
A inizio agosto, sui numeri 3532 e 3533 di Topolino, è stato pubblicato un fumetto abbastanza anomalo, che potrebbe aver colto di sorpresa i lettori occasionali della rivista. Una storia atipica fin dal titolo, che non contiene il nome di nessun personaggio Disney: I cieli di Farmtown. È ambientata a Paperopoli e ha per protagonista Gastone, un papero su cui la gestione di Alex Bertani sta scommettendo ormai da un paio di anni e che in futuro potrebbe affrancarsi dalla caricatura di fortunello snob e scansafatiche che siamo abituati a conoscere.
Scritta da Marco Nucci e disegnata da Stefano Zanchi, I cieli di Farmtown è un sequel di Gastone e la solitudine del quadrifoglio, storia del 2021 realizzata dalla stessa coppia di autori. In quell’avventura il papero riccioluto, sentendosi emarginato dai parenti a causa della sua fortuna, decideva di rinunciare ai favori della dea bendata e di trasferirsi nella distante Farmtown. Qui cominciava a essere bersagliato dalla malasorte, ma proprio per questo riusciva a stringere amicizia con gli abitanti del luogo, ignari della disgustosa fortuna di cui il papero godeva fino a poco tempo prima.
Alla fine, pur avendo raggiunto la felicità, Gastone era costretto a tornare a Paperopoli per porre fine a una serie di calamità naturali che l’avevano colpita in seguito alla sua partenza. Dal momento che era proprio la sua buona stella a fare sì che la città non sprofondasse nel caos, Gastone doveva accettare la propria natura, ritornando fortunatissimo per il bene dei suoi concittadini. Le circostanze lo condannavano quindi a una sorta di prigionia, permettendogli di allontanarsi dalla metropoli solo qualche volta e per pochissimo tempo.

Ne I cieli di Farmtown veniamo a sapere che in quelle rare occasioni Gastone ha continuato a recarsi dai suoi nuovi amici, iniziando a tutti gli effetti una doppia vita: nei giorni “lavorativi” rimane il papero di sempre, che ozia nei parchi pubblici e fa incetta di premi e onorificenze, mentre nei fine settimana prende il treno per Farmtown e si fa in quattro per diventare un agricoltore provetto, nonostante gliene capitino inspiegabilmente di tutti i colori.
Soprattutto, però, Gastone ha l’opportunità di conoscere meglio Priscilla, la dolce maestra del paese che si innamora della sua goffaggine e che vorrebbe trasferirsi a Paperopoli per aprire con lui una libreria. Naturalmente la storia non esplicita mai la natura del loro rapporto, ma se ne guarda bene dal trattarlo come una semplice “amicizia”. Per la prima volta nella vita di Gastone c’è spazio per un sentimento più profondo, che entrerà in crisi proprio quando Priscilla vorrà trascorrere un po’ di tempo con lui anche in città.
In entrambe le storie ci troviamo di fronte a un personaggio tutt’altro che sicuro di sé, un adolescente un po’ svampito che cerca di maturare imitando il suo prossimo (il modello, per assurdo, è lo scalognato ex-rivale Paperino a cui tutti vogliono bene) e che sa di aver perso molte occasioni di crescita in passato, essendosi affidato unicamente alla fortuna. Di fatto, non avendo mai stretto rapporti con nessuno, è del tutto inesperto in materia amorosa e, pur di non dover coinvolgere Priscilla nella sua disgustosa routine cittadina, escogita un piano diabolico per allontanarla da Paperopoli, rischiando così di perdere la sua fiducia. Pensa di fare del bene, ma senza volerlo agisce solo in virtù del proprio interesse.

Per di più Gastone non può contare sull’aiuto di nessuno. I parenti si accorgono per caso della sua metamorfosi e non se ne curano granché, anche perché nei loro paraggi la fortuna del papero continua a renderlo sgradevole nonostante tutto. I nuovi amici di Farmtown sono troppo diversi da lui, e i paperopolesi non lo trattano come un loro concittadino ma come un talismano vivente.
