Alan Moore: «Il fumetto è perfetto, è sublime»

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Alan Moore – lo sceneggiatore di Watchmen e V for Vendetta – è tornato a parlare del suo rapporto con i fumetti, sottolineando ancora una volta come i suoi risentimenti e la sua amarezza siano nei confronti dell’industria e non del medium stesso, da lui definito invece «sublime».

Nel corso di un’intervista di presentazione della sua raccolta di storie brevi Illuminations (che sarà pubblicato in Italia da Fanucci) con il sito americano Newsarama, Alan Moore ha raccontato di come una delle storie del libro, Thuderman, sia proprio una satira del settore del fumetto: «Alcune delle scene più grottesche le ho abbellite e in altre ho mentito spudoratamente, ma credo che il libro catturi il carattere dell’industria del fumetto e che molte delle cose più spaventose dal punto di vista fisico siano molto vicine alla realtà. Detto questo, non è un roman a clef. La maggior parte delle persone presenti sono composite o inventate».

Alla domanda se questa satira sia per lui una sorta di esorcismo, Alan Moore risponde che «è proprio quella la parola esatta. Ho disconosciuto la maggior parte dei miei fumetti, comprese cose come Watchmen, V For Vendetta, tutto il materiale della ABC, tutto ciò che non possiedo. L’unica cosa attiva che potevo fare era disconoscerlo, il che è stato doloroso. Ho investito un’enorme quantità di lavoro, di energie e di amore in tutti quei progetti, e mi è sembrata una sorta di amputazione disconoscerli».

«Allo stesso tempo, era l’unico modo per eliminare il veleno. Non ho una copia di queste opere. Non le guarderò mai più» continua poi lo scrittore. «E, anche solo a pensarci, tutto ciò che ho è il ricordo di quando mi hanno rubato i diritti di proprietà intellettuale e poi, quando mi sono lamentato di questo, sono stato dipinto come un pazzo arrabbiato: “Alan Moore dice ‘fuori dal mio prato'”. E, sì, d’accordo, ero piuttosto arrabbiato, ma non credo senza motivo e anche suggerire che sono arrabbiato per tutto è un’evasione. È un modo per dire: “Oh, be’, se è arrabbiato per tutto allora non dobbiamo preoccuparci di quello che dice sul modo in cui le persone vengono trattate nell’industria dei fumetti, è semplicemente arrabbiato per tutto”.»

Il problema, dunque, non sarebbe il fumetto in sé: «Il medium fumetto è perfetto. È sublime. L’industria del fumetto è un inferno disfunzionale. Allora perché sono tornato a parlarne in questa storia? Come hai detto tu, è un esorcismo. Come scopre uno dei personaggi di Thunderman, una cosa è smettere di fumare, ma smettere di fumare è diverso dal riuscire a smettere di pensarci. Scrivere questo libro mi ha liberato di molte cose. Ho detto molte delle cose che avrei sempre voluto dire, ma non avevo mai avuto il contesto giusto in cui dirle. Ma farle in una satira alla Kafka ha funzionato perfettamente. E quando dico “satira kafkiana”, intendo dire che Franz Kafka, mentre leggeva i suoi racconti ai suoi seguaci e agli amici sconvolti, rideva quasi troppo per riuscire a dire le battute. È orribile, orrendo, spaventoso – ma probabilmente l’autore stava ridendo quando l’aveva scritto».

«Spero che il mio amore per i fumetti traspaia» conclude poi Alan Moore. «Il mio amore per Jack Kirby e molti altri disegnatori e un paio di scrittori della sua generazione. […] Questo medium può fare qualsiasi cosa. Il suo potenziale è ancora quasi del tutto inesplorato. Quindi ho cercato di esprimere il mio amore per il medium, per alcune delle persone meravigliose che vi hanno lavorato, e di esprimere anche il mio orrore per il fatto che questa piccola propaggine, il genere dei supereroi, sia diventata una monocultura che rischia di trascinare con sé almeno una parte considerevole del medium dei fumetti quando i film sui supereroi finalmente non saranno più interessanti. Quando ciò accadrà, la mia preoccupazione è che molte fumetterie non saranno in grado di continuare, e molti fumetti indipendenti interessanti non avranno più sbocchi.»

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