
Riflesso perfetto è il primo libro a fumetti da autore unico di Mattia Surroz, che i lettori di Sergio Bonelli Editore hanno visto di recente ai disegni su 10 ottobre, la miniserie sceneggiata da Paola Barbato, e che in precedenza aveva collaborato con case editrici come Coniglio Editore e Shockdom, oltre che con la rivista Topolino.
Il libro racconta la storia di Enea, che, diventato anziano, in una casa di riposo ritrova per caso un suo vecchio amore, gravato ormai dall’alzheimer. l due si erano conosciuti nel corso di una vacanza estiva in Valle d’Aosta, ma durante gli anni successivi non si erano mai davvero dichiarati e oltretutto si erano frequentati solo di nascosto.
Un’estate, però, Enea lo ritrova sposato e con un figlio, arrivando alla disperazione. Quando, anni dopo, il suo amato finisce nella casa di riposo, lui lo riconosce e decide di iniziare ad accudirlo.
Riflesso perfetto – cartonato, 128 pagine a colori in formato 22×29,7 cm – sarà distribuito in libreria a partire dal 27 ottobre e sarà presentato a Lucca Comics & Games 2023, ma è già disponibile all’acquisto online. Per l’occasione, abbiamo rivolto alcune domande a Mattia Surroz, che ci ha raccontato la genesi dell’opera e ne ha approfondito le tematiche.
Com’è nata l’idea di Riflesso perfetto e come l’hai sviluppata?
È una storia a cui ho iniziato a pensare tanti anni fa, intorno al 2010. Nasceva da una serie di domande, piuttosto personali, a cui non sapevo come rispondere, come credo accada spesso a chi scrive. Fantasticavo su come sarebbe potuta andare la mia vita se a certi bivi avessi tirato dritto, se non avessi trovato da qualche parte la forza di assecondare la mia natura. E ho condannato dei personaggi di fantasia ad un destino che poteva essere il mio, che è quello di moltissime altre persone, purtroppo.
La prendevo, la mollavo, la riprendevo, la maneggiavo e rimaneggiavo, con lunghe pause tra un incontro e l’altro. Fino a quando intorno al 2019 ne ho messo a fuoco il nucleo, per non lasciarla fino a quando non l’ho finita.
Sei un autore con diversi anni di lavoro ed esperienze differenti, che vanno dal fumetto Disney ai graphic novel, ma Riflesso perfetto è il tuo primo fumetto da autore unico. Com’è stato lavorare a questa storia in solitaria rispetto ai lavori precedenti realizzati assieme ad altri?
Riflesso perfetto è nato come uno sfogo personale, senza alcuna pianificazione editoriale, tanto che ho cominciato a ragionare su una eventuale pubblicazione solo quando era finito. Non avevo pressioni, vincoli o scadenze, ma neppure nessuna certezza. Ho avuto la fortuna che un grandissimo autore si sia appassionato alla mia storia durate la lavorazione.
Non esagero se dico che, probabilmente, questo libro non esiterebbe senza di lui, i continui confronti, i consigli e la generosità con cui è sempre rimasto nei dintorni quando il peso totale di quello che stavo tirando fuori rischiava di farlo accartocciare su se stesso.
Fare tutto da solo mi ha portato a camminare su un cavo sospeso nel vuoto, con il rischio di precipitare da una parte in un delirio di onnipotenza, o dall’altra in una palude di insicurezze. Sono rimasto in equilibrio, fidandomi dei personaggi, e obbedendo solo alla storia. Lavorare con altri ti insegna moltissimo, lavorare da soli ti dice quanto hai imparato.
Gli argomenti trattati sono molti e molto diversi tra loro. Dall’amore alla vecchiaia, dalla solitudine alla morte, nella storia scavi tra le emozioni, i ricordi e l’intimità dei protagonisti. Puoi raccontarci i messaggi e gli aspetti più importanti di questo tuo lavoro?
Credo che la storia di Enea sia un monito. La mia intenzione primaria non era quella di lanciare un messaggio preciso, ma inevitabilmente è successo. Ogni scelta presa corrisponde ad una posizione, e ogni posizione è anche politica. In questa storia, di amore non ce n’è, c’è per l’appunto, solo il suo riflesso. I ricordi, invece, sono vecchie fotografie di occasioni perse e poco altro.
La vecchiaia è centrale, come lo è la solitudine, ed è stata dura raccontare come spesso queste due cose camminino a braccetto. La vita piccolissima, quasi vuota del protagonista è la conseguenza diretta del contesto in cui ha vissuto, come lo sono il suo immobilismo, le sue rinunce.
Riflesso perfetto è anche una celebrazione della debolezza, una debolezza che la nostra società non solo non prevede, ma punisce. Il lettore potrebbe provare empatia, o rabbia, come più spesso è capitato a me, nei confronti del protagonista. Ma la mia speranza è che chiudendo il libro, riesca a non archiviarlo come un semplice pavido.
Guardando al disegno, si nota un importante lavoro sui corpi, sulle anatomie ma anche e forse soprattutto sulle movenze e la recitazione. Quanto è importante per te questo aspetto nell’economia del tuo lavoro?
I corpi dei protagonisti, e la loro negazione, sono effettivamente al centro di tutta la narrazione. Spesso si bastano, facendo anche a meno delle parole. E questo può arrivare al lettore solo se gli si dedica una cura maniacale. Qualunque azione, anche la più banale, come qualunque variazione di recitazione, anche la più impercettibile, non potevano avere un margine di approssimazione. Ho lavorato sodo in questa direzione, non dimenticando mai quanto possa parlare della persona il corpo che abita, specialmente quando lo abita da molto tempo.
Di seguito alcune tavole da Riflesso perfetto:




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