Al suo fianco c’è soltanto la vecchia zia Olivia Duck, di cui il Nostro si serve per allontanare Priscilla dalla città. Papera ancora più fortunata (e snob) del nipote, è stata creata ex novo da Nucci e Zanchi per certificare l’evoluzione del protagonista: una sorta di specchio che riflette le sfumature negative del Gastone “vecchia maniera”, e da cui quello attuale cerca di prendere le distanze.
Le origini della solitudine
Anche se oggi le diamo per scontate, la buona sorte e l’apparente invincibilità di Gastone non sono i tratti che lo caratterizzano da più tempo. Quando Carl Barks lo fece debuttare nella storia breve Paperino lingualunga del 1948 (appena due mesi dopo il memorabile esordio di zio Paperone), aveva soltanto bisogno dell’ennesimo villain urbano, capace di sconquassare dall’oggi al domani la vita del papero medio. Rispetto al ricco e potente zio, il cugino Gastone era però meno avveduto: tentava di impossessarsi con l’inganno della casa di Paperino ma veniva ripagato con la sua stessa moneta e costretto a bere due galloni di limonata pur di non perdere la faccia.
La sua fortuna comparve in un secondo momento, quando Barks lo utilizzò per la prima volta in una storia lunga. Paperino e l’isola misteriosa (1949) fu l’atto di nascita di un Gastone più maturo e spietato che, oltre a sbeffeggiare i parenti, li ostacolava, lasciandoli nelle grinfie di una tribù di selvaggi o sperduti in mezzo all’oceano. Gastone era la vera mela marcia della famiglia dei paperi: l’atteggiamento da dandy spiantato lo rendeva persino più detestabile del “primo” Paperone, quello che tutti ricordano come arcigno e disumano ma che in realtà vuole soltanto isolarsi dal resto del mondo, dando prova di un titanismo che lo caratterizza anche nella sua fase più matura. Gastone, viceversa, è sempre stato un caso perso agli occhi di Barks, che non gli ha mai concesso un briciolo di umanità.

Il fascino del personaggio originale risiede proprio nel suo essere ingenuo e pericoloso allo stesso tempo. Apparentemente non ha alcuno scopo, a differenza di altri villain barksiani come Amelia o i Bassotti, perché la fortuna lo fa sentire in una botte di ferro. Prende in giro spesso e volentieri le disgrazie altrui ma non ne fa una ragione di vita, non ne ha mai davvero bisogno. E Paperino lo sa perfettamente, altrimenti non si infurierebbe così tanto. Gastone è la nemesi per eccellenza, buona per mettere in luce le qualità nascoste dell’eroe, proprio come accade in Paperino e il tesoro dei vichinghi, Paperino e il sentiero dell’unicorno o Paperino contro l’uomo d’oro.
Come successe anche con altri personaggi, i “Disney italiani” non colsero del tutto questa complessità. Nei fumetti pubblicati su Topolino negli anni Cinquanta cominciò ad affermarsi una versione annacquata del personaggio, più o meno la stessa a cui si pensa ancora oggi. Il Gastone dei vari Martina, Dalmasso e Barosso è un papero innocuo oltre che antipatico, sempre vincente ma depositario di una fortuna fine a se stessa. Per indispettire il cugino si limita a sbattergli in faccia i premi vinti o a fare il filo a Paperina, riprendendo un aspetto marginale (e nemmeno troppo interessante) dei fumetti di Barks.
Gli sceneggiatori nostrani lo utilizzarono per anni in questo modo nel tentativo di renderlo un po’ più protagonista, ampliando il suo raggio d’azione ma banalizzando le sue peculiarità. Si dimenticarono che il Gastone originale era e doveva essere poco più di una macchietta, giustamente privo di spessore psicologico perché finalizzato a esaltare quello del rivale.
