La proposta di Mark Millar per salvare il fumetto

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Mark Millar | Foto di Gage Skidmore via Wikipedia

In un post sui propri social, lo sceneggiatore Mark Millar (Kick-Ass, Ultimates) ha fatto una proposta per migliorare le condizioni economiche dei fumettisti che lavorano per le due case editrici più grandi degli Stati Uniti, Marvel e DC Comics. «Penso che il mercato delle fumetterie sia a un paio d’anni dal collasso» scrive Millar. «I fumetti americani rappresentano il 9% del mercato statunitense, il che è folle. C’è bisogno di un intervento radicale per sistemare la faccenda, e la mia proposta non costerebbe nulla.»

«Offro questo consiglio in buonafede nel tentativo di dare una spinta ai contratti dei freelance e alle stesse aziende» esordisce Millar. «È agghiacciante che le persone che scrivono e disegnano i fumetti più venduti del paese guadagnino una frazione di quello che io e i miei colleghi guadagnavano scrivendo quelle stesse serie 15 anni fa. Prendevo 1.000 dollari a pagina, più le royalty, ma so di gente che ora guadagna 90 dollari a pagina, ed è una cosa criminale.»

Millar ha poi aggiunto che «mezza dozzina di disegnatori che conosco bene prendevano 1.200-1.500 dollari a pagina. Un disegnatore mio amico ne prendeva 4.500». Qualche utente ha strabuzzato gli occhi di fronte alla credibilità di queste cifre, probabilmente limitate a pochissimi, fortunati, autori. Rick Leonardi, disegnatore di lungo corso, ha risposto scrivendo che nel 1995 guadagnava 205 dollari a pagina e 20 anni dopo, nel 2015, quella cifra era salita a 225 dollari.

Valerie D’Orazio, sceneggiatrice ed editor, ha confermato le cifre di Millar scrivendo di aver «lavorato per DC Comics 20 anni fa e c’era un gruppo di disegnatori che prendevano quelle somme. Specialmente per le copertine, c’era una “tariffa segreta”» (e Millar ha replicato: «Marvel pagava molto di più di DC»), di fatto ammettendo che non erano tariffe comuni a tutti gli autori. Comunque, tariffe più o meno privilegiate a prescindere, Millar ha continuato affermando che «visto che queste aziende hanno meno soldi per pagare la redazione e i collaboratori esterni, quello che propongo è di rivoluzionare gli accordi sulle royalty».

Millar spiega che, al momento, sia Marvel che DC pagano attorno al 2% di royalty su tutte le serie che superano le 50.000 copie vendute. Dato che solo una manciata di titoli Marvel e DC superano quella cifra, gli editori, di fatto, concedono pochissime royalty. «Suggerisco a uno dei due editori di scambiare quel 2% con un accordo in cui l’azienda e il team creativo si spartiscono a metà i guadagni di tutti i fumetti che superano le 60.000 copie vendute».

Secondo Millar, questo porterebbe gli autori di grido che si sono allontanati dai due colossi per far fortuna in proprio a tornare da loro (James Tynion IV aveva raccontato a Fumettologica che le tariffe a pagina di un grande editore, in media, sono molto più alte dei guadagni per un fumetto creator-owned). Lo sceneggiatore ipotizza uno scenario in cui, con questo accordo, un team creativo di richiamo, messo su serie importanti come quelle di Spider-Man o degli X-Men, potrebbe «mandare nella stratosfera le vendite» e diventare milionario.

Millar sta implicitamente dicendo anche che, da qualche anno, con le dovute eccezioni, le rockstar del fumetto mainstream americano non lavorano più per Marvel e DC. E in effetti, se in passato la politica Marvel/DC era quella di coinvolgere autori affermati, bilanciandoli con qualche esordiente o con fumettisti provenienti da altri ambiti (cinema, tv, l’editoria indie), da tempo i due marchi fanno scrivere e disegnare fumetti ad autori giovani, che gli editori coltivano come una primavera, per poi vederli tentare la strada del fumetto creator-owned appena si sono costruiti un seguito di lettori e una certa notorietà. Tenersi un autore importante è difficile, proprio perché nessuno, con gli attuali contratti, vuole regalare idee che potrebbero fruttare all’azienda milioni, se non miliardi, di dollari.

Molti commenti hanno sottolineato come il vero problema sia nella distribuzione: sarebbe quello il canale in cui operare manovre correttive per far arrivare i fumetti nei punti d’acquisto. Vincenzo Federici, disegnatore che lavora per l’America, ha risposto a Millar che un ulteriore ostacolo è rappresentato dalla limitata libertà creativa che gli autori hanno: «Di recente, gli editor, specie quelli dei grandi marchi, non sono molto aperti alle nuove idee, […] non importa quanto grande sia il talento o l’affidabilità».

Fare cassetta su un nome o spingerne uno nuovo non è semplice come un tempo. Le celebrità vere si contano sulle dita di una mano e il potere di attrazione si è frammentato nei rivoli di attenzione che abbeverano ogni canale, ogni piccolo webcomic, ogni autoproduzione spuria che ha pensato fosse meglio essere famosi meno, essere famosi tutti. Axel Alonso, editor-in-chief di Marvel Comics tra il 2011 e il 2017, disse, in una dichiarazione rimasta famigerata, che «possiamo fomentare e creare aspettative finché vogliamo, ma non sappiamo quanti, tranne forse Steve McNiven e Olivier Coipel, muovano copie».

Tuttavia, sulla carta, la proposta di Millar innescherebbe un feedback positivo che porterebbe grandi autori, e in teoria molti lettori, all’editore. «Il primo a mettere in atto questa pratica vedrà uno sciame di autori migrare sui propri lidi. […] Devono solo seguire questo piano. I grandi nomi producono grandi fumetti». Lo sceneggiatore fa l’esempio di Frank Quitely che, messo a disegnare una serie di Spider-Man, riuscirebbe a far vendere più di 150.000 copie al mese – un dato che sembra francamente fantascientifico un po’ per la popolarità relativa di Quitely, un po’ perché il disegnatore non sarebbe probabilmente capace di reggere le scadenze serrate della serie, quindi come esempio non è molto centrato.

Quella di Millar sembra l’ennesima uscita di un autore non nuovo a una comunicazione così dirompente, ma il suo discorso ha certamente un fondo di verità: fare in modo che gli editori condividano con gli autori i frutti del loro lavoro, invece che depredarlo, potrebbe convincere molti di questi a tornare a scrivere e disegnare per Marvel e DC.

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