimo imperatore romano, illudendosi di riprodurre pedissequamente la gloria del tempo che fu. 

Nerone è implacabile pulsione di morte, come Brain è invece dominato da una irrefrenabile pulsione sessuale: è in questo dionisiaco impulso che si afferma l’umanità dei personaggi, in una tensione vitalistica che non vuole cedere nemmeno nella disperazione più cupa. Non è chiaro in quale epoca storica sia ambientata Cronache del Tempo Medio, ma molto probabilmente è un tempo non molto diverso da quello che stiamo vivendo

L’osservatorio del fumetto fornisce un ideale punto di vista sul caos di questo nostro presente. Tra le perenni lamentele sui bei tempi andati e la difficoltà a focalizzare la direzione verso cui stiamo andando, questo terzo decennio del terzo millennio è davvero un Tempo Medio in cui noi, solerti produttori e ammaestrati consumatori seriali, ci muoviamo come pedine confuse e costantemente sollecitate da forze più grandi di noi. 

Nella faticosa uscita da una pandemia che ha sconvolto le nostre abitudini e ha ridefinito i nostri tempi pubblici e privati, noi combattiamo sempre e comunque, contro tutto e tutti, sicuri che il nostro punto di vista sia l’unico contributo che possiamo lasciare al mondo. Giocatori e personaggi di un videogame che tentiamo ogni giorno di salvare, sui nostri cellulari, coi nostri contenuti social. Ogni giorno, in base all’agenda di argomenti più notiziabili, combattiamo la nostra battaglia di opinioni e di sottoscrizioni, di discussioni e di precisazioni, di bufale o capolavori. 

La realtà ci impone di prendere posizione, sempre: stare coi bianchi o coi neri, come su una scacchiera. Forse proprio per questa netta divisione, per questo spazio totalizzante e senza uscita, il campione del mondo Garry Kasparov definì gli scacchi «il gioco più violento del mondo». Questa polarizzazione, se può servire a fare crescere views e interazioni, non aiuta la comprensione dei fenomeni: la realtà è spesso contraddittoria, sfumata, forse meno violenta ma decisamente più complessa di una scacchiera. Richiede umiltà, studio, talvolta persino competenza. 

Tuttavia, non serve essere professionisti per esprimere un pollice alzato o verso. Il giudizio è il nostro pane quotidiano: la critica è il nostro secondo lavoro. Questa costante tensione al giudizio ci esalta, ci riempie e ci fa credere di essere liberi. C’è un film di Jean-Luc Godard del 1963 che si chiama Les Carabiniers (lo trovate su Netflix) e racconta di due fratelli che vivono isolati nelle campagne francesi. Un giorno, questi due pedoni da sacrificare vengono reclutati dal Re per andare in guerra: dapprima titubanti, si caricano di entusiasmo quando scoprono che in guerra possono fare quello che vogliono, commettere ogni violenza, prendere possesso di ogni bene, non pagare il conto, eccetera. 

Tornati a casa dopo varie battaglie, mostrano alle loro mogli le cartoline dei posti che dicono di aver conquistato: monumenti, edifici, automobili di lusso, donne bellissime, animali, bellezze naturali e quant’altro. Convinti di aver occupato il mondo, in realtà l’unica cosa che hanno portato a casa sono cartoline senza valore. Nella nostra quotidiana battaglia di consumatori stiamo accumulando cartoline pensando che siano esperienze. Sulla nostra bella tovaglia a scacchi famelicamente mangiamo per non essere mangiati, poi mettiamo le nostre stelline, prima di alzarci da tavola e dimenticare tutto. 

Complice anche una guerra vera, che aumenta il costo dei materiali ma tiene invece bloccati i nostri stipendi, ci ritroviamo a scegliere in modo sempre più selettivo dove indirizzare i nostri soldi e il nostro tempo. Il fumetto cartaceo si fa bene di lusso, la critica si vaporizza in forme nuove, per rispondere a bisogni culturali costantemente sollecitati dal mercato. La serialità – specialmente quella televisiva – ci disorienta con un eccesso di proposte che non riusciamo a sostenere. Di fronte all’eccesso di offerta, perdiamo il senso della domanda

In questa partita a scacchi tra le opportunità produttive promesse dalle Intelligenze artificiali e una macchina editoriale che si affida sempre più al passato per ritrovare se stesso, il nostro consumo rischia di farsi sempre più bulimico e acritico. La quantità delle immagini che accumuliamo le rende immediatamente superate, quindi inutili, incapaci di costruire un discorso che ci arricchisca davvero. Si sente il bisogno di fermarsi, di digerire quello che si è appena mangiato. Di imparare, quindi crescere, acquisire competenza di ciò che fruiamo. Di conservarlo nel nostro cervello e nel nostro corpo, per costruire un significato personale che non si limiti all’esperienza di consumo. Ovvero, che non ci faccia diventare fascisti. 

Questo è il pericolo più grande del Tempo Medio: attirati da una promessa di libertà, ci affanniamo a collezionare cartoline di posti che non abbiamo mai davvero visitato. Pedine inconsapevoli nel grande gioco del mercato, ci muoviamo di continuo con la paura di essere mangiati. Ma, forse, l’unico modo per vincere la partita è uscire dalla Scacchiera.

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