In Italia ci si spinse decisamente oltre, e negli anni Sessanta uscirono i primi fumetti “benevoli” nei confronti del papero, che a causa di qualche sfavorevole congiunzione astrale doveva fare a meno della fortuna per qualche ora. Giusto il tempo di mostrarlo alle prese con le situazioni più “ostiche” del vivere quotidiano, come attraversare una strada o prendere un taxi, mettendo così in scena situazioni innocue e limitandosi a far assistere i lettori ai dolorosi insuccessi del papero. La storia che diede inizio a questa tendenza, Gastone e l’eclissi di fortuna, terminava naturalmente con il ritorno allo status quo, rendendo ancora più gratuite le gag accumulate in corso d’opera.

Da allora in avanti per svecchiare il personaggio ci si è sempre serviti di questo espediente, e lo stesso hanno scelto di fare Nucci e Zanchi nei loro lavori. Fino a pochi anni fa l’altro grande tentativo risaliva al 2011, quando Riccardo Secchi scrisse due storie (Gastone, il papero più fortunato del mondo e Gastone, Zio Paperone e la sfida anacronistica) in cui Gastone voleva chiudere i conti col passato, rimboccandosi le maniche e dimostrando persino qualche dote affaristica a discapito di Paperone. Niente di più lontano dai canoni, se pensiamo che in un celebre fumetto di Barks Gastone rimpiangeva di aver lavorato in un momento di difficoltà. Ma la rilettura di Secchi era soltanto la punta dell’iceberg e fotografava uno stato di forma inedito per il personaggio: da un lato sempre più fortunato, dall’altro sempre più infelice di esserlo.
Fortuna o superpotere?
Tutte le storie degli ultimi anni incentrate su una versione “problematica” di Gastone hanno messo in discussione due cose: i rapporti del papero con chi lo circonda e l’entità della sua fortuna. Nei fumetti di Barks non era mai chiaro da dove provenisse questo dono, né fino a che punto potesse fare effetto. A seconda della necessità Gastone poteva attirare una balena verso riva o entrare in possesso di un francobollo prezioso, ma veniva comunque “sconfitto” dai parenti sul piano morale. La sua fortuna era prettamente funzionale all’intreccio, una caratteristica da non prendere troppo sul serio perché destinata a essere ribaltata nel giro di poche tavole.
Tanto nelle storie di Secchi quanto in quelle di Nucci accade invece qualcosa di diverso. I due sceneggiatori lavorano tenendo a mente la banalizzazione subita dal personaggio in quasi 70 anni di fumetti italiani: riprendono l’escamotage (abusato) della iella occasionale facendo sì che duri potenzialmente in eterno e che sia proprio Gastone il responsabile di questa scelta. La fortuna da cui tenta di scappare non è quella canonica, che si attiva alla bisogna, ma un flusso ininterrotto di favori e ricchezze, una fonte di stress a cui lui non può più sottrarsi. Sta qui il senso ultimo di entrambe le operazioni: privare Re Mida del suo leggendario “tocco d’oro” per cucirgli addosso una personalità nuova e tridimensionale.
In questo universo alternativo l’impatto della buona stella nella vita di Gastone è del tutto simile a quello di un superpotere. Il protagonista del Papero più fortunato del mondo non sa cosa farsene e lo rigetta per tutta la storia, ma alla fine è costretto a recuperarlo per salvare se stesso e gli altri passeggeri di una funivia in caduta libera. Nella Solitudine del quadrifoglio la somiglianza è ancora più esplicita, dal momento che l’intera Paperopoli è al sicuro grazie alla sola presenza del papero (roba da fare invidia al Pikappa dei tempi d’oro). E anche stavolta Gastone è chiamato ad accettare il grande potere e le grandi responsabilità che ne derivano.

Che oggi sia questa la caratteristica fondamentale del personaggio lo ricorda anche Gastone lo sfortunato, storia del 2022 scritta da Emiliano e Matteo Mammucari per i disegni del solito Zanchi. Derubato della fortuna da Amelia, che la sfrutta per forgiare l’amuleto della ricchezza in sostituzione della Numero Uno, Gastone si scontra con il suo antico potere e capisce cosa succede a chi non sa farne buon uso. La fattucchiera lo riserva per se stessa, perdendo man mano tutte le amicizie di un tempo, e per questo viene sconfitta. Il fumetto è quindi pensato per dare spessore a entrambe le creature barksiane e specialmente ad Amelia, che da un po’ di anni dimostra una certa fiacchezza, anche lei a causa dei suoi “superpoteri”.
