“Lupus”, un classico moderno del fumetto francese

lupus frederik peeters coconino

Quando Frederik Peeters pubblicò il primo volume di Lupus nel 2003 per i tipi di Atrabile molti lettori ne furono delusi. Il successo di Pillole blu aveva creato aspettative in un platea di appassionati in attesa dell’ennesimo memoir che indagasse la vita del fumettista ginevrino. In realtà, quello che avevano tra le mani era un oggetto strano, una specie di road comic ambientato nello spazio

Lupus Lablennorre e Tony Uffizi sono da più di sei mesi in giro per la galassia in cerca di specchi d’acqua dove praticare una pesca esotica e, spesso, pericolosa. Sono nel loro anno sabbatico: Lupus ha terminato da poco i suoi studi in xenobiologia, mentre Tony è stato cacciato dall’esercito, dove ha cercato di seguire le orme paterne. Entrambi hanno una dipendenza da alcool e sostanze stupefacenti. Anzi, gli sport ittici sono una scusa per lambire quanti più pianeti alla ricerca di sostanze proibite con cui stordirsi e tergiversare in giro per l’universo conosciuto.  

Detto così, sulla carta Lupus avrebbe tutte le carte in regola per una serie comica à la Paura e delirio a Las Vegas in salsa sci-fi. In realtà, la parte picaresca si affievolisce non appena l’apparente idillio tossico viene infranto dall’incontro che condizionerà per sempre – nel bene e nel male – la vita dei due viaggiatori. Mentre i due sono in giro per Norad, il pianeta erboso, in un bar dimesso e fumoso incontrano una misteriosa ragazza di nome Sanaa. È l’inizio di una rocambolesca avventura che vedrà i protagonisti in fuga da una minaccia incombente. 

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Peeters però sa far deragliare la narrazione: tutto sembra accartocciarsi dopo un improvviso colpo di scena che chiude il primo tomo. Da quel momento in poi le carte in tavole si sparigliano, e la narrazione assume una piega inaspettata. Tutto sembra fermarsi, ma in realtà procede più velocemente, a scatti, utilizzando una sapiente regia che intreccia passato e presente. In una fantascienza da camera, Peeters sostituisce agli spazi immensi delle galassie aliene i luoghi asfittici di una base spaziale dismessa ai confini dell’universo (dopo una breve ma emblematica sosta in una pianeta abitato solo da anziani).

In questa opposizione tra il fuori e il dentro si consuma il dissidio interiore di Lupus, incapace di amare e di soffrire al contempo. Sospeso in un indeterminato presente, il giovane xenobiologo procrastina ogni scelta. Attraverso la figura di Sanaa, però, la vita irrompe nella sua piatta esistenza, volutamente diluita da una narcolessia oppiacea e sempre sull’orlo della disfatta. 

Con il senno di poi, è facile intuire che Lupus è una fondamentale opera di transizione che si pone idealmente a metà strada da Pillole blu e Aama. Della prima eredita la capacità di tracciare con un segno grasso e immediato una storia complessa che riflette sui rapporti umani; della seconda anticipa la visionaria attitudine a creare mondi alieni che sfruttano l’immaginario di genere come strumento di analisi filosofica. Eppure, qua questi ultimi sono un semplice contorno, e il tutto si consuma all’interno di una camera come nei migliori drammi borghesi ottocenteschi, con personaggi che non sanno e non vogliono comunicare, che nicchiano, stanno zitti e che talvolta esplodono in comportamente inconsulti tradendo la loro vera natura. 

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Il tema fondamentale, però, è la paternità. Tutti i personaggi intrecciano rapporti disfunzionali con i loro genitori. Lupus ha a che fare con un padre assente, il cui volto è sempre nascosto nell’ombra, Tony con un padre violento e autoritario, Sanaa con un padre possessivo e egoriferito. Quest’ultimo non ha volto, incombe con la sua presenza dappertutto, perché rappresenta il potere patriarcale pervasivo e capillare. Una maledizione da cui la ragazza stenta a liberarsi. Lo stesso Lupus ha un atteggiamento ambiguo con la propria paternità: la vive sotto l’ombra di una riconciliazione, di una imminente e necessaria maturità emotiva. 

In Lupus, Frederik Peeters cerca di tenere insieme il flusso narrativo e la riflessione esistenziale, non sempre trovando un equilibrio pieno. Talvolta, la sensazione è che si perda e cerchi di far ripartire la storia. Soprattutto verso il finale quando tutto sembra correre verso un binario morto e tutto viene risolto in poche incisive pagine, che lasciano però l’amaro in bocca. Un peccato di gioventù, che possiamo perdonare.

Tuttavia, la poderosa edizione integrale di Coconino Press permette a quanti amano l’autore svizzero di recuperare un tassello fondamentale del suo itinerario artistico, gustando un grande classico della bande dessinée dei primi anni Zero.

Lupus
di Frederik Peeters
Traduzione di Giovanni Zucca
Coconino Press, settembre 2023
cartonato, 400 pp., bianco e nero
25,00 € (acquista online)

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