Quando Lupin III era soltanto un pischello

di Mario A. Rumor*

lupin zero

Giustamente tocca attendere la conclusione per ammirare Lupin III come lo conosciamo oggi, e non solo per l’iconica giacca indossata. Un atto dovuto che rende Lupin Zero, la miniserie in 6 episodi realizzata da Telecom Animation Studio nel 2022 per festeggiare il 50° del debutto animato, uno dei lavori meglio organizzati rispetto alla sesta serie e, senza ombra di dubbio, rispetto al recente film Lupin III vs
Cat’s Eye
.

Scrutare nel passato (e nella vita privata) del nipote del più celebre ladro gentiluomo, è sempre stato un modo trasversale per entrare a far parte del mondo del personaggio creato da Monkey Punch in maniera credibile. Succedeva già nel manga e nelle altre produzioni animate: ora si concretizza in questo progetto ideato da Ichirō Okouchi, che colloca Lupin negli anni della scuola mentre fraternizza con un altrettanto giovane Daisuke Jigen (già bello formato come personaggio e pistolero) e qualche affascinante presenza femminile, mettendo in
risalto i difficili legami con la famiglia, dal padre al nonno.

Un Arsenio Lupin in miniatura, cui autori e disegnatori rendono onore replicando posture divenute celebri (come ammiriamo nelle sigle tv) e capacità di affrontare situazioni complicate o pericolose che sono già del suo io adulto. Oltremodo convincente, Lupin Zero lo è però grazie al recupero identitario di un gruppo di lavoro che alla fine degli anni 60 ne concepì le prodezze animate.

L’ambientazione è nostalgica nell’aspetto ma pure nelle intenzioni, perché fa immediatamente pensare alla volontà di Masaaki Osumi, primo regista della serie originale nel 1971, di costruirgli attorno un clima hard boiled con sfaccettature svagate e oziose in sintonia al mood esistenziale dell’epoca. Nella miniserie ascoltiamo Lupin affermare di non voler diventare un ladro come il padre, ma poi è già pronto a vestire i panni del personaggio pop così come abbiamo imparato ad amarlo in seguito.

Lupin Zero è dunque prequel ma anche opera indipendente. Soprattutto, è un omaggio all’arte di Yasuo Ōtsuka – animatore senza il quale il personaggio televisivo non esisterebbe – e di chi è venuto dopo: artisti del calibro di Kazuhide Tomonaga, qui autore delle sigle sulle sonorità del maestro Takeo Yamashita.

Impeccabile l’edizione Blue-ray realizzata da Anime Factory e Plaion Pictures: presente un booklet con sinossi e dati tecnici degli episodi, cartoline, trailer e sigle d’apertura e chiusura.

*La versione originale di questo articolo è disponibile sul mensile Fumo di China 332, ora in edicola, fumetteria e online.

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