Un nuovo canone
Nel 2010, quando uscì su Topolino 2865, Il papero più fortunato del mondo fu scelta come storia di apertura dell’albo e le fu dedicata la copertina. Alcuni lettori la trovarono interessante e ne apprezzarono lo sviluppo coraggioso, ma già l’anno successivo Gastone, Zio Paperone e la sfida anacronistica non riscosse le stesse attenzioni. Vide la luce come storia riempitiva, cadde ben presto nel dimenticatoio e non fece scuola. Sorte comune a tutti gli altri fumetti di Secchi con questa nuova incarnazione del personaggio.
Nel 2021, l’uscita di Gastone e la solitudine del quadrifoglio fu salutata come un evento, reclamizzata con settimane di anticipo ed elogiata dal direttore Alex Bertani nei suoi editoriali. Anche agli appassionati piacque molto, tanto da registrare ottimi risultati all’edizione 2021 del Topo Oscar (il sondaggio indetto dallo storico forum del Papersera per individuare le storie e gli autori più apprezzati dell’anno appena trascorso). Il fumetto vinse il premio come “migliore storia oltre le 50 pagine” con 99 voti (superando nella classifica all time anche opere come Zio Paperone e l’ultima avventura o Topolino e i 7 Boglins), e Nucci trionfò nella categoria “miglior sceneggiatore” con 152 preferenze. Pochi mesi dopo, la riedizione in un volume cartonato per collezionisti contribuì a rendere la storia un instant classic, un’avventura “definitiva”, uno spartiacque nella vita del personaggio titolare.

Insomma, malgrado sulla carta abbia molto in comune con i fumetti di Secchi, la versione di Nucci e Zanchi sta vincendo nettamente il confronto sul lungo periodo. Conquistando il favore del pubblico, ha gettato le basi per un microcosmo narrativo dove Gastone veste i panni del candido bonaccione che ispira tenerezza, persino più ingenuo di Paperino, lontano anni luce sia dall’antagonista barksiano sia dalla “comparsa non richiesta” di tanti fumetti made in Italy. E la sua influenza sull’agenda del Topolino odierno è notevole, se si pensa che dal 2021 a oggi quasi tutte le apparizioni del papero coincidono con questa nuova incarnazione.
Le ragioni di questo successo sono molteplici. Innanzitutto, a differenza di tredici anni fa, oggi ci troviamo di fronte a un’operazione fortemente voluta dalla direzione: Bertani ha chiesto espressamente a Nucci di ripensare Gastone dandogli un tocco di verosimiglianza e umanità, nell’ambito di una politica sempre più attenta all’interiorità dei personaggi e alle loro motivazioni profonde. Il lavoro di worldbuilding è stato quindi affidato a due degli autori più freschi in circolazione, che hanno confezionato un paio di storie pensate apposta per non lasciare indifferenti.
Nucci ha dato fondo al suo repertorio, tra un utilizzo insistito della voce narrante in chiave introspettiva e un dosaggio maniacale, quasi alla Don Rosa, dei refrain comici. Zanchi invece si è sbizzarrito nella scelta del layout, scompaginandolo a più non posso ma sempre in accordo con le esigenze di trama o con la tensione emotiva del momento.
Proprio come sta succedendo con Qui, Quo e Qua, anche con questa nuova incarnazione di Gastone si sta affermando un modello da cui chi scrive per Topolino, in teoria, non dovrebbe più prescindere. Se questo progetto avrà ancora futuro, ora che le coordinate di massima sono state tracciate nell’arco di oltre due anni, sarà interessante capire fin dove potrà spingersi il papero riccioluto, quanto si allontanerà dalle sue versioni precedenti e come cambieranno i secolari rapporti di forza tra lui e i parenti.
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